giovedì 29 giugno 2006

Il voto, la devolution e la democrazia

Qualcuno (non ricordo più chi) disse che la democrazia è la peggior fomra di governo attuabile ma, purtroppo, è anche l’unica realizzabile.
Aforisma fulminante e denso di contenuti. Quasi una battuta.
Oggi leggevo in un giornale un servizio sui costi della democrazia. Solo nel 2006 l’Italia ha speso più di un miliardo di euro per pianificare e realizzare ben 3 turni di votazioni (politiche, amministrative e referendarie).
Costi di organizzazione, di materiali e di personale.
Ma la mia domanda è: MA DAVVERO VOTARE EQUIVALE SEMPRE E ASSOLUTAMENTE A DEMOCRAZIA?
Non credo.

Il voto a suffragio universale (a tutti) è stata una GRANDIOSA conquista di civiltà. Spesso mi sembra che questa conquista sia stata una vittoria di Pirro. I reali progressi in direzione di una democrazia diretta e reale mi sembrano assenti.
Per dirla con un’immagine, mi sembra di essere in un gruppo (una squadra di calcio, un’azienda o una famiglia) in cui ci sono determinati problemi da risolvere e non si fa altro che riunirsi per discutere su quello che c’è da fare. Riunioni e discussioni su discussioni e riunioni.

Non so. Credo che democrazia significhi semplicemente che il potere è del popolo. Che lo esercita tramite dei rappresentanti liberamente eletti. Ma democrazia non significa altro che qualcuno fa e che gli altri controllano e giudicano.
In realtà mi sembra che molti fattori nascosti e subdoli minino alla base questa impalcatura democratica.
Chiamare la persona della strada a giudicare un impianto legislativo di 50 articoli di evidente complessità giuridica e politica è DEMOCRAZIA?
Cioè è evidente la correttezza di chiamare il popolo a prununciarsi sui cambiamenti della costituzione ma sono corrette le MODALITA’?
Un vecchio del mio paese diceva che tutto è giusto quando è teoria.
Ma le cose scorrette si mostrano proprio quando concrete e reali diventano le MODALITA’ in cui i pensieri diventano azioni.
Mi sa tanto di vivere in un mondo distorto.
E in un mondo dove è sempre più difficile.
Per aspera ad astra.

martedì 27 giugno 2006

Rimanere soli

Fulgidi esempi di come si dovrebbe portare avanti la vita, esemplari tenzoni sul come si dovrebbe menare battaglia: chi non li vede tutti i giorni? Andiamo su e torniamo giù. Cuori fatti di pietra rotolano fra le vie piene di colori. Cuori fatti di lercio, putrido letame inondano l’aria con le loro pestilenze. Cuori infarciti di semplice, immensa nullità, saltuaria droga della mente ti saltellano davanti agli occhi. Mesmerizzate le attenzioni.
Ma poi scali il monte o monti sulle scale e guardi, in lontananza, il paesaggio. Prego, sedetevi. Prego, fissate la vostra dimora. Semplice, il mondo è semplice. Ma siamo nati per comunicare, siamo nati per struggerci di malattia. Siamo malati di voglia di comunicare.
Vaga per il tondo circolo attorno al letto. Hai letto ciò che scrivo? O schivo d’ogni virtù, chini il capo? Capisco! Ma se guardo indietro nella mia storia vedo che ho passato molti momenti di tristezza, molti momenti in cui la comunicazione è morta nelle mie viscere.
Torna indietro e fai, di nuovo, l’esperienza dell’episodio. Cos’è questo? Cos’è questa? Vita! Sic et simpliciter.
Ma facciamo finta che ora io m’incazzi sul serio. Facciamo finta che veramente ora cominci ad impiccare qualcuno e portarlo in giro per farlo vedere agli altri. Mi ricordo quando alieno, stralunato essere, mi sedevo sulle rocce delle campagne, dei boschi vicino a casa. Ricordo chi ero, allora: lo stesso di oggi.
Forse abitavo in un Antonello in tutto e per tutto diverso ma io ero io, perché io sono io. Ed io so cosa significa rimanere soli. L’ho provato come l’hanno provato tanti. Ma io, io non dimentico. Ecco.
Tutto farò d’ora in poi nella vita tranne dimenticare. E ricorderò così come ricordo quando, vagabondo di prato in prato, piangevo e cantavo la mia solitudine. Ne ho viste cose, umani, che non potreste neanche immaginare. Ma ora sono qui e queste persone attorno a me mi lasciano solo ed io solo rimango, perché mi ricordo cosa scrissi, cosa scrivevo. Non è un problema.
Comunicare è semplicemente comunicare, non significa per niente avere tante pietre vicino che non rispondono, che semplicemente nella vita rotolano, semplicemente. Ma una cosa cambia, una cosa cambia.
Io non sono più effetto della mia solitudine, del rimanere solo. Io sono causa su questo ed io me prendo responsabilità. In questo momento il pensiero va a chi mi sta regalando molteplice sofferenza, va proprio a loro. So che prima o poi vedrò il loro cadavere passare ma veramente non intendo vivere in solitudine solo per aspettare loro.
Au revoir, mes amis, alla prossima vita.
Per aspera ad astra.

martedì 20 giugno 2006

Intercettazioni: che intendono fare?

Il mondo si può condensare in una parola.
Già il vecchio re Salomone chiese qualche secolo fa ai suoi saggi di condensare tutto la conoscenza prima in un libro, poi in una sola pagina, poi in una sola frase e poi in una sola parola.
I giornalisti sanno fare questo. Sono estremamente abili, quasi infusi da un divino tocco magico.
Di volta in volta tutta l’attenzione delle persone viene CONVOGLIATA verso un’unico oggetto simboleggiato da un’unica parola. Cosa hanno detto?

E’ stata la volta di “inciucio”, di “ribaltone”, di “devoluscion” (sic!!!), di “influenza aviaria”, di “sars” (a proposito CHE FINE HA FATTO?), di “fusione fredda”, di “botulino” e via per i secoli a venire.
Ora è la volta di “INTERCETTAZIONI”!

Non mi interessa in contenuto delle intercettazioni. Non riguarda la mia vita e non dirò niente a riguardo.
Ma le intercettazioni non dovrebbero riguardare neppure qualcunque altro cittadino. Al cittadino dovrebbero interessare altre cose. E se ci avanza tempo, forse, un pò di spazio lo si può trovare anche per le intercettazioni.

Pubblicare le intercettazione è SBAGLIATO.Un cittadino è innocente fino a prova contraria. I processi mediatici fanno godere solo la insana voglia di scandalo che cova nelle nostre misere vite fatte di niente.
MA è altrettanto e forse più ancora SBAGLIATO criminalizzare lo strumento intercettazioni.
Io non ho niente da nascondere. Che mi ascoltino.
Cos’è questa improvvisa paura di politici e uomini del mondo mediatico delle intercettazioni.
Minacce di leggi e di utilizzo solo per reati di terrorismo? Ma siamo MATTI!

La privacy?
La privacy è un concetto che esiste solo per la gente onesta.La privacy per i criminali o per chi ha cose da nascondere non dovrebbe esistere.
Perchè quando le azioni di qualcuno diminuiscono il potenziale di sopravvivenza di un gruppo, la sua libertà deve essere subito limitata e nei casi limiti interdetta.
D’altronde non glielo ha prescritto il medico di fare cose illegali.
Non so cosa faranno con le intercettazioni ma anche questa cosa mi sa tanto di “parliamo di questo per non parlare d’altro!”.
Quindi cosa mai starà bollendo in pentola?
Per aspera ad astra.

sabato 17 giugno 2006

Piangersi addosso

Troppe persone si piangono addosso.
Le capisco. Cioè occupo quel punto di vista. Cioè riesco a indossare quei panni (quei presupposti storici, quella cultura, quell’accenno etnico, etc.) e percepire il mondo da quella specifica condizione.
Ma non condivido quell’opinione.
Capire non significa condividere. Non significa essere d’accordo.
Piangersi addosso significa solo incolpare quelcun altro o qualcosa’altro di essere stata la causa di qualcosa nella propria vita.
Eleggere altre fattori a causa nella propria vita significa relegare se stessi al ruolo di effetto.
E se si eleggono troppe cause esterne a noi, a noi stessi non rimane che il ruolo di effetto totale: degli oggetti, delle pietre. Solo gli oggetti subiscono tutto e non fanno niente.

Piangersi addosso.
Troppe persone si piangono addosso.
Le capisco ma non condivido quel punto di vista.
Non perchè sia bravo o qualunquista o viziato o snob o chissà che…..
Con quel punto di vista le cose non migliorano.
Chi si elegge a effetto nella propria vita sta negando a se il ruolo di causa.
E solo chi si elegge come causativo può cambiare le cose.
Meditate gente, meditate e
per aspera ad astra!

domenica 11 giugno 2006

Aforisma: Paradiso e inferno.

Per andare in paradiso, occorre avere un’idea molto, molto chiara e precisa di come sia l’inferno.

Si corre altrimenti il rischio di trovare il paradiso e non riconoscerlo oppure di fermarsi all’inferno perché lo si crede il paradiso.

Per aspera ad astra.

sabato 10 giugno 2006

Chi è Dio? La bassezza culturale del dibattito sul "Codice Da vinci".

Lo confesso. Non avevo ancora letto il libro di Dan Brown. Ne ho visto il film. Conoscevo la trama, qualche parere e qualche critica. Ad essere onesto l’ho pure regalato (appena uscito in tempi non sospetti) ad una mia conoscente.

In questi ultimi giorni ho letto il libro. Probabilmente, senza il battage pubblicitario dovuto a questo scontro Chiesa cattolica-Codice Da Vinci, non lo avrei letto. Ho così tanti bei libri che voglio leggere che…….
Ma ho partecipato al dibattito sul mio blog ospitando alcune notizie che per me avevano dell’incredibile. Film censurato in alcune sale in Sardegna e libro bruciato pubblicamente da un parroco in piazza.

La curiosità ha ucciso il gatto. Volevo proprio vedere quale preoccupante pericolo fosse celato tra le pagine di questo demoniaco libro. La trama la conoscevo e molti di noi la conoscono.
Il libro è un ROMANZO in cui i protagonisti scoprono tramite avventure e disavventure che da secoli la Chiesa cattolica nasconde un segreto che svelato cambierebbe certi parametri di potere economico e politico della stessa e che getterebbe una nuova luce sulla figura del Cristo e del suo messaggio.
Volevo sapere in che modo il favellare dello scrittore americano potesse spaventare tanti gli alti papaveri del Vaticano.
Premetto che questo post (come tutti i miei altri commenti d’altronde) parte dall’assoluto rispetto per le idee religiose di chiunque e dei cattolici in particolare.

Ciò che va rispettato è il diritto di ognuno a credere e professare la propria fede e il proprio credo.
SI RISPETTANO LE PERSONE. SEMPRE.
Ho letto il libro. E il mio sgomento è salito alle stelle.
Qualcuno mi può spiegare perchè Opus Dei, frati, esponenti cattolici e soci abbiano tanto paura di questo libro?

L’ho letto. La storia è esposta in modo onesto e quasi infantile. Ci sono alcuni bei passaggi che spremono bene il gusto per il giallo. Ci sono delle belle trovate narrative ma il libro si sviluppa in modo culturalmente semplice. Parla di concetti e notizie che circolano negli ambienti culturali da secoli. Ho 34 anni e sono circa 20 anni che sento parlae di queste cose.
E’ quasi molto accademico.La presunta ombra negativa gettata sull’Opus Dei è praticamente nulla in quanto si parla dell’operato di semplici personaggi di fantasia. La storia si basa su alcune inesattezze storiche ma sono dettagli en passant, a mio avviso anche poco incisive sulla storia.
Il libro descrive un’associazione che cercherebbe di preservare segretamente questa verità su Cristo, sul Santo Graal e sulla Chiesa. Tale associazione (il priorato di Sion) viene presentato come esistente basandosi su falsi storici. E quindi? Io ho letto altri libri, anche molto eruditi, sul Priorato di Sion. Libri di parecchi anni fa. Sono libri. Sostengono tesi.

Qualcuno accusa Dan Brown di una dichiarazione iniziale all’inizio del libro in cui sostiene che tutto il contenuto del libro è basato su verità storiche. Questo sarebbe il peccato. Peccato, invece, che sulla copertina del libro c’è scritto “Il Codice Da Vinci – un romanzo di Dan Brown”. E’ un romanzo. Se ci dimentichiamo di questo, è finita. Se poi ha scritto quelle cose, il tutto fa parte delle tecniche di scrittore per dare enfasi al proprio prodotto.
A parte il fatto che è vero che gran parte delle cose dette siano comunque non invenzioni dirette di Brown ma fatti e avvenimenti reperibili nella storia culturale della nostra civiltà.

O qualcuno si è infastidito perchè il nome del commissario di polizia di Parigi non corrisponde a quello vero o se uno degli alti prelati dell’Opus Dei ha un nome inventato?
Prima di leggere il libro ero abbastanza disposto a concedere il diritto di replica e di dissenso ai cattolici. Ognuno ha il diritto di dissentire da qualcosa. Protestavo solo per alcuni modi medioevali di farlo.
Dopo aver letto il libro, provo una profonda delusione per la pochezza intellettuale del dissenso. Dov’erano costoro quando molti altri autori hanno scritto libri più dannosi per la comunità cattolica.
Il libro suscita il dubbio che la Chiesa Cattolica abbia qualche scheletro nell’armadio? Va bene. Non credo che ci volesse Dan Brown per tirare in ballo questo fatto.
Si ha paura che i cattolici rinneghino la loro religione per colpa di questo libro?
Provveda la curia vaticana a riconoscere che i VERI cattolici stanno scomparando, sostituiti da cattolici borghesi il cui credo è “affermare ma non praticare la propria religione” e la cui preparazione religiosa sulla PROPRIA religione è praticamente nulla.
Ho sempre ammirato i ferventi credenti cattolici. Degni di stima e rispetto. Ho profondamente provato disprezzo per i cattolici per etichetta che violano tutti i giorni i precetti della propria religione e il cui vero dio è il materialismo e l’apparenza del nulla moderno.
Chi è Dio? E’ un bellissimo tema.
Ma in questa querelle non vedo Dio, nè Cristo. Vedo solo uno scrittore e il suo entourage che gongola per la pubblicità che riceve e un certo numero di persone che cerca visibilità mediatica per vari fini sfruttando il lavoro altrui.
Non è un caso che il rappresentante dell’Opus Dei (in un’intervista su Panorama) abbia dichiarato che ora è il momento giusto per fare un film sul fondatore dell’Opus Dei Escrivà.
Chi è Dio?
Parliamo in un altro momento. Grazie.
Per ora, pensate con la vostra testa.
E leggete pure il libro. E’ innocuo!
Per aspera ad astra!

lunedì 5 giugno 2006

Io sono la persona più importante del mondo: ESSERE I PIU’ GRANDI!

3-terza parte

ESSERE I PIU’ GRANDI
Ed è stata una lotta. In ogni campo ho dovuto sudare per portarmi ad alti livelli. Ma ecco il segreto. Sono migliorato, sono giunto a migliorarmi. Ed è questo che conta. Perché se si migliora davvero, allora le nostre azioni saranno migliori e più produttive di sopravvivenza per noi, per chi ci sta attorno e per tutti gli altri.

Così quel punto di vista, quello di “essere il più grande”, mi ha aiutato, mi ha sospinto e, spesso, mi ha tirato fuori da brutte condizioni. Quel principio è un idea assolutamente pro-sopravvivenza.

Conosco le opinioni di questa o quell’altra dottrina riguardo a ciò. Che è un principio pericoloso, che porta a schiacciare gli altri o a diventare egocentrici ed egoisti, che sviluppa tendenze anti-sociali. Conosco la morale cattolica che parla dell’umiltà, del ritrarsi, della rinuncia come delle più grandi virtù esistenti. Parla sempre di punire le presunzioni, il cercare di migliorarsi, parla degli “ultimi che saranno i primi”. Forse gli ultimi possono essere i primi ma solo se vivono e lottano per cercare di migliorarsi.

Ed essere primi, all’interno dell’umanità, comporta solo il diritto di essere più responsabili per se e per gli altri. Il comando da solo il diritto di servire gli altri. Chiedetevi quale sia l’etimologia della parola ministro per avere un’idea della cosa.

Se tutti vogliono essere gli ultimi o se vogliono accontentarsi della stasi ci sarà, è vero un livellamento ed un aumento dell’uguaglianza fra gli uomini. E cercare di ridurre le ingiustizie e le disparità delle condizioni è quantomai giusto e corretto. Ma il livellamento si deve cercare verso l’alto e non verso il basso. Bisogna portare le persone più in basso al livello delle persone più in alto, non il contrario, non le persone più in alto al livello delle persone più in basso. E neppure bisogna livellare i due gruppi in una zona intermedia. Perché?

Perché, se si può tirare su tutti?

E questo lo si può fare solo se ognuno vive con l’idea che le sorti del destino del pianeta e dell’umanità dipendono da lui e dalle sue azioni. Perché è la realtà. Le cose non capitano. Ci sono degli uomini che le fanno capitare. Quando ho vissuto con l’idea di essere la persona più importante stavo bene, e malgrado le difficoltà, ero fondamentalmente sereno.

Ero forte della mia convinzione. Poi per strada ho un po’ accantonato quest’idea. Ora sono migliore sotto molti aspetti rispetto al passato ma mi sono sentito meno sereno. Mi sono sentito meno bene. Non riuscivo a capire.

In questi giorni l’ho capito. La mia poca serenità degli ultimi mesi era dovuta al fatto che non mi sentivo più come la persona più importante di questo mondo, come l’essere più grande del pianeta Terra. E sono stato male.

Forse non sarò quel genere di individuo ma vivere senza quel punto di vista mi ha creato problemi e ha diminuito la mia capacità di creare azioni pro-sopravvivenza per me, per i miei congiunti e per tutti gli altri. Forse non sarò quel genere di individuo ma vivere con quel punto di vista mi aiuterà a migliorami e ad agire.

Perché io sono l’uomo più importante di tutta l’umanità. Come ogni altro essere umano esista.

sabato 3 giugno 2006

Io sono la persona più importante del mondo: ESSERE I PIU’ GRANDI!

2-Seconda PARTE
ESSERE I PIU’ GRANDI!
La caratteristica da osservare per riconoscere chi si pretende importante solo per schiacciare gli altri, è la sua propensione all’azione. Perché chi cerca di essere veramente il più grande e il più importante per l’umanità, lo fa consapevole che la cosa deve essere messa in atto, tramutata in azione.

Chi vuole essere il più grande sa che deve fare grandi cose per ottenere quel riconoscimento, e sa che il suo essere più grande serve per far sopravvivere meglio tutti. Egli tenderà ad agire per raggiungere quello status e per mantenerlo. Non sarà solo un’asserzione e una pretesa.
Sarà una conquista.

Ma il cercare di essere il più grande significa essere migliori e significa migliorarsi. È una spinta verso il miglioramento. Ecco dove risiede la sua correttezza fondamentale, il suo positivo legame con la sopravvivenza. Chi cerca di essere il più grande non si dispiace se qualcuno cerca di essere più grande di lui perché ciò sarà solo un maggiore impulso a migliorarsi ancora. E alla fine della corsa tutti saranno migliori.

Vivere la vita come se si fosse gli ultimi anelli di una catena è dannoso per se e dannoso per gli altri. Essere umili, pensare di non valere niente, di non avere abilità è dannoso, è sbagliato, è assolutamente contro-sopravvivenza.

Forse si potrà non essere i migliori, si potrà non essere particolarmente abili o intelligenti. Non è questo il punto. Discutiamo del punto di vista con cui affrontare le cose. E le abilità possono essere migliorate. E l’intelligenza può essere aumentata. Per fortuna.

Io ho vissuto la maggior parte della mia vita pensando di essere l’essere più importante del pianeta Terra. Vivevo come se il mondo mi aspettasse, aspettasse le mie azioni, il mio aiuto. Sentivo dentro di me la responsabilità di innalzarmi a quell’altezza, di essere meritevole di quel titolo. Per questo motivo vivevo ogni giorno cercando di saperne di più, cercando di essere migliore. Vedevo che spesso non lo ero. Ma questo era un nuovo impulso a migliorarmi.

Non sono mai stato il più abile nei campi di cui mi sono occupato. Anzi, quasi sempre, ero secondo o terzo a qualcun altro. Operavo in molti campi e aspetti della vita. Vedevo e conoscevo tante persone. Tutte molto più abili di me. In quello specifico campo. Ma solo in quello. Così cercavo di diventare il migliore. Ma perché?

Perché io ero la persona più importante nel mondo. Non la migliore. Solo la più importante. Avevo grandi cose da fare. E pensavo che se non le avessi fatte io, non le avrebbe fatte nessuno. Per questo motivo dovevo portare la mia abilità al livello della mia importanza.
continua…..
FINE SECONDA PARTE

Io sono la persona più importante del mondo: ESSERE I PIU’ GRANDI!

Post sull’argomento della presunzione e dell’umiltà.
E’ un pò lungo, così ho deciso di spezzarlo in più inserimenti.
Eccolo. Titolo:
ESSERE I PIU’ GRANDI!
Essere i più grandi: quanta importanza può avere rincorrere quella che può essere solo una chimera? Ma facciamo gli scienziati e non facciamo i filosofi. Anche se avrai dei dubbi su questa divisione. Ma facciamo il nostro compitino.

Ho esaminato le prospettive del condurre la vita guidata ora da un principio, ora dal principio avverso. Vite umili e vite presuntuose che si scontrano e rivendicano il primato sull’avversario. L’uomo è sospinto da un impulso interno che lo sovrasta, lo penetra e ne fuoriesce in ogni sua azione o pensiero. L’uomo è guidato dal principio della sopravvivenza. Ciò che facilita questo impulso è buono, è saggio, è vincente, è etico.

Possiamo quindi stare qua giorni e giorni a discutere se vivere la vita da “presuntuosi” sia o meno lecito e corretto. Potremmo tirare in ballo questa o quella morale; questo o quel ragionamento. Ma la prova la fornisce quel campo di battaglia chiamato vita.
Ma cosa significa essere presuntuosi? E cosa significa essere umili? Probabilmente tutto questo ragionare ha le sue radici nel paese in cui io sto vivendo, paese da millenni sotto l’influenza della religione cristiana e cattolica. Forse da altre parti un simile questionare sarebbe superfluo.

Presuntuoso dovrebbe essere colui che cerca di spingersi sempre oltre, guidato dall’idea che egli sia la persona più importante del pianeta terra. Ma non più importante solo teoricamente ma più importante riguardo la sopravvivenza dei suoi simili. È scontato che ogni essere sia il più importante per se stesso. Senza di se cosa mai potrebbe fare? Nemmeno un minimo ragionamento. Non esisterebbe nemmeno!

A volte si può decidere di vivere con la consapevolezza che le nostre azioni sono importanti per gli altri. Non tanto se stessi in quanto tali. Questa è importanza di se e non è qualcosa di buono. È fine a se stessa. Dire che si è importanti, che si è superiori agli altri in modo da porsi sopra un gradino solo per osservare la testa altrui non è la stessa cosa e non è per niente positivo. Non è, tra l’altro, mai opera di persone particolarmente intelligenti e abili. In genere chi fa ciò è estremamente debole e fa ciò solo per paura degli altri.
continua…..
FINE PRIMA PARTE

venerdì 2 giugno 2006

Senza l'essenza

Fatti di marzapane fino al profondo del nerbo che può sentire e provare qualunque tipo di emozione. Sentimmo parlare di marzapane e dolci flauti, e liete note. Ci dissero che noi siamo poeti e che non dobbiamo dimenticarlo.
Chi mai lo vuole dimenticare?


Quando ti alzi dal letto sbatti le palpebre e inspiri aria con forza, con la voglia di appropriarti di tutta la vita che c’è lì attorno. Vivere la vita, sai??.. E poi oscilli, cerchi punti d’appoggio ed osservi i manufatti degli uomini, gli impieghi degli impiegati, gli ingegni degli ingegneri, i fatti dei fattorini. Vedi brillare le cose fra l’opaco e l’inconsapevole decadimento. L’uomo grida sempre gli anni della decadenza e forse da ogni parte è stato vero, è stato per niente fuori luogo.
Io so quale contesto si sprigioni da queste relazioni ma senza pensarci su più di tanto. Saltando a cavallo e volando, coniugando chi, come me, vuole battere in volata l’insulto o l’insulsa banalità della quotidiana sopravvivenza. Ciò che dico e ciò che lascio a me quando berrò ancora un po’ di me, è che l’essenza c’è e non muore ma, piuttosto, si moltiplica, si accresce, vive di splendide scie luminose che nel cielo, di giorno qualunque, si rincorrono.
Sono poeta e vibro con l’essenza dentro. Spingo sull’acceleratore. Andiamo exterior alla vita e vediamo la mia di vita, così come la vedrebbe qualcun altro. Io so di non essere la mia vita. Io sono io. Io sono l’essenza e l’essenza sarà quindi dentro di me. nessun dubbio a proposito. Nessun dubbio sul futuro. Non c’è bisogno di spiegazioni. Volare sulle cose, sulle persone e dare ai fatti un tocco leggero di impudente sapidità.

Ricoprire le cose della tua essenza. Permeare gli altri di ciò che tu sei. Nessuna sopraffazione, solo leggera, dolce, delicata, amabile permeazione. E non accetterò di vivere senza l’essenza. L’ho deciso tempo fa quando era veramente duro sopravvivere. Non permetterò che ora, con il paradiso davanti a me, l’essenza diventi un optional; non permetterò che io vada avanti senza l’essenza, senza di me, senza l’essenza.<
Per aspera ad astra!