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domenica 6 agosto 2023

Oh My GOD, come passa il tempo. Come lo possiamo catturare e incatenare?

Scrivo un nuovo post, un nuovo articolo e lo faccio perchè guardando il mio blog, l'attenzione va a finire sulla sua età. 

E' quasi maggiorenne, capite. Quasi maggiorenne. Nato nel 2005.

Così da una parte vedo mio figlio che tra qualche mese va all'università e dall'altra una mia creazione che mi rendo conto aver fatto partire moltissimo tempo fa.
E in mezzo mi rendo conto che questo prossimo settembre compirò 51 anni.

Non è il tempo della resa dei conti e del conteggio di ciò che è stato raggiunto e di ciò che si è mancato.
Non lo è.

Proprio qualche giorno fa, pianificavo i miei prossimi progetti e, onestamente, mi sentivo pronto per iniziare veramente qualcosa.

Il tempo. Il tempo però rimane. Il tempo però rimane un qualcosa di ineffabile che così tanta importanza ha nella nostra vita. Il tempo scandisce le nostre esistenze e ne determina spesso l'andamento.

Perchè ci sta addosso. Qualche volta ci favorisce, il più delle volte ci mette in soggezione e ci porta a commettere errori strategici gravissimi.

Ci sono altre entità che spesso l'uomo cerca di manipolare, circoscrivere e dominare. A volte ci riesce e a volte no, ma sono gare che almeno si riesce a concepire, gare forse non sempre alla pari ma in cui "sembra" almeno ci possa esser tenzone.
Ma il tempo? Come si può incatenare il tempo?

In altri momenti e altri luoghi, dissi:
"Il denaro lo perdi e lo puoi riguadagnare.
L'amore lo perdi e lo puoi ritrovare.
Il successo svanisce e lo puoi raggiungere di nuovo.
La salute la perdi e la puoi ricostituire.
La felicità la perdi e la puoi nuovamente riavere.
La pace la perdi e la puoi ricreare
Ma il tempo? Il tempo no. Lo perdi e quel tempo non torna più!"

Vero? Non vero? Non so. So solo che il tempo è una entità molto diversa da tutto il resto.
Tempus Fugit diceva Virgilio nelle sue 'Georgiche', il tempo fugge.

Ogni momento che viviamo è un unicum. Lo possiamo ricreare, certo. Magari più bello, ma sempre in un nuovo tempo.

Ogni giorno abbiamo in dote la stessa quantità di tempo. Tutti. Io, te e tutti gli altri che ora non leggono queste righe. Tutti. Tutti abbiamo in dotazione 24 gettoni da un'ora l'uno al giorno. O, se preferisci, ogni giorno ci viene data una dotazione di 1440 gettoni da un minuto l'uno.
E ogni giorno usiamo questi gettoni per fare questo o fare quell'altro. O non fare niente.
Spesso ci piace l'idea che non siamo liberi di usare questi gettoni a nostro piacimento. Ci piace l'idea. Ci piace perchè così non dobbiamo essere responsabili di come usiamo i gettoni che ci vengono dati in dote.

"NON HO TEMPO!". Quanto ci piace dirlo. Tu magari no. Ma io mi dichiaro colpevole. Uso questa scusa. E di sicuro sento moltissime persone usare questo marchingegno mentale per potersi tirare fuori da una qualche responsabilità.

E' ovvio che sia un modo di dire. Ma è un modo di dire sbagliato.
Ce ne sono... Di modi di dire sbagliati che a furia di essere usati alla fine condizionano chi li usa senza che nemmeno egli se ne renda conto.

Se usiamo troppo a lungo questo modo di dire potremmo finire per pensare, davvero e senza rendercene conto, che non abbiamo tempo.
Ma i gettoni sono sempre quelli.

Tutto dipende dalle nostre scelte, da quali strade decidiamo di prendere e su quali strade decidiamo di rimanere. Si sbaglia. Chi non sbaglia? Ma molti continuano a rimanere su un percorso anche dopo avere perfettamente realizzato sia un errore.

Tutto dipende dalle nostre decisioni, dalla nostra scala di priorità.
Se non voglio andare da qualche parte, dirò che non ho tempo. Quasi mai dirò alla persona che non voglio stare con lei.

Dare la colpa al tempo, è facile. Perchè sembra non vendicarsi mai. E quindi lo incolpiamo di tutto. Ma forse rifletterei sul fatto che non sia vendicativo.

Tempus fugit, quindi.

Ma c'è un modo per usare al meglio i gettoni di cui siamo dotati?
Forse si.
Ma ne riparleremo.
Per Aspera ad Astra!

martedì 12 luglio 2016

Animus Pugnandi

Animus Pugnandi. Che è?
Lo spirito di battersi.
Spesso si usa la parola “combattere”. Combattere significa “battersi contro qualcuno o qualcosa”: da cum+battere. Combattere è diventata una brutta parola. Spesso è associata alla guerra o alla violenza.
Il tutto è una semplificazione della parola. Anzi no. Solo una visione superficiale della cosa. Una visione ristretta e leggermente arida.

Animus Pugnandi.
Lo spirito di battersi!
Battersi? Che è battersi?
Solo vivere.

Vivere è la spinta a perpetuarsi in esistenza, migliorando le nostre condizioni e raggiungendo le nostre mete.
Non è battersi questo? Vivere è tenere per qualcosa, metteci dentro impegno, abilità, ricevere colpi e rovesciamenti di sorte, vincere le battaglie.

Gli sportivi non combattono. Si battono.
Hanno un certo onore. Hanno le loro regole.
Per questo lo sport è amato dagli uomini.
Lo sport è la simulazione della vita.

Ma ora è diventato anche quello che la vita dovrebbe essere ma che, con tutti i dati falsi che ci hanno infilato, ormai non è più.
Così la parola d’ordine diventa “politicamente corretto”. Tutto deve essere politicamente corretto.
Giusto!

Ma a volte non comprendo veramente cosa si intenda con questa parola. E quindi diffido. Perchè troppe cose diverse vengono qui dentro incluse. E molte di esse non mi piacciono.
Soprattutto quando il politicamente corretto toglie “l’animus pugnandi” dalla scena. E lo mette in ridicolo.
Lo spirito di battersi è lo spirito di vivere.

La vita è fatta di dedizione, di sacrificio, di impegno, di abilità e di battaglie. Vinte e perse.
Non è detto che la violenza fisica vi sia inclusa. Ma non dobbiamo fare i verginelli e pensare che nessuno mai da nessuna parte userà anche le “maniere forti”.
E’ proprio per questo che ci vuole “lo spirito di battersi”!
Perchè solo i malvagi devono battersi con lo spirito di vincere?

Forse i buoni non possono o non devono vivere? E vincere?
Lo faranno con le loro armi. Con l’onore, la tolleranza, il rispetto, l’integrità, il coraggio e l’onestà. Ma nessuna di queste parole nega il fatto che occorra essere pronti a battersi, a difendere ciò in cui crediamo e a impegnarsi per le nostre mete.
Ci si può battere con onore, tolleranza, rispetto, integrità, coraggio e onestà.
Lo si dovrebbe fare se si è i buoni.
Ma buoni non è sinonimo di fessi o codardi. Nel dizionario non ho mai visto questi sinonimi.
Buoni non significa essere titubanti nel battersi. Significa solo schierarsi con una certa parte del campo di battaglia.
E cose con cui battersi ce ne sono.
Ci sono i nostri cari, c’è la nostra integrità minacciata da vermi striscianti e da bugie troppo grandi e squallide per essere tollerate.
C’è la sopravvivenza del pianeta, l’infinità dell’universo, la bellezza della diversità, il sorriso di un bambino quando scarta un regalo.
Voglio che l’animus pugnandi diventi l’acqua in cui le persone si bagnano ogni giorno.

Io mi impegnerò per dare l’onore delle armi a questa tenzone chiamata vita.
Con il giusto spirito.
Non quello di un soldato. Non quello di un guerrillero. Non quello di un terrorista. Non quello di uno psichiatra. Non quello di un malvagio. Non quello di un criminale.
Ma quello di un cavaliere, di colui che si batte se c’è da battersi e che lo fa per una giusta causa.
Rispolveriamo questa figura messa nei cassetti.
Facciamolo.

UN ABBRACCIO.
Antonello

martedì 21 giugno 2016

L'uomo moderno è sempre più logico? Dubito. Fortemente!


L'uomo moderno ha sempre più strumenti, macchinari, attezzature, ricchezze, comodità e accesso alla conoscenza.


Ma forse non è nelle migliori condizioni per approfittare di questa vantaggiosa condizione storica.
Anzi..... togliamo anche il forse...!

Se vi guardiamo in giro sembra che la logica stia abbandonando la nostra società, la nostra cultura e le nostre città.
Abbandona i nostri mass-media, i nostri politici e noi stessi.

Lo so.... lo so..... Tu no. Io no. Lui no. Noi non ne siamo vittima.
Solo gli "altri"..... Ma, a parte gli scherzi......

Sento in giro affermazioni strampalate, teorie senza fondamento, idee senza capo nè coda.

Non è una questione di "pensarla in un altro modo". E' una questione proprio di NON C'E' PROPRIO ALCUN TIPO DI PENSIERO LOGICO.

E' come se tu litigassi con qualcuno che ti dice, giura e spergiura che la mattina, mentre beveva un caffè al bar, ha visto un maiale con le ali atterrare, comprarsi un gelato, salutare affettuosamente in gallurese ed andarsene.

Come puoi discutere su questa cosa? Capite?
Ci sono argomentazione che non puoi neanche stare li a controbattere. Cioè non è che non sei d'accordo. Non hanno proprio alcuna base.

Ora, sto estremizzando il concetto. Per ragione ovvie di comunicazione.
Ma quello che voglio dire è che la direzione è al contrario di quella che ci si potrebbe aspettare.

Con la diffusione della conoscenza, la capacità dell'uomo medio di ragionare in modo corretto dovrevve aumentare. Ma così non sta succedendo. Anzi tutto il contrario.

Qualcuno, in fondo alla classe, mi stuzzica chiedendomi "Si ma chi decide cosa è ragionevole e cosa no?" aprendo un dibattito lungo che qui non è la sede adatta per essere trattato.
E' pur vero che questo dibattito volteggia nelle stanze della filosofia da secoli.

Ma non è questo quello che intendo dire.
Quello che intendo dire è PERCHE'?
Perchè sempre più persone usano sempre meno la logica nei loro ragionamenti ed invece che abbeverarsi avidamente di tutta la conoscenza che esiste, non fanno altro che assorbire velocemente e superficialmente riassunti di riassunti di riassunti di concetti peraltro sbagliati?

Perchè qualcuno non si legge un autore invece che sentire l'interpretazione di qualcun altro di questo autore?
Perchè devo conoscere il mondo attraverso le lenti distorte di un servizio di un telegiornale anzichè informarmi in modo completo con prove e constatazioni, magari di prima mano?

Perchè no? Perchè non c'è tempo?
Ma finiamola..... Il tempo c'è. La voglia forse no.
Ed è questo che mi inquieta.

Un abbraccio.

martedì 17 novembre 2015

Il potere dell'attenzione

L'essere umano ha un potere. Un potere straordinario. Che spesso dimentica di possedere. Un potere che sembra sia stato rubato alle divinità....

Il potere di assegnare importanza.
Il potere di concedere attenzione.

Questa qualità (l'attenzione) è una scintilla divina, è la manifestazione più completa della vita..... potremmo addirittura affermare che sia la vita in se e nella sua essenza.
Pensaci...

Ciò a cui dai attenzione vive, ciò a cui togli attenzione muore in quella misura.
Quando distogli la tua attenzione, quando non dai importanza ad un rapporto, ad una amicizia o ad un lavoro questi decadono e pian piano muoiono.
Il nostro potere è scegliere a cosa dare importanza e a cosa dare attenzione.

Diamo importanza alla collera e alla vendetta? Queste aumentano e prosperano!
Diamo importanza alla malattia e non alla salute? La prima aumenta e la seconda diminuisce!
Diamo importanza ai difetti di una persona anziché ai suoi pregi (anche se pochi!!)?
Ci sembrerà che la persona stia diventando sempre più orrenda e insopportabile.
Gli esempi si possono sprecare.

Non dico che sia facile cambiare atteggiamento. Non lo è.
Ma ricordarsi che ABBIAMO questo potere divino, il potere di cambiare le importanza e occuparci di più di ciò che di bello esiste è importante.
 
La TV (sistema informativo centralizzato: telegiornali, talk show, programmi di informazione, etc...) ci sta spegnendo e rincoglionendo.
È un lavaggio del cervello quotidiano.
Risultato?
 
Stanno cambiando le scale di importanza.
Stanno inculcandoci cose a cui dare attenzione.
 
Ti dicono che è più importante fregare che essere onesti. Odiare piuttosto che aiutare. Difendersi dai pericoli invece che espandersi. Che bisogna godere del presente anziché creare un futuro migliore.
 
Già ......
Si vive una volta sola......
Goditi la vita......
Fregatene degli altri.....
Tanto non serve a niente.....

Ma il presente è sempre il futuro che abbiamo creato prima. O non creato.
 
E gli altri sono coloro che danno sapore e piacere alla vita. Quando è che stai male? Quando ti sentì solo. Quando è che stai bene? Quando sei con altre persone con cui stai bene.
Nel mio cuore c'è un pizzico di tristezza nel vedere l'uomo combattersi ed ignorarsi. Di qualunque colore della pelle, lingua o religione esso sia.
 
Io stesso ho sperimentato cosa significa essere odiato o respinto per le mie convinzioni religiose. Ma so che è possibile capire gli altri anziché odiarli o averne paura.
C'è questa possibilità. Dura, difficile ma c'è.

Per aspera ad astra!

giovedì 9 giugno 2011

Etica o non etica: questo è il problema

Aggiungi didascalia
La prima volta che ho sentito parlare di etica era al liceo. Studiavo filosofia e mi imbattei in questa parola. Non è un termine consueto. 
Ed è fortemente non compreso e confuso nella testa delle persone.

Cosa è l'etica? Se si da uno sguardo ad un dizionario spesso si trova che l'etica viene definita come una sorta di morale oppure che i 2 termini siano usati come una sorta di sinonimo reciproco.
In realtà etica e morale sono 2 concetti molto ben differenziati. E, per quanto si possano usare spiegazioni erudite e colte sul soggetto, si può semplicemente dire che:
ETICA può essere definita come la ricerca di un insieme di comportamenti e azioni individuali che stabiliscano una differenziazione fra il giusto e lo sbagliato e che conducano l'individuo in un sentiero di sopravvivenza maggiore o di elevazione culturale e spirituale.
MORALE può essere definita come il raggiungimento a tentativi di una serie di regole di gruppo che stabiliscano perentoriamente cosa sia giusto o sbagliato.
La grande differenza fra etica e morale è che la prima è una sorta di sistema individuale che affronta e studia le situazioni di volta in volta, in un percorso che prevede anche una crescita. Mentre la morale è una conquista di un gruppo. Insomma l'etica parte dall'individuo mentre la morale parte dal gruppo.
In genere, quando un individuo smette di essere etico o di usare l'etica nella sua vita, diventa un problema per il resto del gruppo. Le sue pretese di libertà (giuste nei termini essenziali) portano i suoi comportamenti a ledere gli spazi di libertà altrui. 
La frase "Per me questo comportamento è giusto perchè io sono libero" è una giustificazione che induce gli individui a non considerare le altrui libertà o il bene collettivo. L'etica non viene considerata e quindi si diventa oggetto di morale, e se non si rispettano regole e leggi, si diventa dei bersagli della giustizia.
Giustizia che è ciò che il gruppo fa all'individuo quando costui ha smesso di usare l'etica nella sua vita.
Non ti disciplini da solo? Allora io ti punisco oppure ti metto in condizione di non nuocere!

Per secoli si è cercato la fonte dell'etica.
Se per la morale non vi erano grandi problemi, in quanto era fin troppo facile trovare qualcuno che stabilisse per il gruppo cosa fosse giusto o cosa no, trovare la base razionale di una scelta etica era difficile.
Molti filosofi hanno cercato di creare un sistema etico auto-referenziale. Un sistema che non necessitasse di un Dio o di un Essere Superiore che desse senso al tutto.
Molti filosofi hanno sostituito il Dio creatore della Bibbia, con entità panteistiche come la Natura, il pianeta terra, l'Umanità, la Scienza e così via.
Ma non è questo il punto.

La morale ha dei limiti. Non è individuale e quindi la persona la vive sempre come un'imposizione. E ben sappiamo cosa le imposizioni facciano all'Uomo. Vi è sempre la naturale tendenza a violarle.
Così, per dimostrare di essere vivi. Non so. Potremmo parlarne ma così avviene.
Solo una naturale comprensione del perchè qualcosa non debba essere fatto porta ad un comportamento giusto senza imposizioni. E questa è l'etica. Che è, fondamentalmente, COMPRENSIONE.
La morale ha dei limiti. Uno di questi è la mancanza di elasticità. Quando stabilisci che una cosa è sbagliata non riesci a prevedere tutte le eccezioni del caso. E' sempre difficile ingabbiare le situazioni della vita in un elenco prevedibile per cui, a priori, puoi dire: questo è giusto e questo è sbagliato.
Uccidere un uomo è sbagliato. Si, certo. Ma se quest'uomo è un criminale psicopatico che tiene in ostaggio una classe di 20 bambini innocenti e li sta facendo fuori al ritmo di 1 all'ora?
E se non vi sono altri metodi per convincere questo pazzo se non mettere un cecchino e sparargli da un altro palazzo? Uccidere un uomo è sbagliato? Si certo, ma non sempre.
E in base a quale criterio stabiliamo che in questo caso è giusto (o meglio meno sbagliato) uccidere il pazzo assassino? Sul fatto che costui è un pericolo per un numero maggiore di esseri viventi, tra l'altro completamente innnocenti.
Questo è un esempio limite.
Potremmo citarne mille altri. E non basterebbero.

Se guardiamo la scena sociale, la famiglia, la politica, l'economia e quant'altro, ci renderemo conto che questa umanità, questo UOMO del 3 millennio, non ha fondamentali problemi di risorse o tecnologia.
Ha un problema gravissimo di etica.
Le situazioni non etiche stanno aumentando a dismisura. Qualcuno parla di crisi morale o di caduta dei valori morali.
Io parlerei più correttamente di crisi dell'ETICA e di perdita dei valori ETICI.
Di morali ce ne sono sempre più.
Anche un criminale ha la sua personale scala di valori morali: non tradire l'amico (criminale), non tradire il gruppo (criminale), mantenere la parola (criminale), tifare la stessa squadra, etc. Magari aiuta le vecchiette ad attraversare la strada o magari va in Chiesa a pregare e fa le donazioni per Telethon.
Ma, nonostante ciò, attua dei comportamenti palesementi non etici. Al punto tale da essere un pericolo per la società.
Non per entrare in politica, ma qualcuno ha spesso difeso le malefatte del cavaliere-premier Berlusconi, dicendo che le sue scappatelle, il suo usare escort o prostitute (tra cui ragazze minorenni), fosse un fatto privato e che non doveva essere messo in piazza confondendolo con l'operato del Berlusconi politico.
Cioè in privato non conta se ti droghi, se paghi delle puttane per darti il loro corpo o se vivi una vita agli eccessi. Se in pubblico sei bravo, quello non conta.
Per me questa è un'assurdità che dimostra a quale infimo livello di cultura e sentire etico stiamo giungendo.
Ciò che un UOMO fa conta. Sempre. Nessuno può ergersi a giudice di un altro. Siamo noi stessi che ci dobbiamo ergere a giudici di noi stessi.
E' palesemente contrario alla migliore sopravvivenza del gruppo evitare comportamenti scorretti, anche se li fa l'ultimo degli sguatteri (senza offera per gli sguatteri). Figuriamo colui che, in quel momento, è il leader amministrativo e politico di una nazione.
Ma avete un'idea di quale sia la responsabilità di quel compito?
Se non si è in grado di sopportarla con comportamenti virtuosi, che si faccia da parte.
Anche perchè c'è la giustizia ad aspettarlo.

Così etica o non etica? Sicuramente c'è bisogno di maggiore cultura etica.
Ma di questo possiamo parlare una prossima volta.
Per aspera ad astra!

martedì 27 giugno 2006

Rimanere soli

Fulgidi esempi di come si dovrebbe portare avanti la vita, esemplari tenzoni sul come si dovrebbe menare battaglia: chi non li vede tutti i giorni? Andiamo su e torniamo giù. Cuori fatti di pietra rotolano fra le vie piene di colori. Cuori fatti di lercio, putrido letame inondano l’aria con le loro pestilenze. Cuori infarciti di semplice, immensa nullità, saltuaria droga della mente ti saltellano davanti agli occhi. Mesmerizzate le attenzioni.
Ma poi scali il monte o monti sulle scale e guardi, in lontananza, il paesaggio. Prego, sedetevi. Prego, fissate la vostra dimora. Semplice, il mondo è semplice. Ma siamo nati per comunicare, siamo nati per struggerci di malattia. Siamo malati di voglia di comunicare.
Vaga per il tondo circolo attorno al letto. Hai letto ciò che scrivo? O schivo d’ogni virtù, chini il capo? Capisco! Ma se guardo indietro nella mia storia vedo che ho passato molti momenti di tristezza, molti momenti in cui la comunicazione è morta nelle mie viscere.
Torna indietro e fai, di nuovo, l’esperienza dell’episodio. Cos’è questo? Cos’è questa? Vita! Sic et simpliciter.
Ma facciamo finta che ora io m’incazzi sul serio. Facciamo finta che veramente ora cominci ad impiccare qualcuno e portarlo in giro per farlo vedere agli altri. Mi ricordo quando alieno, stralunato essere, mi sedevo sulle rocce delle campagne, dei boschi vicino a casa. Ricordo chi ero, allora: lo stesso di oggi.
Forse abitavo in un Antonello in tutto e per tutto diverso ma io ero io, perché io sono io. Ed io so cosa significa rimanere soli. L’ho provato come l’hanno provato tanti. Ma io, io non dimentico. Ecco.
Tutto farò d’ora in poi nella vita tranne dimenticare. E ricorderò così come ricordo quando, vagabondo di prato in prato, piangevo e cantavo la mia solitudine. Ne ho viste cose, umani, che non potreste neanche immaginare. Ma ora sono qui e queste persone attorno a me mi lasciano solo ed io solo rimango, perché mi ricordo cosa scrissi, cosa scrivevo. Non è un problema.
Comunicare è semplicemente comunicare, non significa per niente avere tante pietre vicino che non rispondono, che semplicemente nella vita rotolano, semplicemente. Ma una cosa cambia, una cosa cambia.
Io non sono più effetto della mia solitudine, del rimanere solo. Io sono causa su questo ed io me prendo responsabilità. In questo momento il pensiero va a chi mi sta regalando molteplice sofferenza, va proprio a loro. So che prima o poi vedrò il loro cadavere passare ma veramente non intendo vivere in solitudine solo per aspettare loro.
Au revoir, mes amis, alla prossima vita.
Per aspera ad astra.

lunedì 5 giugno 2006

Io sono la persona più importante del mondo: ESSERE I PIU’ GRANDI!

3-terza parte

ESSERE I PIU’ GRANDI
Ed è stata una lotta. In ogni campo ho dovuto sudare per portarmi ad alti livelli. Ma ecco il segreto. Sono migliorato, sono giunto a migliorarmi. Ed è questo che conta. Perché se si migliora davvero, allora le nostre azioni saranno migliori e più produttive di sopravvivenza per noi, per chi ci sta attorno e per tutti gli altri.

Così quel punto di vista, quello di “essere il più grande”, mi ha aiutato, mi ha sospinto e, spesso, mi ha tirato fuori da brutte condizioni. Quel principio è un idea assolutamente pro-sopravvivenza.

Conosco le opinioni di questa o quell’altra dottrina riguardo a ciò. Che è un principio pericoloso, che porta a schiacciare gli altri o a diventare egocentrici ed egoisti, che sviluppa tendenze anti-sociali. Conosco la morale cattolica che parla dell’umiltà, del ritrarsi, della rinuncia come delle più grandi virtù esistenti. Parla sempre di punire le presunzioni, il cercare di migliorarsi, parla degli “ultimi che saranno i primi”. Forse gli ultimi possono essere i primi ma solo se vivono e lottano per cercare di migliorarsi.

Ed essere primi, all’interno dell’umanità, comporta solo il diritto di essere più responsabili per se e per gli altri. Il comando da solo il diritto di servire gli altri. Chiedetevi quale sia l’etimologia della parola ministro per avere un’idea della cosa.

Se tutti vogliono essere gli ultimi o se vogliono accontentarsi della stasi ci sarà, è vero un livellamento ed un aumento dell’uguaglianza fra gli uomini. E cercare di ridurre le ingiustizie e le disparità delle condizioni è quantomai giusto e corretto. Ma il livellamento si deve cercare verso l’alto e non verso il basso. Bisogna portare le persone più in basso al livello delle persone più in alto, non il contrario, non le persone più in alto al livello delle persone più in basso. E neppure bisogna livellare i due gruppi in una zona intermedia. Perché?

Perché, se si può tirare su tutti?

E questo lo si può fare solo se ognuno vive con l’idea che le sorti del destino del pianeta e dell’umanità dipendono da lui e dalle sue azioni. Perché è la realtà. Le cose non capitano. Ci sono degli uomini che le fanno capitare. Quando ho vissuto con l’idea di essere la persona più importante stavo bene, e malgrado le difficoltà, ero fondamentalmente sereno.

Ero forte della mia convinzione. Poi per strada ho un po’ accantonato quest’idea. Ora sono migliore sotto molti aspetti rispetto al passato ma mi sono sentito meno sereno. Mi sono sentito meno bene. Non riuscivo a capire.

In questi giorni l’ho capito. La mia poca serenità degli ultimi mesi era dovuta al fatto che non mi sentivo più come la persona più importante di questo mondo, come l’essere più grande del pianeta Terra. E sono stato male.

Forse non sarò quel genere di individuo ma vivere senza quel punto di vista mi ha creato problemi e ha diminuito la mia capacità di creare azioni pro-sopravvivenza per me, per i miei congiunti e per tutti gli altri. Forse non sarò quel genere di individuo ma vivere con quel punto di vista mi aiuterà a migliorami e ad agire.

Perché io sono l’uomo più importante di tutta l’umanità. Come ogni altro essere umano esista.

sabato 3 giugno 2006

Io sono la persona più importante del mondo: ESSERE I PIU’ GRANDI!

2-Seconda PARTE
ESSERE I PIU’ GRANDI!
La caratteristica da osservare per riconoscere chi si pretende importante solo per schiacciare gli altri, è la sua propensione all’azione. Perché chi cerca di essere veramente il più grande e il più importante per l’umanità, lo fa consapevole che la cosa deve essere messa in atto, tramutata in azione.

Chi vuole essere il più grande sa che deve fare grandi cose per ottenere quel riconoscimento, e sa che il suo essere più grande serve per far sopravvivere meglio tutti. Egli tenderà ad agire per raggiungere quello status e per mantenerlo. Non sarà solo un’asserzione e una pretesa.
Sarà una conquista.

Ma il cercare di essere il più grande significa essere migliori e significa migliorarsi. È una spinta verso il miglioramento. Ecco dove risiede la sua correttezza fondamentale, il suo positivo legame con la sopravvivenza. Chi cerca di essere il più grande non si dispiace se qualcuno cerca di essere più grande di lui perché ciò sarà solo un maggiore impulso a migliorarsi ancora. E alla fine della corsa tutti saranno migliori.

Vivere la vita come se si fosse gli ultimi anelli di una catena è dannoso per se e dannoso per gli altri. Essere umili, pensare di non valere niente, di non avere abilità è dannoso, è sbagliato, è assolutamente contro-sopravvivenza.

Forse si potrà non essere i migliori, si potrà non essere particolarmente abili o intelligenti. Non è questo il punto. Discutiamo del punto di vista con cui affrontare le cose. E le abilità possono essere migliorate. E l’intelligenza può essere aumentata. Per fortuna.

Io ho vissuto la maggior parte della mia vita pensando di essere l’essere più importante del pianeta Terra. Vivevo come se il mondo mi aspettasse, aspettasse le mie azioni, il mio aiuto. Sentivo dentro di me la responsabilità di innalzarmi a quell’altezza, di essere meritevole di quel titolo. Per questo motivo vivevo ogni giorno cercando di saperne di più, cercando di essere migliore. Vedevo che spesso non lo ero. Ma questo era un nuovo impulso a migliorarmi.

Non sono mai stato il più abile nei campi di cui mi sono occupato. Anzi, quasi sempre, ero secondo o terzo a qualcun altro. Operavo in molti campi e aspetti della vita. Vedevo e conoscevo tante persone. Tutte molto più abili di me. In quello specifico campo. Ma solo in quello. Così cercavo di diventare il migliore. Ma perché?

Perché io ero la persona più importante nel mondo. Non la migliore. Solo la più importante. Avevo grandi cose da fare. E pensavo che se non le avessi fatte io, non le avrebbe fatte nessuno. Per questo motivo dovevo portare la mia abilità al livello della mia importanza.
continua…..
FINE SECONDA PARTE

Io sono la persona più importante del mondo: ESSERE I PIU’ GRANDI!

Post sull’argomento della presunzione e dell’umiltà.
E’ un pò lungo, così ho deciso di spezzarlo in più inserimenti.
Eccolo. Titolo:
ESSERE I PIU’ GRANDI!
Essere i più grandi: quanta importanza può avere rincorrere quella che può essere solo una chimera? Ma facciamo gli scienziati e non facciamo i filosofi. Anche se avrai dei dubbi su questa divisione. Ma facciamo il nostro compitino.

Ho esaminato le prospettive del condurre la vita guidata ora da un principio, ora dal principio avverso. Vite umili e vite presuntuose che si scontrano e rivendicano il primato sull’avversario. L’uomo è sospinto da un impulso interno che lo sovrasta, lo penetra e ne fuoriesce in ogni sua azione o pensiero. L’uomo è guidato dal principio della sopravvivenza. Ciò che facilita questo impulso è buono, è saggio, è vincente, è etico.

Possiamo quindi stare qua giorni e giorni a discutere se vivere la vita da “presuntuosi” sia o meno lecito e corretto. Potremmo tirare in ballo questa o quella morale; questo o quel ragionamento. Ma la prova la fornisce quel campo di battaglia chiamato vita.
Ma cosa significa essere presuntuosi? E cosa significa essere umili? Probabilmente tutto questo ragionare ha le sue radici nel paese in cui io sto vivendo, paese da millenni sotto l’influenza della religione cristiana e cattolica. Forse da altre parti un simile questionare sarebbe superfluo.

Presuntuoso dovrebbe essere colui che cerca di spingersi sempre oltre, guidato dall’idea che egli sia la persona più importante del pianeta terra. Ma non più importante solo teoricamente ma più importante riguardo la sopravvivenza dei suoi simili. È scontato che ogni essere sia il più importante per se stesso. Senza di se cosa mai potrebbe fare? Nemmeno un minimo ragionamento. Non esisterebbe nemmeno!

A volte si può decidere di vivere con la consapevolezza che le nostre azioni sono importanti per gli altri. Non tanto se stessi in quanto tali. Questa è importanza di se e non è qualcosa di buono. È fine a se stessa. Dire che si è importanti, che si è superiori agli altri in modo da porsi sopra un gradino solo per osservare la testa altrui non è la stessa cosa e non è per niente positivo. Non è, tra l’altro, mai opera di persone particolarmente intelligenti e abili. In genere chi fa ciò è estremamente debole e fa ciò solo per paura degli altri.
continua…..
FINE PRIMA PARTE

sabato 27 maggio 2006

Il mito delle Traiettorie: come spiegano la nostra vita!

Quand’ero ragazzo ho spesso riflettuto sul concetto di destino.
Esiste? Ce lo creiamo noi? E’ tutto deciso? Siamo padroni della nostra vita o burattini?
Domande interessanti…..
La cosa mi pareva intrecciata con la prevedibilità.
Quanto era facile capire dove sarebbe andata la mia vita? Ed io?
Originalità, prevedibilità, omologazione, gruppo, individuo……
Ecco il mito delle traiettorie:
1) Noi siamo uomini e non cose. Non necessariamente dobbiamo seguire delle leggi. Non la nostra volontà. Non necessariamente ma per accordo collettivo è quello che per la maggior parte del tempo facciamo.
2) Le cose seguono le leggi della fisica. Gli uomini le leggi dello spirito. Spirito e universo materiale sono governati da leggi in contrasto a 180°.
3) Vivendo nella materialità, essa ci conquista seppure mai totalmente. Così più ci avviciniamo alla materialità, più ci immergiamo in essa, più la eleggiamo come scopo della nostra vita e più seguiamo le sue leggi.
4) Così le nostra decisioni diventano TRAIETTORIE. Diventiamo come proiettili. Veniamo sparati da qualche parte e percorriamo parabole. Diverse, si! Ma solo perchè cambia il vento, la gravità, il peso della pallottola, la forza dello sparo. Non siamo più uomini, siamo cose, siamo proiettili.
5) E basta guardare un uomo. Basta poco per capire quale sia la sua traiettoria. Tutto prevedibile, con pochi margini di errore.
6) Nessuna previsione del futuro, nessun destino. Solo un pò di acume nell’osservare le traiettorie.
Ma l’uomo non è materia. La sua essenza è spirituale ed egli può deviare, se vuole dalle traiettorie. Come si fa?
Si va in disaccordo con gli accordi del mondo!
Niente di più semplice. Anche perchè è solo un passo da fare dentro di noi. Non si esterna con chissà quale fuoco d’artificio.
Cambio di punto di vista.
E la traiettoria muore.
Per aspera ad astra.
E non abbiate traiettorie ma solo mete.

mercoledì 19 aprile 2006

Riflessione sul dolore e sull’amicizia

Trovo su Internet (www.magnaromagna.it) questa storia.
Mi è sembrata molto bella e degna di essere pubblicata.

“Due uomini, entrambi molto malati, occupavano la stessa stanza d’ospedale.
A uno dei due uomini era permesso mettersi seduto sul letto per un’ora ogni pomeriggio per aiutare il drenaggio dei fluidi dal suo corpo.
Il suo letto era vicino all’unica finestra della stanza.
L’altro uomo doveva restare sempre sdraiato.
Infine i due uomini fecero conoscenza e cominciarono a parlare per ore.

Parlarono delle loro mogli e delle loro famiglie, delle loro case, del loro lavoro, del loro servizio militare e dei viaggi che avevano fatto.
Ogni pomeriggio l’uomo che stava nel letto vicino alla finestra poteva sedersi e passava il tempo raccontando al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori dalla finestra.

L’uomo nell’altro letto cominciò a vivere per quelle singole ore nelle quali il suo mondo era reso più bello e più vivo da tutte le cose e i colori del mondo esterno.
La finestra dava su un parco con un delizioso laghetto. Le anatre e i cigni giocavano nell’acqua mentre i bambini facevano navigare le loro barche giocattolo. Giovani innamorati camminavano abbracciati tra fiori di ogni colore e c’era una bella vista della città in lontananza.
Mentre l’uomo vicino alla finestra descriveva tutto ciò nei minimi dettagli, l’uomo dall’altra parte della stanza chiudeva gli occhi e immaginava la scena.
In un caldo pomeriggio l’uomo della finestra descrisse una parata che stava passando.

Sebbene l’altro uomo non potesse sentire la banda, poteva vederla. Con gli occhi della sua mente così come l’uomo dalla finestra gliela descriveva.
Passarono i giorni e le settimane. Un mattino l’infermiera del turno di giorno portò loro l’acqua per il bagno e trovò il corpo senza vita dell’uomo vicino alla finestra, morto pacificamente nel sonno. L’infermiera diventò molto triste e chiamò gli inservienti per portare via il corpo.
Non appena gli sembrò appropriato, l’altro uomo chiese se poteva spostarsi nel letto vicino alla finestra. L’infermiera fu felice di fare il cambio, e dopo essersi assicurata che stesse bene, lo lasciò solo.

Lentamente, dolorosamente, l’uomo si sollevò su un gomito per vedere per la prima volta il mondo esterno. Si sforzò e si voltò lentamente per guardare fuori dalla finestra vicina al letto.
Essa si affacciava su un muro bianco.
L’uomo chiese all’infermiera che cosa poteva avere spinto il suo amico morto a descrivere delle così così meravigliose al di fuori da quella finestra.
L’infermiera rispose che l’uomo era cieco e non poteva nemmeno vedere il muro.
Forse, voleva farle coraggio disse.

Epilogo:
vi è una tremenda felicità nel rendere felici gli altri, anche a dispetto della nostra situazione.
Un dolore diviso è dimezzato, ma la felicità divisa è raddoppiata.
Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi che il denaro non può comprare.
L’oggi è un dono, è per questo motivo che si chiama presente.”
E come sempre,
per aspera ad astra!

venerdì 24 febbraio 2006

Cambiare punto di vista: cosa significa ciò?

Punto di vista. E’ una frase idiomatica che usiamo spesso, forse troppo spesso. Diventa automatica, come tutte le cose ripetute senza più porvi la giusta attenzione.
Cambiare punto di vista significa semplicemente cambiare la collocazione spaziale dal quale si osserva la scena.
Spesso, nel linguaggio comune, si confondono i punti di vista con le tue opinioni. E, peggio ancora, con i fatti.
Opinioni, fatti, punti vista. Tutto è confuso e il risultato è confusione individuale e nessuna comprensione fra chi parla e chi ascolta.
Punto di vista: luogo dal quale si osserva.
Opinione: ciò che pensiamo riguardo a qualcosa in base a ciò che abbiamo osservato in passato attinente o somigliante a quel qualcosa.
Fatto: ciò che in realtà è successo.

Un punto di vista è solo un luogo effettico o figurativo da cui si osserva l’esistenza o noi stessi. Una persona che non ha figli non potrà mai osservare il rapporto genitori-figli da quel punto di vista. Potrà avere ed esprimere delle opinioni derivante dalle sue esperienze dirette ed indirette ma non avere quel punto di vista.
Così cambiare punto di vista diventa più importante dell’avere opinioni, perchè il mondo può essere compreso solo se ci si sposta. E se ci si sposta, non necessariemente si deve cambiare opinione su qualcosa.
Quando ero piccolo pensavo che un figlio non fosse MAI di proprietà di un genitore. Un figlio non è una COSA che si possiede. Ne lui nè la sua vita. E’ la mia opinione a riguardo.
Quando ero un figlio pensavo ciò e osservavo il mondo dal mio ruolo di figlio.
Ora sono padre ed ho la stessa opinione di prima: mio figlio non è una mia proprietà. Ma ho il punto di vista di un padre.
E tutto mi è più chiaro.
E tutto è un gioco delle parti, in cui si indossano ruoli e si assolvono mansioni.
Cambiare punto di vista: cosa significa ciò?
Significa che non basta aver capito le cose del mondo.

Occorre avere la capacità di non ARRUGGINIRE nel proprio punto di vista. Se non ci si sposta, alla fine possiamo cadere nell’illusione di aver capito tutto.
E’ come fare sempre la stessa strada per andare al lavoro. Alla fine non percepiamo quasi più niente da quella strada. Forse è la più breve e la più scorrevole. Ma quanta noia.
Cambiare strada, vedere le cose da nuovi punti di vista.
Senza necessariemente cambiare opinione, senza necessariamente avere sempre la stessa opinione.
Per aspera ad astra!