lunedì 11 giugno 2007

Il diritto a autodistruggermi

Ho o non ho il diritto ad autodistruggermi?
Ma guarda che bella domanda faccio oggi.
Domani la sottoporrò ai blogger.
Se mi drogo, allora posso. Perchè nessuno ha il diritto di dirmi cosa sia giusto per me.
Ma se vado in macchina e non metto la cintura, lo stato mi multa perchè non ho tutelato la mia vita.
Questa cosa mi da i nervi.
Non perchè io non metta la cintura. Non perchè pensi che la cintura sia inutile e non salvi una vita umana.
Mi irrita vedere un’attenzione spropositata per la mia salute in un ambito minimo quando questo presunto stato o organizzazione collettiva si DISINTERESSA al massimo di altri miei diritti o di altri aspetti della mia salute.
 
* A scuola si insegna di tutto. Dagli assiri alle leggi quantistiche. Ma ad un ragazzo non viene insegnato alcun dato di nutrizione e di metodica su come prendersi cura del suo corpo.
* La tv sputa continuamente fuori dati falsi sulla salute e la buona qualità di vita. Tant’è che le persone oggi sono molto più confuse su ciò che fa bene o male rispetto a secoli fa. E lo stato (cioè noi!) non fa nulla per regolamentare e disciplinare questo.
* Viviamo in un mondo inquinato da tutte le sostanze possibili. Ma un lassismo incredibile. Nessuno accenna alle possibili conseguenze di un continuo bagno nelle onde elettromagnetiche. Non so. Forse qualcosa fanno. Ma non se ne parla. E chi solleva il problema è allarmista.
* La salute è passata dall’essere in piena forma psicofisica al non avere sintomi. Chi se ne frega della cause! Se hai il mal di testa, chi se ne frega del che cosa significa. Basta una pastiglia e tutto va via.
Nella società cinese di alcune migliaia di anni fa, l’imperatore pagava i medici con un metodo che era geniale.
Ogni medico aveva la responsabilità della salute di un tot di sudditi. Se tutti erano in buona salute, il compenso era massimo e totale.
Ma per ogni suddito malato egli perdeva un pezzo di compenso. E se il numero dei malati superava il numero dei sani, a quel medico gli tagliavano la testa. Perchè lo scopo del medico era avere persone sane.
Oggi i medici hanno tanta più importanza tanto più è grande e composito il numero delle persone malate. Non devono morire, è ovvio ma se rimangono malate è meglio.
Così curiamo le persone affinchè non muoiano ma non curiamole abbastanza perchè ridivendino sane.

Figuriamoci se si può lavorare quando sono sane perchè non si ammalino.
Ma poi, se mi ferma la polizia e non ho la cintura c’è la multa. Non si capisce chi io stia danneggiando. E’ un pericolo potenziale per me, perchè se avessi un incidente mi sarei potuto fare male. Che carini che sono!!!!
Però se mi drogo non posso essere multato.
Se esagero con i farmaci non posso essere multato.
Se non faccio riposare il mio corpo non posso essere multato.
Per aspera ad astra!

martedì 29 maggio 2007

Sono un intero mondo

Sono un intero mondo.
Portatemi da bere, che ho molta sete.
Sete di me e sete di conoscenza.
Non sono piccolo.
Sono un intero mondo. Ma inespresso.
Non mi conosco tutto. Ancora da esplorare.
Sono un intero mondo.
Lo voglio conquistare.
Sono più di un mondo.
Non so chi sono.
So chi non sono.
Portatemi da bere, la sete è sempre tanta.
Mi sto conoscendo ma ci vuole coraggio.
L’avventura è appena iniziata.
Un mondo da scoprire.
Un mondo da conquistare.
Un se che ritorna a se stesso.
Non so chi sono ma so chi posso essere.
E so chi non so.
So chi non sarò.
E, un pò, so anche chi sono:
un intero mondo.

mercoledì 16 maggio 2007

Un libro da leggere: E la verità vi renderà liberi di D. Icke

Con questa recensione so di procurarmi dei nemici.
O almeno sono sicuro che qualcuno malcomprenderà lo spirito con cui vado a promuovere questo libro. Ma facciamo un passo indietro e ripartiamo da zero.
Un giornalista inglese qualche anno fa ha un momento di svolta nella sua vita dovuto a non so bene quale fattore. Fino a quel momento costui era un giornalista e presentatore televisivo conosciuto nonchè un portavoce del movimento dei verdi inglesi.
Una persona rispettabile.
Da quel momento in poi il signor Icke comincia a scrivere e scrivere dei libri che, nel bene o nel male, dicono qualcosa.
La mia recensione è basata su quello che ho letto nel libro.
Non conosco il signor Icke e non posso sapere se quello che leggo su di lui su internet sia più o meno affidabile (tornerò in un apposito post su questo importante argomento).
io non sono un wikipedia-dipendente. Leggo e giudico quello che leggo di prima mano.
Un giorno trovo a casa di un amico questo libro. Da divoratore avido di qualsiasi cosa stimoli la mia curiosità l’ho preso in prestito e letto.
Non è stata una passeggiata.

Il libro non è proprio strutturato per essere assimilato in modo semplice. E questo è un punto a svantaggio del signor Icke come comunicatore ma un punto a suo vantaggio come fiducia nella sua buona fede. Personalmente penso che solo una persona orgasmaticamente informata sulle cose e un pò pazzamente presa da quello che sa potrebbe esprimersi in quel modo tumultuoso e scollegato ma alla fine semplicemente coerente e dichiaratamente deciso verso la meta.
Alla fine consiglio alle persone di leggere questo libro e altri libri di Icke.
Io penso che David Icke sia semplicemente pazzo. E per questo mi piace quello che scrive. David Icke ha avuto delle intuizioni spaventosamente giuste, incredibilmente giuste. Io non ho la minima idea di come sia riuscito a mettere insieme questi dossier assolutamente precisi e circostanziati sulle tematiche che scrive. Non so e neppure mi interessa saperlo. Forse è un’illuminazione divina o forse maligna. Forse è solo un buon giornalista. O forse una marionetta tra le mani di qualcuno che vuole stare nell’ombra.
Ma ciò che ci è scritto si avvicina alla verità di un buon 90%. Questo secondo una mia personale e fallace stima.
Penso che Icke sia pazzo. Solo questo fattore può avergli permesso di uscire dagli schemi consolidati di visione del mondo. Non credo sia pazzo nel modo che intende uno psichiatra o la gente comune. Penso che sia folle di una lucida follia di chi ha capito tutto e forse vacilla dinnnazi a questa conoscenza e la responsabilità che ne deriva.
I suoi detrattori lo accusano di dire stramberie. E forse qualcuna è veramente una stramberie. Ma il fatto di dire una stramberia non impedisce che molte, moltissime delle cose che dice (praticamente la quasi totalità) sia assolutamente veritiere o verosimili. O, per essere ancor più imparziali, guidate da una logica che non fa una piega. Liquidare Icke come visionario mi sembra sempre la solita solfa di chi è sempre stato all’inquisizione, prete, tiranno o psichiatra che esso sia.
Di cosa parla Icke e il suo libro?

Icke parla di libertà e schiavitù. E mostra come questi 2 termini siano diventati confusi e generici al punto da essere scambiati senza problemi dalle persone. Le persone sono schiave credendo di essere libere. E sembrano schiave quando sono libere seriamente.
Il libro spiega come una minoranza di persone sul pianeta tiri le fila dell’economia e della politica mondiale da circa un secolo. E di come la Grande Bugia della libertà di informazione sia stata usata per il più grande tranello di sempre: far credere a qualcuno di essere libero quando è uno schiavo a tutti gli effetti.
Icke parla dei retroscena di guerre, degli attori della politica e dell’economia. Fa nomi, luoghi, situazioni, date. Non pochi dati ma centinaia, migliaia. A volte talmente tanti dati che la persona boccheggia affannata a stare dietro a tutto questo malloppo di informazioni.
Ma tutto ha un senso. E chi non riesce a vederlo è perchè non vuole prendere nemmeno in considerazione che forse un pò schiavo lo è davvero.
La libertà è un bene prezioso. Troppo prezioso. Il più prezioso.
Fare qualcosa per difenderlo è il minimo che ognuno di noi dovrebbe fare.
Questo libro non è nè dovrebbe diventare una bibbia. Nè Icke un profeta.
Ma avere l’umiltà di prendere queste cose in considerazione per chiedersi se siamo davvero liberi…. questo forse ne vale la pena. Porsi il dubbio forse può riservare delle sorprese.
Consiglio il libro. Sono sicuro che alcuni punti di vista muteranno.
Buona lettura e aspetto i vostri commenti.
Per aspera ad astra!

mercoledì 2 maggio 2007

I nuovi mostri: le compagnie telefoniche – 2 parte

Giusto per concludere il discorso iniziato stamattina sulle compagnie telefoniche.
La cosa che veramente mi lascia perplesso è veramente quanto queste compagnie private stiano riuscendo a introdursi nei comportamenti di questa società piegandoli ai loro interessi.
Uso il cellulare dal 1997 circa. Sono 10 anni. Lo uso per lavoro e, onestamente, in molte situazioni è veramente una comodità. Niente da dire. Ma l’ho già detto che non sono per niente contro le modernità e il progresso tecnologico.
 
Vorrei che il progresso tecnologico venisse affiancato da una crescita della consapevolezza e del buon senso.
E vorrei che il progresso tecnologico non diventasse una truffa per spillare quattrini ai soliti gonzi (cioè noi) come se fossimo vacche da mungere.
In Italia ci sono più contratti telefonici cellulari che persone.
La confusione nelle persone di ciò che sia la tariffa più conveniente è massima. Ma il vero problema è che ognuno di noi pensa di essere un cliente di questi mostri, di questi nuovi mostri.
Noi non siamo clienti, siamo schiavi. Schiavi convinti di scegliere che invece veniamo drogati da dati falsi e ingannati da situazioni al limite della denuncia penale.
Qualche esempio?
 
Perchè se io vado sempre in un negozio e divento un cliente fidelizzato, ricevo un trattamento speciale sia nei modi che nei costi mentre le compagnie telefoniche (d’ora in poi le chiamo LE PIOVRE) fanno a gara a dare premi e incentivi a coloro che sottoscrivono un contratto per la prima volta? Mentre i clienti che hanno dato preferenza a quella specifica PIOVRA da qualche tempo vengono penalizzati con la tariffa peggiore di tutte?
Qualche anno fa scelsi di fare un abbonamento aziendale con la TRE. Mi proposero un contratto buono al tempo. Sottoscrissi 4 abbonamenti per altrettante linee. Spendevo circa 4 o 500 euro al mese di cellulare (io e i miei collaboratori).
Pagavo il noleggio del cellulare nuovo (va bene), pagavo il canone mensile fisso (va bene), pagavo le chiamate (va bene), pagavo lo “scatto alla risposta” (un pò meno bene ma vabbè…), pagavo la tassa di concessione governativa (!!!!!!!!! assolutamente meno bene).
Quest’ultima tassa mi faceva girare un pò le scatole. Quando pago una cosa che non capisco cosa sia mi viene il nervoso.
Tassa di concessione governativa……… Il principe padrone (lo stato) mi permette di avere una linea cellulare. Grazie sire.
E poi dicono che lo stato siamo noi.

Ma io avevo 4 linee e pagavo 4 quote di tassa di concessione governativa!!!! Perchè? Cos’è questa roba? Ogni mese pagavo 50 euro allo stato per non si capisce cosa.
Dopo un anno la TRE offre il servizio di NO TAX. Chi prendeva l’abbonamento non pagava la tassa di concessione governativa. Forse mi hanno chiamato per informarmi che io, come vecchio e buon cliente, la ricevevo automaticamente? No. Figuriamoci.
Lo stesso è accaduto di recente quando sono uscite tariffe più convenienti.
Le possono sottoscrivere solo i nuovi abbonati che vengono da altre compagnie.
Come se io che vado da 20 in un negozio se c’è un offerta non la potessi prendere. “Ah lei è un cliente affezionato, deve pagare a prezzo intero!!!”
Così adesso ho rescisso il contratto dalla TRE.
Ma non perchè le altre non siano delle PIOVRE.
Lo sono e avrei una storia per ognuna di loro visto che in questi anni sono stato con TIM, Wind, Omnitel, Telecom, Tiscali e Infostrada. Le conosco.
E so che sono state furbe in quanto tu non sai dove trovarli.
Se hai un problema puoi solo chiamare questi numeri fantasma dove ti risponde un povero ragazzo o povera ragazza completamente estranei al buon funzionamento della ditta che per pochi euro possono solo risponderti con risposte pre-confezioante.
Che furbata i call-center?
Giù il cappello alle PIOVRE.
 
Guarda come hanno scalciato quando gli sono stati tolti i costi di ricarica?
Dicono che non guadagnano abbastanza?
Cominciassero a fare meno pubblicità dispendiosa e cominciassero a dare più servizio. Servizio reale.
Ma questo sarebbe assurdo.
Perchè dubito che le PIOVRE intendano veramente dare un buon servizio.
Dubito.
Premierebbero, come minimo, i buoni vecchi clienti e non se li farebbero scappare.
Ma forse sono imbottiti di storie bibliche e di parabole. Forse applicano la parabola del figliol prodigo. Forse preferiscono perdere 10 buoni clienti affezionati per conquistarne uno nuovo che consumerà poco e non pagherà.
Delle PIOVRE sarà il regno dei cieli.
Salve a tutti e
per Aspera ad Astra!

martedì 1 maggio 2007

I nuovi mostri: le compagnie telefoniche – 1 parte

Sparo ad un’anatra morta. Lo so.
Non dico niente di nuovo. Ma fatemelo dire.
Le compagnie telefoniche sono diventate ormai dei giganteschi “leviatani” di hobbesiana memoria.

Il leviatano era una sorta di mostro biblico che Thomas Hobbes, filosofo del XVII secolo, utilizzò per descrivere il sistema di vita collettivo basato sul rispetto della sovranità di un governante.
A volte, nelle mie fantasie drogate, le compagnie telefoniche assurgono a indecifrabili mostri che controllano la vita delle persone. Se non hai contatti e contratti con loro (!!!) sopravvivi. Se hai la disgrazia di finire nelle loro grinfie sei morto.
Non muori subito. Perisci piano piano, per debito di ossigeno, per stanchezza spirituale, per soffocamento della comprensione e della pazienza.
Potenti e pervasive, come le sirene di Ulisse, ci allettano e ci dicono che senza di loro non possiamo vivere.
Abbiamo vissuto decenni senza le compagnie telefoniche.
Ce n’era una, una sola: la SIP, società italiana per i telefoni (nessuno capirà mai chi ha tirato fuori questo acronimo).
Era nella vita di tutti ma non nuoceva.

Le mamme spaventavano i bambini fin da piccoli. Li terrorizzavano con il costo delle interurbane. Come me anche voi sicuramente pensavate che chiamare fuori del proprio paese o città fosse come preparare una spedizione lunare. Costi a 10 zeri. Ma anche chiamare un amico a poche centinaia di metri era follia se la chiamata superava i 10 minuti.
Mia madre sbraitava per giorni quando arrivava la bolletta telefonica.

Magari era più cara di ben 10.000 lire rispetto a quella dei mesi precedenti. “CHI HA FATTO QUELLE TELEFONATE?” Era il terrore.
Il terrore degli adulti nell’indebitarsi per pagare le telefonate.
Ma non c’era pubblicità, non c’erano nuovi telefoni prodigiosi, tariffe e offerte.
Solo un unico apparecchio che ti tenevi vita natural durante.
Sempre quello. Orrendo ma compagno di una vita.
E non sapevi chi ti chiamava.

Ma se non volevi essere trovato semplicemente ti allontanavi dal telefono.
E, anche se ora ci sembra incredibile, vivevamo benissimo.
Forse le ditte era meno efficienti. Forse ci amavamo di meno. Forse eravamo più isolati dal mondo.
Forse…..
O forse no. Io la mano sul fuoco non ce la metterei.
Ma non sono contro la modernità e la tecnologia.
Sono sempre a favore dell’introduzione di nuovi macchinari che migliorino la nostra vita.
Magari sono contro il fatto che questi macchinari diventino i nostri padroni.
Chi non ha un numero di cellulare non esiste.
Molti traggono conclusioni su di te, sulla tua situazione e la tua prosperità dal tipo di cellulare che hai.
1 pubblicità su 4 è di una compagnia telefonica. Forse una su 3.

Telecom, TIM, Vodafone, Infostrada, TRE, Wind, Tiscali, Tele2 e chi ne ha ne metta.
Chiama, comunica, risparmia.
Il vero risparmio è non chiamare.
20 anni fa la spesa delle chiamate telefoniche incideva probabilmente per un 2-3% sul reddito familiare. Giusto il telefono fisso. Qualcuno, già folle da allora, poteva arrivare al 5%.
Oggi in una famiglia di 4 persone con papà, mamma, e 2 figli adolescenti, la spesa media annuale (compresa di acquisto nuovi cellulari e via dicendo) arriverà almeno al 15 o 20% del reddito.

Non so. Non ho dati precisi ma mi sono fatto 2 conti qualche volta.
Ritornerò su questo argomento.
Perchè i mostri devono essere identificati.
E uccisi.
Magari scopriremo che così facendo riusciremo anche a comunicare in modo sano e umano.
Per aspera ad astra!

lunedì 30 aprile 2007

La voglia di comunicare

La voglia di comunicare non mi è mai mancata.
Ma ho una presunzione.
Quella di pensare che sia vera comunicazione e non qualcosa di meccanico, di semplicemente automatico.
Cos’è la comunicazione? E’ trasferire qualcosa di vivo da un punto ad un altro.
E cosa è vivo rispetto a ciò che è morto? E’ quasi autoevidente. Ciò che è vivo è vivo. Meccanicismi, automatismi, ruotine, concetti pre-programmati, quasi fossero caricati da un software di matrice ignota non sono vivi.

E’ da un pò che non scrivo sul mio blog.
Non è stata solo mancanza di tempo.
Certo quello in primo luogo. Una diversità di situazioni che mi hanno impedito di potermi dedicare al mio blog non appena avessi 5 minuti liberi.
Ma, più in generale, c’è stato un mio personale viaggio alla scoperta e approfondimento di questa cosa chiamata comunicazione.

Avevo molte cose da dire ma, come spesso mi capita, avevo molte cose che volevo conoscere.
DICIAMO CHE IL POCO TEMPO CHE AVEVO, IN QUESTI ULTIMI MESI, L’HO DEDICATO AL CERCARE RISPOSTE A QUESTE MIE CURIOSITA’.
Adesso ho delle altre cose da dire.
Spero che siate curiosi.
Grazie di avermi letto e, come sempre,
Per aspera ad astra!

sabato 3 febbraio 2007

Che tristezza mi fa! Chi? Il calcio

Sono senza parole.
Sono disgustato.
Non ci sono più aggettivi.
Mi dispiace, ma non è un post sul calcio questo. E neppure sullo sport.

Chi mi segue nel mio blog (grazie sempre di venire a trovarmi, anche se a volte vi trascuro, vi penso sempre) avrà visto che non parlo di calcio.
Non perchè non mi piaccia. Non perchè non ami questo tipo di gioco.

Sono sempre stato innamorato del calcio. L'ho giocato fin da piccolo.
A 6 anni prendevo la palla e, per l'isteria di mio padre, passavo i pomeriggi a lanciarla contro una parete. La prendevo e riprendevo. Intere ore.
Ho consumato scarpe, sudato tute e pantaloncini rincorrendo un pallone.
Vi ho gettato dentro le mie energie e i miei sogni.
Ho imparato così tanto dalla vita giocando a pallone che penso che questo gioco possa essere preso a modello per comprende l'uomo e le sue relazioni con se stesso e gli altri.
Non è una coincidenza che stia lavorando ad un libro intitolato "la mia vita come una partita di calcio".

Ho giocato a calcio fino a qualche anno fa. Ho giocato a calcio fino ai livelli semi-professionali. Non ho mai fatto il professionista. Ma ho conosciuto a sufficienza questo mondo.

E il mondo del calcio, quello giocato, quello sudato, quello combattuto nel rettangolo di gioco e nei suoi bordi non mi ha mai tradito.
MAI DELUSO.
Mi ha arricchito, mi ha dato tanto.

Molte volte ho detto ad amici e conoscenti che senza il calcio, senza le lezioni di vita che mi ha dato, forse adesso sarei pazzo o qualcosa del genere.

Ma questo mondo folle distrugge tutto ciò che di bello gli uomini costruiscono. La Tv e quello che ci sta dietro. Il culto del dio denaro ha corrotto e pervertito anche il mondo del calcio.

Già da anni cominciavo a soffrire per vedere il gossip, il calcio parlato che cominciava a prevalere sul calcio giocato.
Sappiamo tutti cosa è successo.
La corruzione, la mancanza di valori sportivi, calciopoli, diritti tv. Che merda.
Ma, soprattutto, la violenza negli stadi.

Quanto c'entra il calcio in tutto ciò? Poco. Forse niente.
Ho sentito dei deficienti che in un campo di calcio non ci sono entrati dire che reazioni dei giocatori possono stimolare comportamenti violenti sugli spalti.
MA che affermazioni dementi! Il gioco è gioco. Scaldarsi e dare una gomitata ad un giocatore fa parte del gioco. Non è corretto, forse. Ma parliamo di agonismo, di azioni, di vita.
Ma pensare che gli spettatori siano dei deficienti che si lasciamo ipnotizzare dalla violenza e che la ripercuotano amplificata di mille volte, no. Non regge. C'è qualche altra cosa.

Quello che c'è è che le persone che vanno allo stadio sono solo una rappresentanza del mondo fuori.
Se nel mondo fuori i valori della vita si alterano, quella cosa verrà importata dal mondo del calcio.

Questa società è malata. Non è un'affermazione esagerata. E' molto ponderata. E, tra l'altro, molto soft.
Questa società è malata. Sta crollando su se stessa.
Mandare i poliziotti in assetto anti-sommossa per controllare che migliaia di persone non si distruggano per una partita di calcio è follia.
Non è il calcio ad essere malato.
E' questa società. Punto.


Ma in tuto ciò il calcio mi fa una tristezza infinita.
Mi sento come un innamorato deluso dalla sua amata.
E' come se fossi tornato a casa a fare una sorpresa alla mia donna e l'avessi trovata a letto con un uomo grasso, brutto, avvinazzato, rozzo e sporco.
Che delusione. Che voltastomaco.

Morire per una partita di calcio? Ma siamo matti. Chi glielo spiega ai figli? E alla moglie di quel poliziotto?

Ho letto che vogliono sospendere il campionato fino alla fine.
Da innamorato del calcio, sono d'accordo.
Basta partite per tutto il campionato. Fino a giugno.
Tanto questo, tra i miliardi di giocatori che di sportivo non hanno pi
niente e questa violenza, non è più calcio.

E' qualche altra cosa.
Che mi fa una tristezza infinita.
Per aspera ad astra!