lunedì 2 luglio 2007

Sentirsi padri…………

Mi sento padre, non mi sono mai sentito figlio.
Qualcuno mi ha detto “Figlio di…….”
Qualcuno lo ha pensato.
Mi hanno detto “bravo figliolo!”. Mi hanno detto “Piseddu malu!” che per l’ausonica gente (popoli della penisola italica) traduco in “Cattivo Ragazzo”.
Tante cose sul fatto di essere figlio.
Poveri genitori, quanto sono stritolati da questo mondo a rovescio.
Non è perchè ora io sia un genitore che difendo la categoria.
Le categoria lasciamole ai sindacati. Loro sono bravi a dimenticarsi delle persone e vedere solo categorie.
Ma io guardo queste persone che ricoprono il ruolo di genitori e provo un incredibile affetto misto a pietà.

Sembrano bestie da macello. Pronte ad essere divorate dalla macchina dello scontro generazionale.
Ma i vincitori non sono i figli. Prova ne è che quei figli che sembrano, a prima vista, vincitori saranno dei genitori ancor più maltrattati e bistrattati. Saranno ancor più carne da macello.
Quando ero figlio non avevo l’attenzione sul fatto di fare il bravo figlio.
Pensavo a quello che dovevo fare per diventare un bravo UOMO e, un giorno, un bravo padre.
Mentre crescevo prendevo appunti. Cercavo di capire cosa fosse giusto e cosa sbagliato nell’essere padre.
Preoccuparsi per un figlio di essere un bravo figlio sarebbe come chiedere ad un panchinaro di una squadra di calcio di preoccuparsi di essere un bravo panchinaro.
Che senso ha?
Quello che importa è quello di essere pronti per entrare in campo ed essere dei bravi giocatori.
 
Ma ora mi sento padre.
E guardo mio figlio crescere. E ogni giorno provo un tuffo al cuore.
Una gioia indescrivibile che non riesco nemmeno a riportare su carta o su parole.
Trovo le parole e le metafore per parlare di tutto, ma la gioia, questa sensazione di pienezza sul fatto che contribuisco a far diventare un bambino un uomo non riesco a renderla.
Mio figlio è lì, sempre più grande.
Oggi mi ha detto: “lo sai papà che io ormai sono un uomo!”. E io gli ho detto “certo, sei un uomo, piccolo ma sempre un uomo.”
Non è importante che mio figlio abbia solo 3 anni. Non è importante.
Non è importante se è un bravo figlio o meno.
Sono io un buon padre? Questo è importante.
Ma di sicuro sono un padre felice.
Di una felicità che risplende di una luce che nessuna schiavitù o nessun dio denaro potrà porre in disparte.
Per aspera ad astra!

sabato 30 giugno 2007

Che tristezza mi fa! CHI? Wikipedia. 3a parte.

Ed ecco così che arriviamo al punto del discorso.
Wikipedia ha confuso la verità con l’esposizione delle opinioni.
I wikipedisti hanno confuso la verità con l’esposizione delle opinioni.
Hanno generato talmente tanta confusione che sono caduti nel supremo errore del giornalismo moderno, quello che ha trasformato la moderna INFORMAZIONE in un gioco al massacro di chi cade, suo malgrado, nella tela di radio, TV o giornali.
L’IMPARZIALITA’!!!!!
Chi è imparziale? Cioè chi non prende parte ad uno scontro, ad una diatriba?

Ma ancora di più, quando bisogna essere imparziali?
Riuscite a vedere il tranello logico delle cose?
L’imparzialità è la bestia che occorre cavalcare quando parliamo di opinioni, di emozioni, di punti di vista, di asserzioni.
Quando non c’è la verità, occorre essere imparziali.
Si dice che i giudici debbano essere imparziali.
Secondo me la cosa non ha senso.
Un giudice deve solo stabilire le responsabilità. Lo fa basandosi sullo studio delle causa e degli effetti.

Un giudice non deve essere imparziale: deve cercare la verità.
Tant’è che un giudice potrà essere imparziale solo in una fase di apprendimento di come i fatti si sono svolti. Quando la verità non è ancora comparsa, ALLORA l’imparzialità domina. E deve dominare.
Ma si vede chiaro come il sole che non appena la verità appare, l’imparzialità cessa di essere necessaria e diventa, anzi, un nemico della verità. Perchè non sostenendo la verità, non prendendosi la COMPLETA responsabilità di quella verità, si diventa nemici della verità e complici della falsità.
Una posizione, dinnanzi alla verità, va presa. Dove sta quindi a quel punto l’imparzialità.
Ma tutto questo discorso cade quando si parla di conoscenza.
Dinnanzi alla conoscenza non si può essere imparziali. Se quella è verità, bisogna affermare la verità.
E qui veniamo a Wikipedia, infine.
SU moltissime voci, Wikipedia rimane, cerca di rimanere imparziale.

Dice questo e poi dice quello e poi dice quell’altro.
Molte cose diverse e una contro l’altra.
Appare evidente che Wikipedia non parla di verità, di cose vere.
PARLA SEMPRE E SOLO DI PUNTI DI VISTA E DI OPINIONI.
E, tra l’altro, di opinioni di una sola parte.
I wikipedisti hanno una filosofia di fondo. Leggendo le voci si vede. Si capisce il loro orientamento politico e filosofico. Si vede quale orientamento hanno nei riguardo dell’uomo, della civiltà, del progresso, della globalizzazione.
E VA ANCHE BENE!
OPINIONI!
Ma allora perchè i wikipedisti non scrivono un giornale, un magazine, una testata giornalistica, un pamphlet filosofico?
Perchè si propongono come un’enciclopedia libera? Libera da che?
Lo dico perchè per molti internauti Wikipedia è diventata un punto di riferimento. Vuoi sapere qualcosa? Leggi la rispettiva voce di Wikipedia.

Questo mi spaventa.
Questo mi spaventa.
Questo mi spaventa.
Isaac Asimov in uno dei suoi leggendari libri di fantascienza, parlava di un futuro decadente dell’uomo in cui la civiltà umana, dopo aver scoperto tutto, cominciava a regredire perchè i suoi scienziati smettavano di studiare l’universo e le cose DIRETTAMENTE.
I ricercatori e gli scienziati prendevano i lavori vecchi di secoli e analizzando e riassemblando quelle ricerche, esponevano nuovi fatti.
Non andavano più sul terreno ma studiavano il mondo studiando gli studi di altri che avevano studiato il mondo attraverso studi di altri.

Così un errore di logica, un percorso di ricerca sbagliato di secoli prima viene continuamente peggiorato con il passare del tempo.
Diciamo………. quello che succede oggi nelle materie umanistiche.
Dati falsi del XIX secolo vengono ingigantiti dalla moderna ricerca.
E le malattie non si curano, e gli uomini sono sempre più infelici.
NON voglio attaccare Wikipedia.
Viva la conoscenza libera. Viva la partecipazione di tutti alla conoscenza.
W i blog, suprema forma di democrazia intellettuale.
Ma stiamo attenti alle trappole.
Wikipedia non è la nuova bibbia.
E’ scritta da uomini che espongono opinioni, non fatti. E li chiamano fatti solo perchè lo hanno letto in qualche altro sito di internet.
Troppi redattori di wikipedia usano il copia incolla. Ma non conoscono veramente se quello che hanno incollato sia vero o no.
E non importa se mille siti lo hanno affermato.
Come diceva qualcuno: NON E’ VERO CHE SE RIPETIAMO UNA BUGIA MILLE VOLTE ESSA DIVENTA UNA VERITA’!
Una bugia è una bugia.
E la storia insegna che quasi sempre è stata una minoranza, a volte un solo uomo a dire la verità ed esporla al resto dell’umanità.
O abbiamo, come al solito, la memoria corta?
Per aspera ad astra!

Che tristezza mi fa! CHI? Wikipedia. 2a parte.

La conoscenza non è qualcosa che ha a che fare con la democrazia cioè con l’opinione di tutti.
Anzi. Specifichiamo. La conoscenza non ha per niente a che fare con le opinioni.
Come al solito, sono le parole che ci fregano.

SONO SEMPRE LE PAROLE, I LORO SIGNIFICATI DISTORTI O INCOMPLETI che mandano le cose fuori strada.
Opinione? Un’opinione è un pensiero che qualcuno fa riguardo a qualcosa. Può essere come egli vede una situazione; può essere l’esposizione delle sue emozioni a riguardo di qualcosa. Ma un’opinione non è una verità. Ci si avvicina o, meglio, ci si può avvicinare. A che? Alla verità!

Dico e sostengo qualcosa che si approssima a come le cose stanno.
Opinione. A volte un’opinione è solo la nostra sfumatura personale sui fatti.
VERITA’? Già……. I pensatori di ogni tempo si sono distrutti cercando di trovare una buona definizione a questa parola, a esaminarne il concetto fino in fondo.
C’è chi è giunto a negare l’esistenza di ogni cosa relegando tutto sotto l’etichetta di “illusione”. Può darsi… Ma in questa illusione ci viviamo e questa “illusione” spesso ci colpisce e ci mette alle corde. Mi sembra quindi veramente superfluo proseguire su quella via.
 
VERITA’? Diciamo che la defnizione più operativa che possiamo usare è: ciò che effettivamente c’è. La verità è ciò che effettivamente accade. Prima delle percezioni e prima delle opinioni.
Su una cosa non ci possiamo ingannare: la verità viene logicamente prima di ogni cosa. Una qualsiasi bugia o alterazione o opinione viene dopo qualcosa che è effettivamente successo: quella è la verità.
Ciò che accade prima delle bugie.
In questi anni la nostra decadente civiltà occidentale ha imboccato la strada delle democrazie.
Pessima idea. Pessimo sistema politico. Ma, come dicevano anche i greci, unico sistema che riesce a funzionare.
Perchè?

Perchè la democrazia si basa sul concetto che ciò che va bene è il punto di incontro, la mediazione di tutte le esigenze e i punti di vista di un gruppo.
Scelta democratica? Quella che accontenta più persone di quelle che rende scontente. Facile, no!
Ma questo discorso, in un modo o nell’altro regge, quando si tratta di aspirazioni, opinioni ed esigenze.
Non esiste un’aspirazione che è vera o una aspirazione che è falsa.
Non esiste un’opinione che è vera o un’opinione che è falsa.
Le opinioni, i sogni, i punti di vista possono essere più o meno funzionali, ordinati, di sopravvivenza ma non c’entrano con la verità.
Esistono e quindi sono veri.
 
Se un mio amico mi dice che non gli piace mangiare la frutta perchè causa il cancro, quell’opinione non può essere falsa. Non è neppure vera. E’ un opinione. Ha un certo grado di relazione con la verità. Ma non può entrare in quella griglia di esame logico.
Forse quell’opinione porta a delle conseguenze disastrose…. Ma perchè?
PERCHE’ QUELL’OPINIONE E’ BASATA SU UNA BUGIA!
Non è l’opinione a essere non-vera. L’ha espressa un mio amico. L’ha detta e pensata veramente. Quell’opinione esiste. Capite la differenza?
E’ la base di partenza dell’opinione a essere falsa (per ora facciamo un esempio: magari è davvero così!).
Ci vediamo nella terza parte di questo lungo post su wikipedia.
Per aspera ad astra!

martedì 19 giugno 2007

Che tristezza mi fa! CHI? Wikipedia. 1a parte.

Finalmente, ho deciso.
Volevo scrivere questo post da un sacco di tempo.
Ma il tempo era poco e l’argomento lungo. Ma più che lungo, delicato.

Delicato perchè, come al solito, devo andare contro-corrente.
E in genere vado contro-corrente delle persone che vanno contro-corrente.
Così non sono nè con la maggioranza e nè con la minoranza.
Wikipedia…… Ormai molti sanno cos’è. Su internet penso quasi tutti. Chi tiene i blog, tutti.

Wikipedia è un’enciclopedia on line gestita da una comunità e potenzialmente aperta a tutti. Nel senso che chiunque può proporsi per creare una voce, per integrarla o correggerla.
Ci sono alcune regole ma il concetto è questo.
Wikipedia è osannata da tanti. Da chi vede in questo modo di fare cultura, sapienza e informazione il futuro della conoscenza. Non di proprietà di nessuna ma libera. Libera da influenze e da lobby.

Ho conosciuto Wikipedia anni fa. Non era molto conosciuta. Non ne avevo sentito parlare nei media tradizionali.
Mi incuriosii. In effetti fui preso da gran entusiasmo perchè l’idea sembrava geniale. Conoscenza libera dalle lobby di informazione.
Partecipai alla costruzione di qualche voce e fu lì che cominciai a vedere che qualcosa non funzionava.
Wikipedia mi fa molta tristezza.
Ma non tanto lei. Alla fine è una creatura come tante ce ne sono nella rete. Belle o brutte hanno diritto alla loro esistenza.
Mi fanno un pò di tristezza le persone che si sono illuse di questa creazione.
E ho un pò paura per i pareri troppo entusiastici per questa nuova forma di sapere.
Non ho molto potere. Non potrò condurre alcun tipo di campagna screditante su Wikipedia per far aprire gli occhi agli internauti.
Giusto qualche post qui e li.
 
Wikipedia è FONDATA su una menzogna: che unendo centinaia di ignoranti e mettendo insieme le loro conoscenze si possa creare una verità.
E parlo di ignoranti e non di stupidi o altro.
Ignoranti viene da i-gnorare cioè “non conoscere”.
Wikipedia ha un altro assioma di base: che l’opinione della maggioranza sia più vera dell’opinione della minoranza.
 
Così se una voce viene continuamente ritoccata e corretta, l’ultima versione, quella che alla fine raggiunge un certo equilibrio, sarà quella vera.
Ma così non è. E la storia dell’uomo ha sempre dimostrato che quasi sempre l’opinione collettiva non è nè la verità nè la cosa migliore. E’ semplicemente la media dei punti di vista e degli interessi del gruppo.
E se politicamente è corretto dare la preferenza alle opinioni della maggioranza (d’altronde la democrazia, l’attuale sistema politico più in voga in questi ultimi cento anni, è la ricerca del consenso della maggior parte delle persone) lo stesso discorso non si può fare per l’esposizione di verità o fatti.
 
Ho esaminato alcune voci di Wikipedia. Ho preso proprio quelle di cui avevo una personale esperienza e che mi permettevano di controllarne la veridicità.
Ho letto delle cose astruse e sbagliate. Verosimili ma sbagliate. E la verosimiglianza è spesso peggio di una bugia evidente. Perchè è più difficile da scoprire e causa maggiori danni.
Il post si è fatto troppo lungo.
Proseguirò in un altro momento.

lunedì 18 giugno 2007

Aforisma: velocità!

Velocità delle azioni e delle comunicazioni, questo è il segreto assoluto della vita e del lavoro. 

Non fare le cose giuste ma fare le cose alla giusta velocità. 
Si possono anche fare le cose giuste ma se non le si fa alla corretta velocità, esse diventano sbagliate. 
E poi si impazzirà a capire perché si sbaglia facendo le cose giuste. 

Soluzione: non si sono fatte le cose giuste alla giusta velocità. 
Per aspera ad astra!

venerdì 15 giugno 2007

1984

Il 1984 è giunto e velocemente come è giunto è andato via.
Mi ricordo il 1984. Avevo solo 12 anni. E c’era un mondo che ora non c’è più.
Ma non è la solita solfa la mia.
Non è una malinconia per gli anni andati. Una malinconia sui MIEI anni andati.
A volte anche questa cosa c’è ma fa parte della vita. Ne ha sempre fatto parte e sempre ne farà.
No, parlo del 1984.
Sono cresciuto in un piccolo paese della Sardegna. Un paesino in cui nel 1984 i bambini (tutti) uscivano a giocare dal primo pomeriggio e tornavano di sera. In cui si andava nei boschi o si giocava a pallone nelle strade.
Qualcuno urlava: “MACCHINA!” e ci spostavamo, rimettendo a posto le piccole pietre che rappresentavano le porte se le auto le spostavano con le ruote.
Ma non sapevo che il 1984 era una previsione e non solo un anno.
Orwell, George Orwell lo predisse. Lo chiamò 1984. E diede un profumo, un’intuizione, un concetto per individuarlo.
Gli diede un nome e una forma.
Non avremmo mai potuto mancarlo.
Ma, al solito, qualcuno si fermò all’apparenza. Credete che questo sia un difetto dei nostri tempi? Parrebbe di no!!!!!!!!!
Si, apparenza. Così nel 1984 le persone guardarono quel mondo e non lo videro uguale al 1984 che Orwell predisse temendolo.
Dissero Orwell si è sbagliato. Il 1984 non si è realizzato ma è stato un semplice anno.
Ora mi guardo indietro a 23 anni di distanza.
E lo vedo benissimo.
Sarà una coincidenza ma sono proprio quegli gli anni in cui il mondo ha preso la piega che il 1984 letterario paventava.
E ora ci siamo in mezzo.
Usiamo i nomi del romanzo e neanche ce ne accorgiamo.
L’altro giorno parlavo con una ragazza di 22 anni. Molto intelligente e molto sensibile. Gli ho chiesto: “tu sai perchè il reality ‘grande fratello’ si chiama così?”. Ovviamente non lo sapeva.
E se non lo sapeva lei che è una ragazza colta e preparata figuriamoci……….
La cultura non è fine a se stessa. Non è erudizione.
Al giorno d’oggi è un crimine non aver letto “1984″ di G. Orwell.
Quell’incubo teorizzato negli anni ‘30 si è realizzato.
Non nelle forme ingenue e tremendamente dirette predette dallo scrittore inglese. Ma si è realizzato nelle forme più subdole e meschine.
Si è realizzato con un triplo inganno alle persone.
Tutto oggi è una finzione che maschera la verità.
La realtà è nascosta da finzioni spacciate per verità.
Tutto bello, tutto perfetto.
Democrazia, libertà e tolleranza.
Le parole imbiancano la scena.
Ma la sostanza porta da altre parti.
Nel mio paesino i bambini oggi crescono come se fossero in una grande città.
Non vanno nelle strade perchè diseducativo, non vanno nei boschi perchè pericoloso, vestono tutti di marca perchè bisogna conformarsi, guardano Dvd e hanno videogiochi interattivi.
Tutto politicamente corretto.
Anche i cartoni animati. Che parlano di un mondo alla mulino bianco.
Che gronda sangue.
Così ai bambini dell’asilo che si fanno male si racconta che il sangue è solo succo di pomodoro.
Che bravi che siamo!
Eccoli infatti questi splendidi bambini cresciuti con le moderne tecniche psicologiche di insegnamento.
Eccoli nelle scuole superiori dove più della metà dei ragazzi usano sostanze stupefacenti.
Ma drogarsi è libertà, è politicamente corretto. E’ tolleranza verso i diritti del singolo.
Tanto i diritti del singolo si usano solo quando uno si deve autodistruggere.
Ma questo lo scriviamo in un altro post.
Per ora pensate con la vostra testa.
E leggete “1984″.
E scoprite in che 1984 siamo andati a finire.
Bello il mio 1984.
Che nostalgia.
Per aspera ad astra!

mercoledì 13 giugno 2007

Animus Pugnandi

Animus Pugnandi. Che è?
Lo spirito di battersi.

Spesso si usa la parola “combattere”. Combattere significa “battersi contro qualcuno o qualcosa”: da cum+battere. Combattere è diventata una brutta parola. Spesso è associata alla guerra o alla violenza.
Il tutto è una semplificazione della parola. Anzi no. Solo una visione superficiale della cosa. Una visione ristretta e leggermente arida.
Animus Pugnandi.
Lo spirito di battersi!
Battersi? Che è battersi?
Solo vivere.
Vivere è la spinta a perpetuarsi in esistenza, migliorando le nostre condizioni e raggiungendo le nostre mete.
Non è battersi questo? Vivere è tenere per qualcosa, metteci dentro impegno, abilità, ricevere colpi e rovesciamenti di sorte, vincere le battaglie.
Gli sportivi non combattono. Si battono.
Hanno un certo onore. Hanno le loro regole.
Per questo lo sport è amato dagli uomini.
Lo sport è la simulazione della vita.
Ma ora è diventato anche quello che la vita dovrebbe essere ma che, con tutti i dati falsi che ci hanno infilato, ormai non è più.
Così la parola d’ordine diventa “politicamente corretto”. Tutto deve essere politicamente corretto.
Giusto!
Ma a volte non comprendo veramente cosa si intenda con questa parola. E quindi diffido. Perchè troppe cose diverse vengono qui dentro incluse. E molte di esse non mi piacciono.
Soprattutto quando il politicamente corretto toglie “l’animus pugnandi” dalla scena. E lo mette in ridicolo.
Lo spirito di battersi è lo spirito di vivere.

La vita è fatta di dedizione, di sacrificio, di impegno, di abilità e di battaglie. Vinte e perse.
Non è detto che la violenza fisica vi sia inclusa. Ma non dobbiamo fare i verginelli e pensare che nessuno mai da nessuna parte userà anche le “maniere forti”.
E’ proprio per questo che ci vuole “lo spirito di battersi”!
Perchè solo i malvagi devono battersi con lo spirito di vincere?
Forse i buoni non possono o non devono vivere? E vincere?
Lo faranno con le loro armi. Con l’onore, la tolleranza, il rispetto, l’integrità, il coraggio e l’onestà. Ma nessuna di queste parole nega il fatto che occorra essere pronti a battersi, a difendere ciò in cui crediamo e a impegnarsi per le nostre mete.
Ci si può battere con onore, tolleranza, rispetto, integrità, coraggio e onestà.
Lo si dovrebbe fare se si è i buoni. 
Ma buoni non è sinonimo di fessi o codardi. Nel dizionario non ho mai visto questi sinonimi.
Buoni non significa essere titubanti nel battersi. Significa solo schierarsi con una certa parte del campo di battaglia.
E cose con cui battersi ce ne sono.
Ci sono i nostri cari, c’è la nostra integrità minacciata da vermi striscianti e da bugie troppo grandi e squallide per essere tollerate.
C’è la sopravvivenza del pianeta, l’infinità dell’universo, la bellezza della diversità, il sorriso di un bambino quando scarta un regalo.
Voglio che l’animus pugnandi diventi l’acqua in cui le persone si bagnano ogni giorno.
Io mi impegnerò per dare l’onore delle armi a questa tenzone chiamata vita.
Con il giusto spirito.
Non quello di un soldato. Non quello di un guerrillero. Non quello di un terrorista. Non quello di uno psichiatra. Non quello di un malvagio. Non quello di un criminale.
Ma quello di un cavaliere, di colui che si batte se c’è da battersi e che lo fa per una giusta causa.
Rispolveriamo questa figura messa nei cassetti.
Facciamolo.
Per aspera ad astra!