Visualizzazione post con etichetta riflessioni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta riflessioni. Mostra tutti i post

giovedì 20 ottobre 2011

Cos'è un tradimento?

Chi di noi non ha mai pensato a questa parola e al suo profondo significato?
Probabilmente è uno di quei concetti che chiamerei a "senso unico" perchè si pensa sempre al fatto di subire un tradimento e mai alla problematiche di fare un tradimento.
Già, la moglie.... mammia mia se mi tradisce!
Già, il socio..... mammia mia se mi frega!
Già, la mia squadra di calcio..... mamma mia se non si impegnano allo spasimo lasciandomi con l'amaro in bocca.
Già, il governo..... ladro per definizione..... mamma mia se non fa passare il nuovo condono.......
E così via.
Ma difficilmente pensiamo al fatto che noi si possa tradire la moglie, o fregare il socio o non dare supporto alla squadra di calcio o prendersi la propria parte di responsabilità nel funzionamento dello stato.
Giusto per citare alcune cose!
In questo caso è tutto ok. Sono sicuro che ognuno di noi ha sicuramente degli ottimi motivi per giustificare le proprie azioni. Ne ho sentite di bellissime, nella mia vita, di giustificazioni. Ad alcune andrebbe dato un premio per la genialità e la ricercatezza.
Il tradimento è una improvvisa e immotivata perdita di fiducia nei confronti di un altra persona. Se tale perdita di fiducia fosse motivata, si tratterebbe semplicemente di una caduta di condizione.
Ma sappiamo anche ci sono dei minimi, chiamiamoli sindacali, che vengono stabiliti quando si ricopre un ruolo. Quando si entra a far parte di un gruppo, per quanto piccolo come una coppia (si è solo in 2!), si accetta una regola che non è scritta ma è valida ovunque e sotto qualunque latitudine. Ovvero che gli altri (l'altro) componenti del gruppo possono fare affidamento su di noi. E noi su di loro.
Fare affidamento significa sapere che l'altro non ti nasconde niente e che mantiene fede alle regole base di quel gruppo.
E che punta a raggiungere le mete che il gruppo si è prefissato.

Se chiedi a un bambino se è piacevole essere traditi, ti dirà che è molto doloroso. Se chiedi ad un bambino se è piacevole tradire ti dirà che è molto doloroso.
Se chiedi ad un adulto se è piacevole essere traditi, ti dirà che non è piacevole. Ma se gli chiedi se è piacevole tradire, ti dirà che non è piacevole ma a volte può succedere.
Perchè si parla così (generalizzo, non tutti ragionano così. Ma possiamo trovare tanti che concordano!)?
Si parla così perchè si è stati traditi così tanto che si è pensato che sia normale tradire. E si è tradito così tanto che la nostra percezione (e responsabilità a riguardo) della cosa è sceso fin sotto le scarpe.
Voi cosa ne pensate?
Per aspera ad astra!

sabato 15 ottobre 2011

Esoterismo e Mistero

Che l'esoterismo richiami un sacco di interesse da parte di moltissime persone, non è qualcosa che si scopra oggi.
Di certo, a me personalmente, che sono appassionato di mistero ed esoterismo da più di 30 anni la cosa fa sorridere.
Negli scorsi giorni ho avuto modo di fare alcune riflessioni guardando casualmente una trasmissione su Italia1 dal nome (appunto) di "Mistero".
 
La trasmissione ha un taglio assolutamente nazional-popolare e non voglio essere denigratorio con questo termine. Ma è la realtà!
Vedere alcuni concetti così particolari e alcune riflessioni fatte in una trasmissione vista da milioni di persone mi fa un pò sorridere.
Perchè parlare di mistero in una tv pubblica è quasi un contro senso.
La realtà è che la storia dell'uomo è intessuta a filo doppio con qualunque cosa verta l'esoterismo.
Che non è semplicemente magia e fantasmi.
 
Anche a livello accademico il termine esoterismo è alquanto complesso e di difficile spiegazione. Non che sia impossibile ma abbravvia talmente tante cose che racchiuderlo in una definizione semplice è spesso riduttivo. 
Ma se proprio dovessimo fare uno sforzo diremmo che esoterico è tutto ciò che riguarda un potere e una conoscenza circoscritta e non di ampia diffusione. 
Per certi versi anche alcune conoscenze scientifiche moderne assurgono al rango di esoterismo. 
Anche se certe discipline, più di altre, vengono a maggior ragione incluse nelle discipline esoteriche.
Esoterismo e mistero sono legati fra loro. L'esoterismo comporta aspetti molto misteriori. E il mistero richiama sempre una qualche forma di conoscenza che sembra debba per forza essere appannaggio di una ristretta cerchia di persone.
Elite e esoterismo sono ugualmente concetti inseparabili.
Rimane il fatto che, sebbene ci troviamo a camminare in un nuovo millennio, l'attenzione dell'uomo medio continua a stazionare intorno alle cose che non capisce intorno a se. E che lui intuisce essere più profonde, più misteriore e più dense di significato di quanto taluni vogliano fargli credere.
Così ecco la grande passione per i fantasmi, per i contatti con i morti, per i fenomi paranormali, per gli avvistamenti di extraterrestri, per i fenomeni magici e di divinazione, per le associazioni segrete e le cospirazioni.
Diciamo che guardando un programma come "Mistero" vi troviamo dentro tutte queste cose.
La mia semplice riflessione è che se qualcosa c'è non si può far finta che non ci sia e che se c'è, ha una sua propria dinamica.
Se non è possibile con la moderna tecnologia scopire nelle persone questo inguaribile interesse per fenomeni che facilmente vengono bollati come superstizioni e credulità popolare, io direi che non si può liquidare tutto il fenomeno con questa banale sentenza.
Che sa più di pigrizia mentale che di logicità scientifica.
E se poi vediamo a quali illogicità reali porta la presunta logicità scientifica, i dubbi e le perplessità aumentano e non di poco.
Per aspera ad astra!

martedì 21 settembre 2010

Diventare una persona diversa

Non molti giorni fa ho compiuto gli anni.
Non dirò la cifra perchè un gene femminile ha preso il sopravvento sul mio meccanismo di conteggio delle primavere sulle spalle e lo ha messo fuori uso.
Scusatemi ma non è colpa mia.

Sta di fatto che in questo giorni, prima e dopo questo ignobile giorno che viene anche festeggiato (si scherza!) ho avuto modo di fare molte riflessioni su questa cosa chiamata scorrerre del tempo.

In realtà di colpo ho avuto la classica illuminazione che mi ha permesso di mandare nel posto giusto alcuni tasselli del puzzle che in realtà mi flippava per la testa senza sosta.

Parlo della capacità di diventare una persona diversa. Perchè diversa?
No, non intendo non essere quello che io sono o consigliare questo ad altri. Anzi.
Io, da sempre, sostengo che ogni persona debba essere se stessa, solo se stessa e nient'altro che se stessa.
Allora dov'è il trucco, dove la contraddizione?

Sta nel fatto che noi non siamo noi stessi. Forse un tempo, forse i primi 2 anni di vita, se ci è andata bene.
Un periodo in cui se qualcosa non ci piaceva non ci piaceva e basta. Dopo invece le cose hanno cominciato a non piacerci perchè sapevamo che non piacevamo a pinco pallo, la cui opinione era per noi molto importante.
Io sono orgoglioso ma non di quell'orgoglio, che orgoglio non è di cui si parla nel normale conversare dinnanzi ad un caffè. E sicuramente non soffro della sindrome del non ammettere che c'è qualcosa che non va.
Magari ciò che mi aiuta è che ho almeno una vaga idea di chi io sia. E mi rendo conto che non sono la persona che dovrei essere.
Così mi piace cambiare, così ho il desiderio di cambiare.
Per diventare semplicemente me stesso.
Solo questo.
Per aspera ad astra!

venerdì 4 giugno 2010

Ripartire da qualcosa

Vi è un fenomeno molto interessante di cui parlare.
E cioè di come la quantità/qualità del movimento intorno a noi determini la nostra felicità, successo e futuro.

Alla veneranda età di 38 anni, alle soglie del 6 compleanno di mio figlio, mi accingo a effettuare una rivoluzione nella mia vita.
Il signor Alfio Bardolla, trainer motivazionale dell'italico stivale (per cortesia smettiamola di dipendere sempre da questi Big Jim americani dal sorriso a 54 denti che ci insegnano come si vive.....), dice molto correttamente che "Per raggiungere obiettivi mai raggiunti, occorre fare cose mai fatte!"

Aggiungerei io che per diventare persone che non si è mai state occorre prendere decisioni che non si è mai prese!

La scorsa volta ho riflettuto sul concetto di decidere cosa fare da grande.
Diciamo che ho deciso cosa fare da grande.
L'ho deciso dopo aver osservato che continuare a fare ciò che DEVO non mi sta portando più vicino alla felicità e al benessere. A quel punto, mazziato per mazziato, deciso che comincerò a fare ciò che voglio.
Non che voglia svestirmi di dosso tutti i panni di responsabilità che la vita ci fa indossare. Non ho detto questo nè me lo auguro.
Sono solo qui a sancire che so da dove ripartire.....

E questo blog ne è una testimonianza.
Partirò da me e dalla mia vena da scrittore, dalla voglia di comunicare e dare arte e bellezza a questa comunicazione. In qualsiasi forma sia possibile.

Grazie di esserci.
Per aspera ad astra!

lunedì 31 maggio 2010

Decidere cosa fare da grande....

Quanti anni bisogna avere per decidere cosa bisogna fare da grandi?
Vi prego datemi una risposta perchè questa cosa mi frulla in testa.

Onestamente sono sparito dal mondo dei blog personali per cimentarmi in alcuni blog di tipo commerciale.
Ma il cuore è rimasto sempre innamorato di queste magiche righe, pubblicate nel vuoto, in cui si può pubblicare e dire quello che si vuole.
Così oggi, anzi, in queste ultime settimane mi sono domandato, alle soglie dei 40 anni (in realtà 38 anni quest'anno!), cosa mai volessi fare da grande.
Fino ad adesso ho gestito una mia agenzia di finanziamenti (mutui e prestiti personali) che ho aperto 4 anni fa.
Precedentemente lavoravo come consulente esterno per alcuni enti locali in tema di sviluppo del territorio e pianificazione economica locale. Nomi altisonanti per incarichi che, spesso, è difficile defiinire con precisione.
Comunque..... sono circa 12 anni che lavoro.
Non che abbia poltrito in gioventù.
O forse si, studiavo.
Si, in effetti, ho anche lavoricchiato. O più che altro ho fatto esperienza di molte cose.
Ma ciò che alla fine conta, sono questi ultimi 12 anni.

Il mercato, oggi, è diventato un toro impazzito ed è mia opinione che non sia possibile più lavorare con lo sguardo semplicemente rivolto al presente.
Le autostrade non danno segnale della loro fine ma, impeccabili e funzionali, finiscono di colpo in burroni e crepacci.
I lavoro sembrano procedere benissimo finchè non collassano.

Ma la mia domanda non è solo banalmente un problema di che lavoro fare.
Decidere cosa fare da grande è semplicemente decidere di non essere mai un robot e di essere sempre disposti a crescere.

Mi piace questa idea di pensare come se fossi un ragazzino.

Ieri sono sceso giù del mio palazzo e in una piazzetta dove giocava mio figlio c'erano un gruppetto di bambini che giocavano a pallone o andavano in bicicletta.
Sono sceso giù e ho immaginato che il tempo non fosse mai passato.
Ho giocato anch'io con loro e ho scoperto di essere bravo a spostare indietro (e avanti) l'orologio.

Sto decidendo cosa fare da grandi.
Presto vi farò sapere.
Per aspera ad astra!

domenica 21 dicembre 2008

Un anno vissuto molto velocemente.

Sta per finire un anno. Un intero giro intorno al sole sta per terminare.
Un anno che è volato.
Un anno in cui sono stato assente da questo splendido paradiso che è il mondo del blog. Il mio e degli altri.
Non sono stato con le mani in mano.
Non sono stato con le dita intrecciate.

So di aver promesso che entro breve sarei tornato a scrivere con costanza. Così non è stato. Lo so.
Oggi ripenso a quanto veloce è trascorso il tempo.
Oggi mi fermo, due secondi, non di più, a pensare al trascorrere stesso del tempo.

Ieri ho avuto una grossa realizzazione. Cos'è una realizzazione?
E' un pensiero completo che illumina o spiega. E' un'improvvisa comprensione su qualcosa. E' quel concetto che ti frulla in testa e che dice: "Ah, adesso ho capito....".

Ho una vita che scorre veloce. Una vita intensa. Fatta di famiglia, lavoro, progetti, volontariato, hobby, lettura e scrittura. Ho creato da qualche mese una nuova associazione di volontariato che porterò avanti insieme alle mie altre azioni nel sociale.
Sogno un mondo e una civiltà diversa e più etica di quella attuale. Chi non lo vuole?

Ma a volte, sento l'esigenza di fare una foto al paesaggio. Alla mia stessa vita.
E cerco di bloccare il tempo. Per ricondurlo sotto controllo.
A volte ho avuto successo. Ma questo mi ha indotto in errore.
Ieri ho compreso perchè.

Non è possibile fare una foto al proprio mondo quando questo si muove. Se vivi in un universo che si muove velocemente e vuoi farne una foto, allora è meglio che anche questa foto sia scattata in velocità e movimento. Non ci si può fermare a fotografare qualcosa che si muove.
In passato mi sono fermato e la foto è riuscita. Ma allora la mia vita scorreva lenta, era quasi ferma.

Oggi la mia vita scorre veloce. E io velocemente devo scattare la foto.
Volevo una vita in cui il tempo scorresse velocissimo. E in effetti ciò che desideravo è arrivato.
Ma ora che ci penso, ora che mi sono liberato di questo errato punto di vista sulla riflessione del proprio universo, penso proprio che la mia velocità possa solo aumentare.

Ecco perchè sono qui. Ecco perchè questo blog tornerà ad essere vivo.
Per aspera ad astra

venerdì 31 ottobre 2008

Dove ho lasciato il mio mondo?

Dove ho lasciato il mio mondo?
Non sono vecchio, non sono giovane.
Basta queste etichette.
E' solo un modo barbaro per capire qualcosa. La chiamano classificazione. Altrove tassonomia.
Dopo le etichette, resta il concreto.
 
Dove ho lasciato il mio mondo?
Mi guardo in giro dopo mesi di assenza e gli incubi peggiori si sono realizzati.
Se leggo i primi miei post dei primi tempi del blog rimango un attimo interdetto.
 
Il mondo va veloce ma è senza guida. Non sa più dove sta andando.
E nella confusione, ognuno cerca di sterzare dalla propria parte.
Ma non è possibile. La vita di ognuno va a legarsi sempre di più con la vita degli altri.
Come si può essere così miopi da non capirlo?
O è logico credere che siccome staremo qui per soli 70 o 80 giri intorno al sole (per chi gli va bene), tutto ciò che succede non ci riguarda?
Le cose vanno talmente veloci che le nostre irresponsabilità si stanno ritorcendo contro di noi a velocitàmaggiori dell'esistenza media di una persona.

Forse un Andreotti, un Berlusconi, un Prodi (che bravo, ho fatto par condicio!) possono fare disastri fregandosene altamente di che succederà domani. Se tra 10 anni il mondo sarà una cloaca che gliene può fregare a chi sa che gli rimangono pochi anni.

Forse il novello Faust di Arcore penserà che si può trovare una cura miracolosa che gli garantirà l'eternità.
Ma temo che quando si troverà faccia a faccia con la signora scura con la falce, avrà ben pochi argomenti.
Soldi o non soldi. Lodo Alfano o non lodo Alfano.
 
Sono contento di essere tornato qui.
Saluti a tutti.
Mi siete mancati.
Per aspera ad astra.

lunedì 30 luglio 2007

Estate: che caldo che fa!

Ogni estate è la solita solfa: sempre i soliti commenti sul tempo.
Sapevo che le persone, nella stragrande maggioranza dei casi, quando non sanno di che parlare o quando vogliono rompere il ghiaccio parlano del tempo.
Ma qui si sta esagerando.

I miei clienti, i miei parenti, i miei amici: quasi tutti insomma..... Quasi tutti che, prima di dire ogni altra cosa, esordiscono "Mamma mia, che caldo assurdo sta facendo!" o qualcosa di simile.

Si, penso che sia un modo naturale per introdurre una qualsiasi altra discussione.
Ma ho il vago sospetto che la cosa stia prendendo la mano.

Perchè qualcuno comincia a prendersi veramente sul serio
"In questi giorni sta facendo un caldo terribile. E' proprio arrivato!"Ci credo, siamo a metà luglio!!!!
"in questi giorni sta facendo un caldo insopportabile!Ma veramente le estati scorse era molto più caldo. E così via.

I Tg parlano di caldo, parlano di come difendersi dal caldo. Ogni anni gli stessi servizi, le stesse immagini. Mi sembra un procedimento ipnotico. O forse è proprio un procedimento ipnotico visto che poi le persone ripetono a pappagallo gli stessi contenuti di quei servizi pseudo-giornalistici (ah, povero giornalismo, morto prima di diventare famoso.......)

Si parla di "emergenza caldo". Poi arriva l'autunno e ci sarà l'emergenza freddo. Poi l'inverno con l'emergenza neve. O l'emergenza piogge. Ma poi c'è l'emergenza siccità. L'emergenza vento e l'emergenza grandine.

Sembra che gli ominidi occidentali televisionizzati del XX e XXI secolo non si siano resi conto che questo è il meccanismo del CLIMA. Che caldo e freddo si succedono. Che il tempo metereologico è composto di quei fattori e che è sempre leggermente imprevedibile, per quanto legato a delle stagionalità.

Certo, possiamo parlare di cambiamenti climatici. Ma parliamo seriamente allora.
Non fatemi vedere le persone che hanno sete d'estate e non ditemi che la temperatura è giunta a 32 gradi a luglio.
Lo so da solo.
Bastava che mi ricordassi dello scorso luglio. O delle scorse 30 estati di cui ho memoria.
Per aspera ad astra!

mercoledì 13 giugno 2007

Animus Pugnandi

Animus Pugnandi. Che è?
Lo spirito di battersi.

Spesso si usa la parola “combattere”. Combattere significa “battersi contro qualcuno o qualcosa”: da cum+battere. Combattere è diventata una brutta parola. Spesso è associata alla guerra o alla violenza.
Il tutto è una semplificazione della parola. Anzi no. Solo una visione superficiale della cosa. Una visione ristretta e leggermente arida.
Animus Pugnandi.
Lo spirito di battersi!
Battersi? Che è battersi?
Solo vivere.
Vivere è la spinta a perpetuarsi in esistenza, migliorando le nostre condizioni e raggiungendo le nostre mete.
Non è battersi questo? Vivere è tenere per qualcosa, metteci dentro impegno, abilità, ricevere colpi e rovesciamenti di sorte, vincere le battaglie.
Gli sportivi non combattono. Si battono.
Hanno un certo onore. Hanno le loro regole.
Per questo lo sport è amato dagli uomini.
Lo sport è la simulazione della vita.
Ma ora è diventato anche quello che la vita dovrebbe essere ma che, con tutti i dati falsi che ci hanno infilato, ormai non è più.
Così la parola d’ordine diventa “politicamente corretto”. Tutto deve essere politicamente corretto.
Giusto!
Ma a volte non comprendo veramente cosa si intenda con questa parola. E quindi diffido. Perchè troppe cose diverse vengono qui dentro incluse. E molte di esse non mi piacciono.
Soprattutto quando il politicamente corretto toglie “l’animus pugnandi” dalla scena. E lo mette in ridicolo.
Lo spirito di battersi è lo spirito di vivere.

La vita è fatta di dedizione, di sacrificio, di impegno, di abilità e di battaglie. Vinte e perse.
Non è detto che la violenza fisica vi sia inclusa. Ma non dobbiamo fare i verginelli e pensare che nessuno mai da nessuna parte userà anche le “maniere forti”.
E’ proprio per questo che ci vuole “lo spirito di battersi”!
Perchè solo i malvagi devono battersi con lo spirito di vincere?
Forse i buoni non possono o non devono vivere? E vincere?
Lo faranno con le loro armi. Con l’onore, la tolleranza, il rispetto, l’integrità, il coraggio e l’onestà. Ma nessuna di queste parole nega il fatto che occorra essere pronti a battersi, a difendere ciò in cui crediamo e a impegnarsi per le nostre mete.
Ci si può battere con onore, tolleranza, rispetto, integrità, coraggio e onestà.
Lo si dovrebbe fare se si è i buoni. 
Ma buoni non è sinonimo di fessi o codardi. Nel dizionario non ho mai visto questi sinonimi.
Buoni non significa essere titubanti nel battersi. Significa solo schierarsi con una certa parte del campo di battaglia.
E cose con cui battersi ce ne sono.
Ci sono i nostri cari, c’è la nostra integrità minacciata da vermi striscianti e da bugie troppo grandi e squallide per essere tollerate.
C’è la sopravvivenza del pianeta, l’infinità dell’universo, la bellezza della diversità, il sorriso di un bambino quando scarta un regalo.
Voglio che l’animus pugnandi diventi l’acqua in cui le persone si bagnano ogni giorno.
Io mi impegnerò per dare l’onore delle armi a questa tenzone chiamata vita.
Con il giusto spirito.
Non quello di un soldato. Non quello di un guerrillero. Non quello di un terrorista. Non quello di uno psichiatra. Non quello di un malvagio. Non quello di un criminale.
Ma quello di un cavaliere, di colui che si batte se c’è da battersi e che lo fa per una giusta causa.
Rispolveriamo questa figura messa nei cassetti.
Facciamolo.
Per aspera ad astra!

lunedì 11 giugno 2007

Il diritto a autodistruggermi

Ho o non ho il diritto ad autodistruggermi?
Ma guarda che bella domanda faccio oggi.
Domani la sottoporrò ai blogger.
Se mi drogo, allora posso. Perchè nessuno ha il diritto di dirmi cosa sia giusto per me.
Ma se vado in macchina e non metto la cintura, lo stato mi multa perchè non ho tutelato la mia vita.
Questa cosa mi da i nervi.
Non perchè io non metta la cintura. Non perchè pensi che la cintura sia inutile e non salvi una vita umana.
Mi irrita vedere un’attenzione spropositata per la mia salute in un ambito minimo quando questo presunto stato o organizzazione collettiva si DISINTERESSA al massimo di altri miei diritti o di altri aspetti della mia salute.
 
* A scuola si insegna di tutto. Dagli assiri alle leggi quantistiche. Ma ad un ragazzo non viene insegnato alcun dato di nutrizione e di metodica su come prendersi cura del suo corpo.
* La tv sputa continuamente fuori dati falsi sulla salute e la buona qualità di vita. Tant’è che le persone oggi sono molto più confuse su ciò che fa bene o male rispetto a secoli fa. E lo stato (cioè noi!) non fa nulla per regolamentare e disciplinare questo.
* Viviamo in un mondo inquinato da tutte le sostanze possibili. Ma un lassismo incredibile. Nessuno accenna alle possibili conseguenze di un continuo bagno nelle onde elettromagnetiche. Non so. Forse qualcosa fanno. Ma non se ne parla. E chi solleva il problema è allarmista.
* La salute è passata dall’essere in piena forma psicofisica al non avere sintomi. Chi se ne frega della cause! Se hai il mal di testa, chi se ne frega del che cosa significa. Basta una pastiglia e tutto va via.
Nella società cinese di alcune migliaia di anni fa, l’imperatore pagava i medici con un metodo che era geniale.
Ogni medico aveva la responsabilità della salute di un tot di sudditi. Se tutti erano in buona salute, il compenso era massimo e totale.
Ma per ogni suddito malato egli perdeva un pezzo di compenso. E se il numero dei malati superava il numero dei sani, a quel medico gli tagliavano la testa. Perchè lo scopo del medico era avere persone sane.
Oggi i medici hanno tanta più importanza tanto più è grande e composito il numero delle persone malate. Non devono morire, è ovvio ma se rimangono malate è meglio.
Così curiamo le persone affinchè non muoiano ma non curiamole abbastanza perchè ridivendino sane.

Figuriamoci se si può lavorare quando sono sane perchè non si ammalino.
Ma poi, se mi ferma la polizia e non ho la cintura c’è la multa. Non si capisce chi io stia danneggiando. E’ un pericolo potenziale per me, perchè se avessi un incidente mi sarei potuto fare male. Che carini che sono!!!!
Però se mi drogo non posso essere multato.
Se esagero con i farmaci non posso essere multato.
Se non faccio riposare il mio corpo non posso essere multato.
Per aspera ad astra!

sabato 3 febbraio 2007

Che tristezza mi fa! Chi? Il calcio

Sono senza parole.
Sono disgustato.
Non ci sono più aggettivi.
Mi dispiace, ma non è un post sul calcio questo. E neppure sullo sport.

Chi mi segue nel mio blog (grazie sempre di venire a trovarmi, anche se a volte vi trascuro, vi penso sempre) avrà visto che non parlo di calcio.
Non perchè non mi piaccia. Non perchè non ami questo tipo di gioco.

Sono sempre stato innamorato del calcio. L'ho giocato fin da piccolo.
A 6 anni prendevo la palla e, per l'isteria di mio padre, passavo i pomeriggi a lanciarla contro una parete. La prendevo e riprendevo. Intere ore.
Ho consumato scarpe, sudato tute e pantaloncini rincorrendo un pallone.
Vi ho gettato dentro le mie energie e i miei sogni.
Ho imparato così tanto dalla vita giocando a pallone che penso che questo gioco possa essere preso a modello per comprende l'uomo e le sue relazioni con se stesso e gli altri.
Non è una coincidenza che stia lavorando ad un libro intitolato "la mia vita come una partita di calcio".

Ho giocato a calcio fino a qualche anno fa. Ho giocato a calcio fino ai livelli semi-professionali. Non ho mai fatto il professionista. Ma ho conosciuto a sufficienza questo mondo.

E il mondo del calcio, quello giocato, quello sudato, quello combattuto nel rettangolo di gioco e nei suoi bordi non mi ha mai tradito.
MAI DELUSO.
Mi ha arricchito, mi ha dato tanto.

Molte volte ho detto ad amici e conoscenti che senza il calcio, senza le lezioni di vita che mi ha dato, forse adesso sarei pazzo o qualcosa del genere.

Ma questo mondo folle distrugge tutto ciò che di bello gli uomini costruiscono. La Tv e quello che ci sta dietro. Il culto del dio denaro ha corrotto e pervertito anche il mondo del calcio.

Già da anni cominciavo a soffrire per vedere il gossip, il calcio parlato che cominciava a prevalere sul calcio giocato.
Sappiamo tutti cosa è successo.
La corruzione, la mancanza di valori sportivi, calciopoli, diritti tv. Che merda.
Ma, soprattutto, la violenza negli stadi.

Quanto c'entra il calcio in tutto ciò? Poco. Forse niente.
Ho sentito dei deficienti che in un campo di calcio non ci sono entrati dire che reazioni dei giocatori possono stimolare comportamenti violenti sugli spalti.
MA che affermazioni dementi! Il gioco è gioco. Scaldarsi e dare una gomitata ad un giocatore fa parte del gioco. Non è corretto, forse. Ma parliamo di agonismo, di azioni, di vita.
Ma pensare che gli spettatori siano dei deficienti che si lasciamo ipnotizzare dalla violenza e che la ripercuotano amplificata di mille volte, no. Non regge. C'è qualche altra cosa.

Quello che c'è è che le persone che vanno allo stadio sono solo una rappresentanza del mondo fuori.
Se nel mondo fuori i valori della vita si alterano, quella cosa verrà importata dal mondo del calcio.

Questa società è malata. Non è un'affermazione esagerata. E' molto ponderata. E, tra l'altro, molto soft.
Questa società è malata. Sta crollando su se stessa.
Mandare i poliziotti in assetto anti-sommossa per controllare che migliaia di persone non si distruggano per una partita di calcio è follia.
Non è il calcio ad essere malato.
E' questa società. Punto.


Ma in tuto ciò il calcio mi fa una tristezza infinita.
Mi sento come un innamorato deluso dalla sua amata.
E' come se fossi tornato a casa a fare una sorpresa alla mia donna e l'avessi trovata a letto con un uomo grasso, brutto, avvinazzato, rozzo e sporco.
Che delusione. Che voltastomaco.

Morire per una partita di calcio? Ma siamo matti. Chi glielo spiega ai figli? E alla moglie di quel poliziotto?

Ho letto che vogliono sospendere il campionato fino alla fine.
Da innamorato del calcio, sono d'accordo.
Basta partite per tutto il campionato. Fino a giugno.
Tanto questo, tra i miliardi di giocatori che di sportivo non hanno pi
niente e questa violenza, non è più calcio.

E' qualche altra cosa.
Che mi fa una tristezza infinita.
Per aspera ad astra!

martedì 27 giugno 2006

Rimanere soli

Fulgidi esempi di come si dovrebbe portare avanti la vita, esemplari tenzoni sul come si dovrebbe menare battaglia: chi non li vede tutti i giorni? Andiamo su e torniamo giù. Cuori fatti di pietra rotolano fra le vie piene di colori. Cuori fatti di lercio, putrido letame inondano l’aria con le loro pestilenze. Cuori infarciti di semplice, immensa nullità, saltuaria droga della mente ti saltellano davanti agli occhi. Mesmerizzate le attenzioni.
Ma poi scali il monte o monti sulle scale e guardi, in lontananza, il paesaggio. Prego, sedetevi. Prego, fissate la vostra dimora. Semplice, il mondo è semplice. Ma siamo nati per comunicare, siamo nati per struggerci di malattia. Siamo malati di voglia di comunicare.
Vaga per il tondo circolo attorno al letto. Hai letto ciò che scrivo? O schivo d’ogni virtù, chini il capo? Capisco! Ma se guardo indietro nella mia storia vedo che ho passato molti momenti di tristezza, molti momenti in cui la comunicazione è morta nelle mie viscere.
Torna indietro e fai, di nuovo, l’esperienza dell’episodio. Cos’è questo? Cos’è questa? Vita! Sic et simpliciter.
Ma facciamo finta che ora io m’incazzi sul serio. Facciamo finta che veramente ora cominci ad impiccare qualcuno e portarlo in giro per farlo vedere agli altri. Mi ricordo quando alieno, stralunato essere, mi sedevo sulle rocce delle campagne, dei boschi vicino a casa. Ricordo chi ero, allora: lo stesso di oggi.
Forse abitavo in un Antonello in tutto e per tutto diverso ma io ero io, perché io sono io. Ed io so cosa significa rimanere soli. L’ho provato come l’hanno provato tanti. Ma io, io non dimentico. Ecco.
Tutto farò d’ora in poi nella vita tranne dimenticare. E ricorderò così come ricordo quando, vagabondo di prato in prato, piangevo e cantavo la mia solitudine. Ne ho viste cose, umani, che non potreste neanche immaginare. Ma ora sono qui e queste persone attorno a me mi lasciano solo ed io solo rimango, perché mi ricordo cosa scrissi, cosa scrivevo. Non è un problema.
Comunicare è semplicemente comunicare, non significa per niente avere tante pietre vicino che non rispondono, che semplicemente nella vita rotolano, semplicemente. Ma una cosa cambia, una cosa cambia.
Io non sono più effetto della mia solitudine, del rimanere solo. Io sono causa su questo ed io me prendo responsabilità. In questo momento il pensiero va a chi mi sta regalando molteplice sofferenza, va proprio a loro. So che prima o poi vedrò il loro cadavere passare ma veramente non intendo vivere in solitudine solo per aspettare loro.
Au revoir, mes amis, alla prossima vita.
Per aspera ad astra.

venerdì 2 giugno 2006

Senza l'essenza

Fatti di marzapane fino al profondo del nerbo che può sentire e provare qualunque tipo di emozione. Sentimmo parlare di marzapane e dolci flauti, e liete note. Ci dissero che noi siamo poeti e che non dobbiamo dimenticarlo.
Chi mai lo vuole dimenticare?


Quando ti alzi dal letto sbatti le palpebre e inspiri aria con forza, con la voglia di appropriarti di tutta la vita che c’è lì attorno. Vivere la vita, sai??.. E poi oscilli, cerchi punti d’appoggio ed osservi i manufatti degli uomini, gli impieghi degli impiegati, gli ingegni degli ingegneri, i fatti dei fattorini. Vedi brillare le cose fra l’opaco e l’inconsapevole decadimento. L’uomo grida sempre gli anni della decadenza e forse da ogni parte è stato vero, è stato per niente fuori luogo.
Io so quale contesto si sprigioni da queste relazioni ma senza pensarci su più di tanto. Saltando a cavallo e volando, coniugando chi, come me, vuole battere in volata l’insulto o l’insulsa banalità della quotidiana sopravvivenza. Ciò che dico e ciò che lascio a me quando berrò ancora un po’ di me, è che l’essenza c’è e non muore ma, piuttosto, si moltiplica, si accresce, vive di splendide scie luminose che nel cielo, di giorno qualunque, si rincorrono.
Sono poeta e vibro con l’essenza dentro. Spingo sull’acceleratore. Andiamo exterior alla vita e vediamo la mia di vita, così come la vedrebbe qualcun altro. Io so di non essere la mia vita. Io sono io. Io sono l’essenza e l’essenza sarà quindi dentro di me. nessun dubbio a proposito. Nessun dubbio sul futuro. Non c’è bisogno di spiegazioni. Volare sulle cose, sulle persone e dare ai fatti un tocco leggero di impudente sapidità.

Ricoprire le cose della tua essenza. Permeare gli altri di ciò che tu sei. Nessuna sopraffazione, solo leggera, dolce, delicata, amabile permeazione. E non accetterò di vivere senza l’essenza. L’ho deciso tempo fa quando era veramente duro sopravvivere. Non permetterò che ora, con il paradiso davanti a me, l’essenza diventi un optional; non permetterò che io vada avanti senza l’essenza, senza di me, senza l’essenza.<
Per aspera ad astra!

mercoledì 19 aprile 2006

Riflessione sul dolore e sull’amicizia

Trovo su Internet (www.magnaromagna.it) questa storia.
Mi è sembrata molto bella e degna di essere pubblicata.

“Due uomini, entrambi molto malati, occupavano la stessa stanza d’ospedale.
A uno dei due uomini era permesso mettersi seduto sul letto per un’ora ogni pomeriggio per aiutare il drenaggio dei fluidi dal suo corpo.
Il suo letto era vicino all’unica finestra della stanza.
L’altro uomo doveva restare sempre sdraiato.
Infine i due uomini fecero conoscenza e cominciarono a parlare per ore.

Parlarono delle loro mogli e delle loro famiglie, delle loro case, del loro lavoro, del loro servizio militare e dei viaggi che avevano fatto.
Ogni pomeriggio l’uomo che stava nel letto vicino alla finestra poteva sedersi e passava il tempo raccontando al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori dalla finestra.

L’uomo nell’altro letto cominciò a vivere per quelle singole ore nelle quali il suo mondo era reso più bello e più vivo da tutte le cose e i colori del mondo esterno.
La finestra dava su un parco con un delizioso laghetto. Le anatre e i cigni giocavano nell’acqua mentre i bambini facevano navigare le loro barche giocattolo. Giovani innamorati camminavano abbracciati tra fiori di ogni colore e c’era una bella vista della città in lontananza.
Mentre l’uomo vicino alla finestra descriveva tutto ciò nei minimi dettagli, l’uomo dall’altra parte della stanza chiudeva gli occhi e immaginava la scena.
In un caldo pomeriggio l’uomo della finestra descrisse una parata che stava passando.

Sebbene l’altro uomo non potesse sentire la banda, poteva vederla. Con gli occhi della sua mente così come l’uomo dalla finestra gliela descriveva.
Passarono i giorni e le settimane. Un mattino l’infermiera del turno di giorno portò loro l’acqua per il bagno e trovò il corpo senza vita dell’uomo vicino alla finestra, morto pacificamente nel sonno. L’infermiera diventò molto triste e chiamò gli inservienti per portare via il corpo.
Non appena gli sembrò appropriato, l’altro uomo chiese se poteva spostarsi nel letto vicino alla finestra. L’infermiera fu felice di fare il cambio, e dopo essersi assicurata che stesse bene, lo lasciò solo.

Lentamente, dolorosamente, l’uomo si sollevò su un gomito per vedere per la prima volta il mondo esterno. Si sforzò e si voltò lentamente per guardare fuori dalla finestra vicina al letto.
Essa si affacciava su un muro bianco.
L’uomo chiese all’infermiera che cosa poteva avere spinto il suo amico morto a descrivere delle così così meravigliose al di fuori da quella finestra.
L’infermiera rispose che l’uomo era cieco e non poteva nemmeno vedere il muro.
Forse, voleva farle coraggio disse.

Epilogo:
vi è una tremenda felicità nel rendere felici gli altri, anche a dispetto della nostra situazione.
Un dolore diviso è dimezzato, ma la felicità divisa è raddoppiata.
Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi che il denaro non può comprare.
L’oggi è un dono, è per questo motivo che si chiama presente.”
E come sempre,
per aspera ad astra!

venerdì 24 febbraio 2006

Cambiare punto di vista: cosa significa ciò?

Punto di vista. E’ una frase idiomatica che usiamo spesso, forse troppo spesso. Diventa automatica, come tutte le cose ripetute senza più porvi la giusta attenzione.
Cambiare punto di vista significa semplicemente cambiare la collocazione spaziale dal quale si osserva la scena.
Spesso, nel linguaggio comune, si confondono i punti di vista con le tue opinioni. E, peggio ancora, con i fatti.
Opinioni, fatti, punti vista. Tutto è confuso e il risultato è confusione individuale e nessuna comprensione fra chi parla e chi ascolta.
Punto di vista: luogo dal quale si osserva.
Opinione: ciò che pensiamo riguardo a qualcosa in base a ciò che abbiamo osservato in passato attinente o somigliante a quel qualcosa.
Fatto: ciò che in realtà è successo.

Un punto di vista è solo un luogo effettico o figurativo da cui si osserva l’esistenza o noi stessi. Una persona che non ha figli non potrà mai osservare il rapporto genitori-figli da quel punto di vista. Potrà avere ed esprimere delle opinioni derivante dalle sue esperienze dirette ed indirette ma non avere quel punto di vista.
Così cambiare punto di vista diventa più importante dell’avere opinioni, perchè il mondo può essere compreso solo se ci si sposta. E se ci si sposta, non necessariemente si deve cambiare opinione su qualcosa.
Quando ero piccolo pensavo che un figlio non fosse MAI di proprietà di un genitore. Un figlio non è una COSA che si possiede. Ne lui nè la sua vita. E’ la mia opinione a riguardo.
Quando ero un figlio pensavo ciò e osservavo il mondo dal mio ruolo di figlio.
Ora sono padre ed ho la stessa opinione di prima: mio figlio non è una mia proprietà. Ma ho il punto di vista di un padre.
E tutto mi è più chiaro.
E tutto è un gioco delle parti, in cui si indossano ruoli e si assolvono mansioni.
Cambiare punto di vista: cosa significa ciò?
Significa che non basta aver capito le cose del mondo.

Occorre avere la capacità di non ARRUGGINIRE nel proprio punto di vista. Se non ci si sposta, alla fine possiamo cadere nell’illusione di aver capito tutto.
E’ come fare sempre la stessa strada per andare al lavoro. Alla fine non percepiamo quasi più niente da quella strada. Forse è la più breve e la più scorrevole. Ma quanta noia.
Cambiare strada, vedere le cose da nuovi punti di vista.
Senza necessariemente cambiare opinione, senza necessariamente avere sempre la stessa opinione.
Per aspera ad astra!

martedì 21 febbraio 2006

Fenice: rinascere dalle proprie ceneri

In genere si mette molta attenzione alla morte e a quando si muore.
Anche perchè, visto che si muore una volta sola, non ci si può far cogliere impreparati.
E' un evento importante, non si può sbagliare niente.
I tempi, gli invitati, gli addobbi e tutta la scenografia.
Ovviamente c'è del nervosismo. C'è sempre alla prima.

Ma tutta questa attenzione sulla morte mi sembra eccessiva.
Perlomeno se confrontata con quanta poca attenzione spesso mettiamo sulla nascita, sull'inizio di un ciclo.
E non parlo dei bambini. O, in parte, anche di quelli visto che gli italiani hanno deciso che i dolori di un nuovo pargolo per casa sono superiori alle gioie.

In realtà la mia attenzione va a finire sulla poca attenzione che si pone sul rinascere dopo una morte, sul rimettersi a cavallo dopo una caduta, sul riprendere il proprio cammino dopo una sconfitta.

La vita è fatta di libertà di di barriere. Ma le barriere sembrano talmente tante che alla fine vediamo solo barriere e ci dimentichiamo della nostra libertà.
Intorno a noi vediamo solo morte e sconfitte e ci dimentichiamo che possiamo anche rinascere e ricominciare.

In realtà non c'è niente che assomigli alla mitologica Araba Fenice che l'Uomo stesso. Vilipeso, calpestato, fratturato nell'anima, schiacciato dagli eventi e dai signori delle marionette. Eppure ancora lì a sputare controvento.

Penso non ci sia passaggio nella vita maggiormente denso di significato quale il rinascere dalle proprie ceneri.
Nascere è facile. Basta farlo. Rinascere implica uno sforzo di accettare le proprie responsabilità, lo sforzo di cambiare punto di vista sul mondo, le cose e, qui viene il bello, su noi stessi.

Chi di noi non ha fallito? In piccola o grande misura.
La prova era 2 centimetri dopo. La prova risiedeva nel "Adesso che faccio? Muoio definitivamente o rinasco?".

Nella vita si muore un sacco di volte.
Muoriamo quando tradiamo la fiducia di un amico o della nostra compagna. Moriamo quando calpestiamo i nostri sogni o i diritti di un vicino. Moriamo quando ignoriamo un passante in difficoltà o quando chiniamo il capo dinnanzi alla disonesta altrui.

Visto che nella vita si muore un sacco di volte, perchè non impariamo a rinascere più spesso?
Cosa costa?
Di certo meno che far crescere un bambino in questa malata società consumista.
Quindi, rinascete sempre dalle vostre ceneri e
Per aspera ad astra!

lunedì 20 febbraio 2006

Le posizioni di Ferrando: un esempio di incontro di idee.

Pubblico questo breve post solo per citare una dimostrazione di quanto affermavo nel mio post di venerdi sullo scontro politico.
Non entro nel merito e rimando alla lettura post citato per le premesse.
Venerdi notte ho visto Matrix di Mentana. Parlavano del caso del signor Ferrando di Rifondazione Comunista. Escluso dalle liste del suo partito per le prossime elezioni a causa delle presunte infamanti dichiarazioni da lui fatte a favore dei terroristi iracheni definiti come partigiani. O qualcosa del genere.
Bene!
Sento la cosa nei giornali-radio e di sfuggira in alcuni dibattiti.
Guardo Matrix, c'era Ferrando intervistato da Mentana. Nessuno scontro, nessun dibattito. C'era Ferrando chiamato a spiegare le sue dichiarazioni. Qualche domanda ma fondamentalmente una persona con il tempo e lo spazio per poter dire la sua e porgere al pubblico senza disturbo e polemiche le sue tesi.
Io non sono di certo la persona più vicina a Ferrando riguardo alle sue idee di questo mondo. Di certo sono molto lontano dalle sue idee, in particolare quelle economiche. Ma venerdi ho visto una persona sana di mente, preparata sugli argomenti e con una passione per quello che fa aldisopra della media comune. Ho anche sentito alcune argomentazione di notevole interesse.
Ma, a parte questo, HO CAPITO.
Ho capito il nocciolo della questione del dibattito. Ho "incontrato" le idee di Ferrando e ne sono uscito più ricco e meno confuso.
Non so se questo sarebbe accaduto se ci fosse stato uno scontro fra Ferrando e qualche altro antagonista.
Anzi lo so.
Non ci avrei capito niente e avrei spento il televisore infastidito, dicendo "Che vadano tutti a farsi ammazzare, sempre a rubare i soldi a noi poveracci!".
Meno ricco e più confuso.
Per aspera ad astra!

venerdì 17 febbraio 2006

La logica dello scontro: chi ne subisce le conseguenze?

Sono stato un pò in silenzio, ultimamente, ad ascoltare i rumors della politica italiana. La pentola comincia a bollire e la carne a lessare.
Per mia fortuna non passo tanto tempo dinnanzi alla TV. Ma, di straforo, riesco a seguire l'andazzo dei tempi.
Il nemico va sempre conosciuto. Questo lo diceva già lo stratega militare cinese Sun-Tzu 1600 anni fa o giù di lì.

La logica dello scontro.
Questo è il fondamento della politica. Lo scontro. Far collidere le cose, in modo che questo generi frastuono e sollevi polvere.
Quante cose si possono fare se le persone vengono distratte.
Da decine di migliaia di anni esistono trappole per cacciare. Si cammina nel bosco e mimetizzate nel sottobosco o fra i rami, eccole scattare silenziose per colpirci.
Non c'è bisogno di una grande tecnologia, solo astuzia.
Fai un buco per terra, ci metti sopra dei rametti, ci butti sopra fogliame e quant'altro ed eccolà la - la trappola!!!!!

Logica dello scontro. Ovvero la nostra politica moderna, occidentale e hegeliana. Già Hegel, eccolo lì quasi dimenticato nella sua astrusa filosofia dalla società contemporanea. Capita a molti filosofi. Scherniti e derisi per l'astrattezza del loro pensiero.
Può darsi, figliuoli, può darsi....
Ma il bello è che la nostra vita ne viene condizionata perchè come disse proprio un filosofo, "... sono le idee e non la forza a segnare il progresso e il futuro dell'umano vivere."
E che ci piaccia o no, il pensiero di Hegel permea molte delle quotidianità con cui ci sbattiamo mattina e sera.
Come?

Quasi tutti noi abbiamo sentito parlare di Marx. Il bello è che anche lui, la cui influenza sul XX secolo non può essere messa in discussione da nessuno, ha evoluto gran parte del suo pensiero partendo dalle conclusioni del collega tedesco.
Hegel, quanta parte hai nell'attuale scontro politico tra la mortadella prodiana e il messia-operaio di Arcore?

La filosofia base di Hegel partiva da un concetto su quale fosse la base della realtà. E per quanto abbia dissertato in lungo e in largo parlando di un concetto fumoso come lo Spirito Assoluto (che è), Hegel ha messo il suo timbro sul mondo con il concetto di divenire che egli chiamò "dialettica". Schematicamente hegel diceva:

C'è una cosa e la chiamiamo TESI (1).
C'è una cosa che gli si oppone e la chiamiamo ANTITESI (2).
Entrambe vengono superate dalle terza cosa che nasce da questo scontro e cioè la SINTESI (3)!

Semplice, no! E non pensate che sia molto più complesso di così. I filosofi scrivono le cose in modo difficile e gli autori dei libri di filosofia le complicano ancor di più altrimenti come farebbero i primi a esser presi sul serio e i secondi a vender libri. Ricordiamoci di De Crescenzo e andiamo avanti.....
Sta di fatto che quello schema là è entrato nell'inconscio collettivo. Dalla Germania è filtrato in mille altre filosofie. Marx, Schopenhauer e altro hanno contribuito a questo.

Se oggi si guarda un talk show in TV, non si può fare a meno di vedere la dialettica hegeliana in azione.
"Porta a porta": esponenti delle 2 fazioni che discutono su un tema. Bello? Bello, forse! Ma sicuramente hegeliano.
Gli esempi si sprecano e arriviamo a quelle idiozie che poi generano ipocrisie come la "par condicio".
Piano, piano, forse corro troppo.

Il punto è che per Hegel ogni cosa che esisteva era una sintesi di una tesi e un'antitesi precedente. Cioè ogni sintesi era il frutto di uno scontro!!!!!!!!!!! Ecco il punto. Ribaltando il ragionamento, per ottenere qualsiasi cosa vogliamo, dobbiamo avere uno scontro.
Non a caso la filosofia hegeliana è stata presa a sostegno di TUTTE le filosofie fasciste e imperialiste. E' stata la base dei totalitarismi. Perchè il primo paese a mostrare in forma becera il sentimento patriottico è stata la Germania (più precisi, la Prussia!)? Perchè proprio lì è nato il nazionalismo che decenni dopo ha disintegrato l'umanità con la II guerra mondiale? Perchè, perchè.... Perchè è proprio nella sua patria che maggiormente ha attecchito la filosofia hegeliana!

La cosa assurda è che mentre parlavo di "porta a porta" molti lettori si saranno chiesti: "Ma come si può avere un percorso democratico o una sana e democratica discussione se non si sentono entrambe le campane del discorso?".
Non ditemi che molti di voi non lo hanno pensato.

Come potete vedere, ormai il fatto che per imparare o per trovare la realtà si DEBBA per forza assistere ad uno scontro fra una tesi e la sua anti-tesi è un fatto entrato nella nostra logica di pensiero.

PERMETTEMI DI FAR NOTARE CHE QUESTO E' UNO SCHEMA DI PENSIERO. Forse buono o forse cattivo, ne possiamo anche parlare. MA NON E' L'UNICO. ESISTONO ALTRI MODI PER CAPIRE, PER IMPARARE E PER REALIZZARE LA DEMOCRAZIA!

Chi mai direbbe che mischiando un ottimo sugo alla bolognese con un ottimo pesto si ottiene qualcosa di superiore?
Non so forse ma io non ho mai provato.
La realtà, la realtà dice che da uno scontro non si esce arricchiti ma più poveri. O più confusi.
Si esce arricchiti da un incontro. Non da uno scontro!
E se non siete d'accordo, voglio che qualcuno mi porti la sua esperienza sul fatto che dopo aver assistito in Tv allo scontro tra 2 politici o 2 intellettuali su un argomento ne è uscito con le idee più chiare.
Quello che succede è che ognuno di noi ha già una sua personale opinione sulle cose e assiste allo "scontro" solo per veder soccombere l'avversario.

Logica dello scontro.
Permea la nostra vita.
Operai contro imprenditori.
Destra contro sinistra.
Uomini contro donne.
Ricchi contro poveri.
Cristiani contro musulmani.
E chi ne ha più ne metta.

Tanta attenzione allo scontro.
Ma visto che siamo 2 secoli che seguiamo questa logica di Hegel e tutti vediamo dove siamo arrivati, che ne dite se abbandoniamo questo percorso. Giusto per gioco, per provare.

IO SOSTENGO LA FILOSOFIA DELL'INCONTRO.
La sintesi non esiste e non la voglio. E non voglio neppure delle antitesi. Perchè bisogna per forza pensare che ci debba essere qualcosa o qualcuno che si oppone a me o ai miei pensieri?
Nè sintesi nè antitesi quindi.
Solo tesi, solo idee, solo uomini che comunicano.
Ognuno poi di quelle idee ne farà quello che vuole.
Per aspera ad astra!