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martedì 29 novembre 2022

I CAN'T SEE ANYTHING!

𝐈 𝐂𝐀𝐍'𝐓 𝐒𝐄𝐄 𝐀𝐍𝐘𝐓𝐇𝐈𝐍𝐆!
Geremia apre il pugno e miete molto più grano di quanto avrebbe mai pensato.
C’era un tempo, un cane che si nascondeva nei pertugi della metro.
Ora solo vaghe graffette disadattate mi tendono la mano e salutano frettolosamente.
𝘐 𝘤𝘢𝘯’𝘵 𝘴𝘦𝘦 𝘢𝘯𝘺𝘵𝘩𝘪𝘯𝘨, 𝘯𝘰𝘯 𝘱𝘰𝘴𝘴𝘰 𝘷𝘦𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘯𝘪𝘦𝘯𝘵𝘦.
Lascio il posto ad un altro viandante.
Sono le 5 del pomeriggio nell’orologio del boia.
Il senso del tempo, per me, sta scorrendo molto lento.
Nuotare, sai amico, nuotare al centro dell’universo dove scogli e maree si nascondono e lasciano aperte ferite.
E feritoie, di qualche castello che solitario vaga immemore nella taiga spingendo avanti il carrello della spesa in una corsa inutile, vanagloriosa e incline al litigio.
𝘐 𝘤𝘢𝘯’𝘵 𝘴𝘦𝘦 𝘢𝘯𝘺𝘵𝘩𝘪𝘯𝘨, 𝘯𝘰𝘯 𝘱𝘰𝘴𝘴𝘰 𝘷𝘦𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘯𝘪𝘦𝘯𝘵𝘦.
È sempre così.
Un ritmo forsennato, di bicchieri tintinnanti, di gioie lancinanti, di banchetti straripanti, di bambini saltellanti, di immagini festanti, di ipocrisie galoppanti.
È sempre così, in un tempo che si ripiega su se stesso, un una curva di Gauss, in un loop da serie tv di second’ordine.
Le scene seguono le scene.
E le persone sono figuranti, effetti speciali, insulse macchiette, semplici adesivi omaggio nella confezione dei formaggini nel banco frigo.
𝘐 𝘤𝘢𝘯’𝘵 𝘴𝘦𝘦 𝘢𝘯𝘺𝘵𝘩𝘪𝘯𝘨, 𝘯𝘰𝘯 𝘱𝘰𝘴𝘴𝘰 𝘷𝘦𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘯𝘪𝘦𝘯𝘵𝘦.
La mia croce, quella sghemba e irriconoscente, quella irascibile e iraconda, quella torbida ed esilarante di accademica memoria.
C’è un substrato. C’è uno spessore.
Che cresce. Sopra il cuore.
Che diventa esso stesso un universo di suoni, poesie, lacrime, batticuore, erezioni, esplosioni, respiri pesanti, corsa nei campi, risate a crepapelle, carezze delicate, sguardi di affetto, pelo di gatto, sapore acido di limone, sabbia fastidiosa, vento umido, arsura nella gola, graffette e touchdown.
C’è qualcosa che cresce.
Ma non giunge mai a conclusione.
𝘈𝘴𝘱𝘦𝘵𝘵𝘢 𝘴𝘦𝘮𝘱𝘳𝘦 𝘶𝘭𝘵𝘪𝘮𝘰 𝘤𝘰𝘭𝘱𝘰 𝘥𝘪 𝘣𝘢𝘤𝘤𝘩𝘦𝘵𝘵𝘢 𝘥𝘦𝘭 𝘮𝘢𝘦𝘴𝘵𝘳𝘰.
Tutto è li. In quell’arpeggio che si frantuma l’anima, che ti spezza la coscienza.
Quell’unico accordo suonato in distorsione che ti lacera il cuore e ti mette a nudo.
Perché tu non sei nient’altro che un ribollire di lava in un vulcano.
𝙉𝙤𝙣 𝙨𝙚𝙞 un corpo di uomo, 𝙣𝙤𝙣 𝙨𝙚𝙞 un corpo di donna.
𝙉𝙤𝙣 𝙨𝙚𝙞 una scimmia nuda.
𝙉𝙤𝙣 𝙨𝙚𝙞 un consumatore, un investitore, un compratore, un cliente, un marito, un figlio, uno studente, un grossista, un commerciante, un paziente, un infetto.
𝙉𝙤𝙣 𝙨𝙚𝙞 queste etichette.
𝘚𝘦𝘪 𝘪𝘭 𝘳𝘪𝘣𝘰𝘭𝘭𝘪𝘳𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘭𝘢𝘷𝘢 𝘪𝘯 𝘶𝘯 𝘷𝘶𝘭𝘤𝘢𝘯𝘰.
Senza forma e che mai si può toccare.
Io altro non vedo. Perché I can’t see anything, non riesco a vedere niente.
Non vedo.
Ma percepisco tutto.
E comprendo ora che questo è tutto ciò da cui devo partire, è tutto ciò che sono.
È tutto ciò che sarò mai.

martedì 8 gennaio 2019

Cosa vorrei fare da grande?

Questa domanda accompagna i pensieri di moltissimi bambini e moltissimi ragazzi.
Lo ha fatto anche con me per moltissimo tempo.
Possibile possa farlo anche quando un ragazzo diventa un adulto?

Può un adulto chiedersi cosa mai potrebbe fare da grande?
Non un adulto di 21 anni. Un adulto di, che so, 46 anni?

Si.
Può.
Deve.

Perchè il concetto di futuro che ha questa decadente società morente è assolutamente ridicolo. Da ridere. E basta.
E' un concetto totalmente sballato.

Come se un ingegnere dovessere usare la bilancia di cucina per decidere la portata dei piloni che sorreggeranno un grande viadotto su qualche vallata alpina....
Ridicolo.

A 46 anni si è adulti. Si ma anche no. Adulti di che? Certamente adulti nel corpo.
E se si pensa che si è solo e unicamente un corpo si è a cavallo.
Ma ciò non è vero.
Un uomo non è il suo corpo. Non è solo quello.
E' un simbolo di mille cose ma il futuro di qualsiasi essere trascende la durata fisica del suo fragile corpo. Che a 40 anni comincia ad invecchiare, a fornire prestazioni meno efficienti ed essere decisamente meno energetico.

A 46 anni si comincia appena appena a capire l'importanza relativa delle cose, si incominincia appena appena a conoscere le proprie reali possibilità e talenti.
A 46 anni si comincia appena appena ad avere una qualche chiara idea di cosa si vorrebbe fare.

Cosa voglio fare io da grande?

Vorrei scendere dalla ruota del criceto.
Vorrei sentire che la porta della camera della mia vita non è chiusa a chiave. E che, se voglio, posso uscire. Andare ovunque e in nessun posto.

Cosa voglio fare io da grande? Lo so. Lo so da circa un mese e mezzo. Voglio essere felice.
Che altro non significa che vorrei essere impegnato in attività di valore.

Valore per chi? Chi decide cosa siano delle attività di valore? Lo so. Lo decido io.
Così come ognuno sa se ciò che fa è di valore o meno.
Se non sei felice, stai facendo attività che per qualcun altro sono di valore.

Cosa voglio fare io da grande?
Vorrei diventare quella persona che volevo essere quando ero bambino.
Alla fine non mi sono smosso di un centimetro da li.
Niente ruota del criceto, niente conformismi e piccoli-borghesismi.

Da bambino volevo fare qualcosa che fosse GRANDE e fosse utile per gli altri.
Quando ero bambino volevo capire.
Volevo conoscere i segreti della mente e dell'universo.

E mai come ora ci posso arrivare.
Quindi penso sia giunto il momento di diventare quel "grande" che volevo diventare quando ero bambino.
Si può fare.
Per aspera ad astra!

giovedì 13 dicembre 2018

Invecchiare come il vino....

Sto invecchiando.
Si, lo so... non siate tristi. E' vero che il tempo passa. Per me come per tutti.
I giovani diventano adulti, gli adulti vecchi e i vecchi muoiono.

E' la grande giostra della vita.
Cosa fanno i vecchi che muoiono è un argomento interessante che magari potrà essere affrontato in un altro post...

Rimane il fatto che mi ricordo come se fosse ieri quando mi sentivo troppo giovane per vivere, per essere preso sul serio, per raggiungere qualcosa, per essere pronto per fare qualcosa di grande.

Adesso, a pochi anni dal mezzo secolo, posso forse ancora dire di essere troppo giovane per qualcosa? O che debbo essere più maturo per fare qualcosa?
Assurdo, completamente assurdo.

Sto invecchiando, ma la cosa non mi tocca particolarmente.
Non amo il tempo perso ma mi sento come il buon vino. Che invecchiando migliora. Sotto tutti i punti di vista.

Se poi dovessi buttare giù un pò di pancetta, sarebbe proprio perfetto.
Per aspera ad astra!

venerdì 15 luglio 2016

Il dramma di Nizza: dove sta andando a finire la nostra società?

Come al solito, dopo l'evento mostruoso di ieri sera, i bar, le tavole e i social si riempiono di stupore, di indignazione e di comprensibile dolore.
La sensazione di essere spauriti e impotenti di fronte a tutta questa follia e irrazionalità è incredibile.

Ma se, per una volta, ci si distanzia dall'evento in se e per se si vedrà quale è il vero nemico.

Quale è il nemico?
Il nemico fondamentale dell'uomo del XXI secolo è la mancanza della conoscenza dei misteri del funzionamento della sua mente.

Siamo in totale balia dell'ignoranza sui meccanismi che guidano le scelte delle persone e dei popoli.
Qualcuno chiede quale possa essere la soluzione a tutto questo orrore.
La soluzione per non dover vivere continuamente prigionieri della follia di un singolo individuo malvagio o di un gruppo malvagio (armato e finanziario chissà da chi........)
Io penso che la soluzione sia l'aumento della consapevolezza delle persone su quello che sta succedendo e sulle reali cause di tutto ciò.
L'errore è cadere in una spirale di odio e paura.
Un esercito che si fa prendere dalla paura viene devastato dal nemico.
Il nemico però non sono altre persone o altre ideologie.
Il nemico è la mancanza di responsabilità di ogni essere umano per ogni cosa che accade in ogni parte del mondo.

Non è più solo un problema di sicurezza personale o di sicurezza nazionale.
Qualunque cronista o membro di un governo che parli di sicurezza nazionale ci sta conducendo verso il baratro.

Ci porterà un millimetro più vicino ad una società armata in cui la libertà (di espressione, di pensiero, di religione, etc...) sarà stata messa al bando sacrificata in nome di una "presunta" sicurezza personale e sociale.
E se anche (ma non ci riuscirà mai nessuno) si riuscisse a creare questo inferno di società, in cui nessuno muore per colpa di un pazzo................ se anche avvenisse............. sarà un vantaggio e un privilegio vivere in una società così?

No, non è una questione di aumentare i controlli, l'intelligence, le forze armate, le intercettazioni e via dicendo.
La soluzione è un cambio a 180° di come vediamo il mondo oggi. A partire da noi stessi.

Se da qualche parte qualcuno soffre e noi ce ne freghiamo, prima o poi (anche a distanza di decenni) quel menefreghismo permetterà a quella situazione di dolore di andare a sfogarsi altrove. Magari sui nostri nipoti....

Chi sbaglia deve pagare..... OVVIO! Nessuna giustificazione per persone che non meritano di essere chiamati esseri umani.
Ma se la società in cui viviamo è così, ognuno si chieda cosa non è stato fatto che invece si doveva fare. Forse non da noi.... Forse da qualcuno che ci doveva rappresentare e governare per nostro conto. Ma noi abbiamo scelto le persone giuste? Abbiamo vigilato? Abbiamo fatto le giuste pressioni?
O siamo stati in silenzio in un angolo a guardare la tv e chiedere il posto fisso in cambio della nostra irresponsabilità?

Avevo detto 15 anni fa che queste cose sarebbero successe e io non sono che un uomo della strada.....
Come faceva chi ci governa a non prevederlo?

Facciamo una scommessa? Volete che vi dica cosa ci aspetta? Io non ho la palla di vetro. Non leggo Nostradamus. Nè sono più intelligente di te che leggi.
Forse ho solo un pò più di coraggio nel guardare la scena. Nel vedere come ci si è arrivati e dove ci porterà.

Un abbraccio.
Antonello

martedì 12 luglio 2016

Animus Pugnandi

Animus Pugnandi. Che è?
Lo spirito di battersi.
Spesso si usa la parola “combattere”. Combattere significa “battersi contro qualcuno o qualcosa”: da cum+battere. Combattere è diventata una brutta parola. Spesso è associata alla guerra o alla violenza.
Il tutto è una semplificazione della parola. Anzi no. Solo una visione superficiale della cosa. Una visione ristretta e leggermente arida.

Animus Pugnandi.
Lo spirito di battersi!
Battersi? Che è battersi?
Solo vivere.

Vivere è la spinta a perpetuarsi in esistenza, migliorando le nostre condizioni e raggiungendo le nostre mete.
Non è battersi questo? Vivere è tenere per qualcosa, metteci dentro impegno, abilità, ricevere colpi e rovesciamenti di sorte, vincere le battaglie.

Gli sportivi non combattono. Si battono.
Hanno un certo onore. Hanno le loro regole.
Per questo lo sport è amato dagli uomini.
Lo sport è la simulazione della vita.

Ma ora è diventato anche quello che la vita dovrebbe essere ma che, con tutti i dati falsi che ci hanno infilato, ormai non è più.
Così la parola d’ordine diventa “politicamente corretto”. Tutto deve essere politicamente corretto.
Giusto!

Ma a volte non comprendo veramente cosa si intenda con questa parola. E quindi diffido. Perchè troppe cose diverse vengono qui dentro incluse. E molte di esse non mi piacciono.
Soprattutto quando il politicamente corretto toglie “l’animus pugnandi” dalla scena. E lo mette in ridicolo.
Lo spirito di battersi è lo spirito di vivere.

La vita è fatta di dedizione, di sacrificio, di impegno, di abilità e di battaglie. Vinte e perse.
Non è detto che la violenza fisica vi sia inclusa. Ma non dobbiamo fare i verginelli e pensare che nessuno mai da nessuna parte userà anche le “maniere forti”.
E’ proprio per questo che ci vuole “lo spirito di battersi”!
Perchè solo i malvagi devono battersi con lo spirito di vincere?

Forse i buoni non possono o non devono vivere? E vincere?
Lo faranno con le loro armi. Con l’onore, la tolleranza, il rispetto, l’integrità, il coraggio e l’onestà. Ma nessuna di queste parole nega il fatto che occorra essere pronti a battersi, a difendere ciò in cui crediamo e a impegnarsi per le nostre mete.
Ci si può battere con onore, tolleranza, rispetto, integrità, coraggio e onestà.
Lo si dovrebbe fare se si è i buoni.
Ma buoni non è sinonimo di fessi o codardi. Nel dizionario non ho mai visto questi sinonimi.
Buoni non significa essere titubanti nel battersi. Significa solo schierarsi con una certa parte del campo di battaglia.
E cose con cui battersi ce ne sono.
Ci sono i nostri cari, c’è la nostra integrità minacciata da vermi striscianti e da bugie troppo grandi e squallide per essere tollerate.
C’è la sopravvivenza del pianeta, l’infinità dell’universo, la bellezza della diversità, il sorriso di un bambino quando scarta un regalo.
Voglio che l’animus pugnandi diventi l’acqua in cui le persone si bagnano ogni giorno.

Io mi impegnerò per dare l’onore delle armi a questa tenzone chiamata vita.
Con il giusto spirito.
Non quello di un soldato. Non quello di un guerrillero. Non quello di un terrorista. Non quello di uno psichiatra. Non quello di un malvagio. Non quello di un criminale.
Ma quello di un cavaliere, di colui che si batte se c’è da battersi e che lo fa per una giusta causa.
Rispolveriamo questa figura messa nei cassetti.
Facciamolo.

UN ABBRACCIO.
Antonello

lunedì 13 giugno 2016

La necessità del dolore in questa società

Che piacere e dolore siano i 2 poli entro cui tutto il genere umano si muove, non lo scopriamo di certo oggi....

Anzi, qualcuno si è anche spinto più avanti ipotizzando che la mente umana e l'istinto umano siano guidati solamente da una scala di valori che oscilla fra questi 2 opposti:

1) DIRIGERSI VERSO IL PIACERE e
2) ALLONTANARSI DAL DOLORE.

Io non so se le cose stiano solo così o meno.
Mi sembra che effettivamente le persone cerchino sempre di migliorare le cose e di cercare di passare del tempo piacevole, soddisfacente o tranquillo.

E che non gioiscano per niente nel vedere che nella loro giornata c'è dolore, fastidio, turbolenza, recriminazione, odio, paura e così via.....

Ma lasciando perdere questo interessante discorso, la mia attenzione oggi è un'altra..

Ovvero non finisco più di stupirmi da quanto invece questa ambiente che ci circonda continui a spingere verso una direzione che mi sembra a 180° contraria ai nostri impulsi naturali.
Mi riferisco a questa continua e sempre più crescente attenzione al DOLORE e alla SOFFERENZA, in tutte le sue forme e manifestazioni.

Sebbene sia perfettamente convinto che non sia possibile vivere facendo finta che il dolore e la sofferenza non esistano, ritengo anche peggiore l'atteggiamento di chi, ossessionato da questi due fattori, non faccia nient'altro che prestare la sua energia e attenzione all'esame e adorazione di fatti, notizie e situazioni imbrattati e impregnati di dolore, emozioni negative, morte e via dicendo.

La moderna TV e i giornali ne sono un esempio fin troppo calzante e forse potrebbero essere indicati come delle cause di tutto ciò. Forse......

Va bene discutere di eventi dolorosi.... Ma se questa informazioni, questa input non da vita ad una risoluzione della cosa (o per lo meno un tentativo) è completamente sano ed equilibrato continuare a sguazzare immobili in episodi di dolore e ritrasmetterne continuamente il messaggio?

Non mi è insolito andare a trovare qualcuno che prontamente mi dice: "Ma hai sentito ieri o stamattina? Hanno fatto a pezzi il tal dei tali o hanno fatto questo o quest'altro?".....

Ed io "Buongiorno, in primo luogo..... Si, ieri è stata una bella giornata.... Pensa che ho aiutato mio figlio nei suoi compiti e lui era particolarmente contento di questo....."

Guardo Facebook e vedo una propensione pazzesca a continuamente a stimolare le persone su eventi e situazione di dolore e di emozioni negative.
Quale sia lo scopo non lo capisco proprio.
Fare qualcosa di utile a riguardo? Ritrasmettendo la notizia non credo proprio. Non si fa altro che appestare l'aria di ulteriore turbolenza senza che niente di concreto e di efficace venga fatto.
Far vedere che si è persone sensibili? Questo potrebbe essere ma perchè è sensibile solo chi ritrasmette cose negative e non lo è chi invece va oltre la banalità del quotidiano e ti riporta un avvenimento e un fatto creativo. Cose tipo il sorgere del sole nel proprio porto in una baia che è meravigliosa.... E' meno da persone sensibili?
Mostrare che si è attenti e informati sul mondo che ci circonda?
Certo, per poi scoprire che la propria capacità di distinguere notizie vere da notizie false o da fatti importanti e fatti superficiali è praticamente nulla o piccolissima....

Le persone non hanno necessità del dolore, delle emozioni negative e delle informazioni di disastri e malvagità che accadono. Non rende la loro vita migliore.
E se è pur vero che occorre sapere come le cose vanno, forse è utile conoscere la scena in generale piuttosto che i singoli episodi che, come gocce nella pioggia, arrivano, bagnano, turbano e poi vanno via.

Dopo poco tempo nessuno si ricorda dell'ultima notizia o avvenimento di cronaca nera. Pronti a sentire il prossimo.
E senza aver fatto qualcosa di valido nel rimediare la scena generale.

Che la cosa sia di vantaggio a qualcuno che abbia deciso di bombardarci di tutto questo dolore e sofferenza per loschi fini?
Chissà.
Non mi sento di dare una risposta definitiva.
Per aspera ad astra!

martedì 17 novembre 2015

Il potere dell'attenzione

L'essere umano ha un potere. Un potere straordinario. Che spesso dimentica di possedere. Un potere che sembra sia stato rubato alle divinità....

Il potere di assegnare importanza.
Il potere di concedere attenzione.

Questa qualità (l'attenzione) è una scintilla divina, è la manifestazione più completa della vita..... potremmo addirittura affermare che sia la vita in se e nella sua essenza.
Pensaci...

Ciò a cui dai attenzione vive, ciò a cui togli attenzione muore in quella misura.
Quando distogli la tua attenzione, quando non dai importanza ad un rapporto, ad una amicizia o ad un lavoro questi decadono e pian piano muoiono.
Il nostro potere è scegliere a cosa dare importanza e a cosa dare attenzione.

Diamo importanza alla collera e alla vendetta? Queste aumentano e prosperano!
Diamo importanza alla malattia e non alla salute? La prima aumenta e la seconda diminuisce!
Diamo importanza ai difetti di una persona anziché ai suoi pregi (anche se pochi!!)?
Ci sembrerà che la persona stia diventando sempre più orrenda e insopportabile.
Gli esempi si possono sprecare.

Non dico che sia facile cambiare atteggiamento. Non lo è.
Ma ricordarsi che ABBIAMO questo potere divino, il potere di cambiare le importanza e occuparci di più di ciò che di bello esiste è importante.
 
La TV (sistema informativo centralizzato: telegiornali, talk show, programmi di informazione, etc...) ci sta spegnendo e rincoglionendo.
È un lavaggio del cervello quotidiano.
Risultato?
 
Stanno cambiando le scale di importanza.
Stanno inculcandoci cose a cui dare attenzione.
 
Ti dicono che è più importante fregare che essere onesti. Odiare piuttosto che aiutare. Difendersi dai pericoli invece che espandersi. Che bisogna godere del presente anziché creare un futuro migliore.
 
Già ......
Si vive una volta sola......
Goditi la vita......
Fregatene degli altri.....
Tanto non serve a niente.....

Ma il presente è sempre il futuro che abbiamo creato prima. O non creato.
 
E gli altri sono coloro che danno sapore e piacere alla vita. Quando è che stai male? Quando ti sentì solo. Quando è che stai bene? Quando sei con altre persone con cui stai bene.
Nel mio cuore c'è un pizzico di tristezza nel vedere l'uomo combattersi ed ignorarsi. Di qualunque colore della pelle, lingua o religione esso sia.
 
Io stesso ho sperimentato cosa significa essere odiato o respinto per le mie convinzioni religiose. Ma so che è possibile capire gli altri anziché odiarli o averne paura.
C'è questa possibilità. Dura, difficile ma c'è.

Per aspera ad astra!

domenica 21 dicembre 2008

Un anno vissuto molto velocemente.

Sta per finire un anno. Un intero giro intorno al sole sta per terminare.
Un anno che è volato.
Un anno in cui sono stato assente da questo splendido paradiso che è il mondo del blog. Il mio e degli altri.
Non sono stato con le mani in mano.
Non sono stato con le dita intrecciate.

So di aver promesso che entro breve sarei tornato a scrivere con costanza. Così non è stato. Lo so.
Oggi ripenso a quanto veloce è trascorso il tempo.
Oggi mi fermo, due secondi, non di più, a pensare al trascorrere stesso del tempo.

Ieri ho avuto una grossa realizzazione. Cos'è una realizzazione?
E' un pensiero completo che illumina o spiega. E' un'improvvisa comprensione su qualcosa. E' quel concetto che ti frulla in testa e che dice: "Ah, adesso ho capito....".

Ho una vita che scorre veloce. Una vita intensa. Fatta di famiglia, lavoro, progetti, volontariato, hobby, lettura e scrittura. Ho creato da qualche mese una nuova associazione di volontariato che porterò avanti insieme alle mie altre azioni nel sociale.
Sogno un mondo e una civiltà diversa e più etica di quella attuale. Chi non lo vuole?

Ma a volte, sento l'esigenza di fare una foto al paesaggio. Alla mia stessa vita.
E cerco di bloccare il tempo. Per ricondurlo sotto controllo.
A volte ho avuto successo. Ma questo mi ha indotto in errore.
Ieri ho compreso perchè.

Non è possibile fare una foto al proprio mondo quando questo si muove. Se vivi in un universo che si muove velocemente e vuoi farne una foto, allora è meglio che anche questa foto sia scattata in velocità e movimento. Non ci si può fermare a fotografare qualcosa che si muove.
In passato mi sono fermato e la foto è riuscita. Ma allora la mia vita scorreva lenta, era quasi ferma.

Oggi la mia vita scorre veloce. E io velocemente devo scattare la foto.
Volevo una vita in cui il tempo scorresse velocissimo. E in effetti ciò che desideravo è arrivato.
Ma ora che ci penso, ora che mi sono liberato di questo errato punto di vista sulla riflessione del proprio universo, penso proprio che la mia velocità possa solo aumentare.

Ecco perchè sono qui. Ecco perchè questo blog tornerà ad essere vivo.
Per aspera ad astra

martedì 21 agosto 2007

I morti e i vivi!

In queste ultime settimane ho scritto poco sul blog. Mi dispiaccio di non aver messo un cartello "Ferie estive!" ma penso che fosse comprensibile.
Ma in queste ultime settimane la mia attenzione è spesso andata a questo strano e ansioso rapporto fra i vivi e i morti.

D'altronde la morte è la nemesi della vita. Sua antagonista e compagna. Che sarebbe la morte senza la vita? Che sarebbe la vita senza la morte? Nessuno dei 2 concetti potrebbe essere concepito. Perchè ognuno dei 2 si comprende solo se messo a confronto logico con il suo opposto.

In queste settimane ho visto la Tv fare la gara a raccontare le morti delle strade, in un crescendo mediatico la cui utilità mi è ancora sconosciuta.
In queste settimane ho partecipato a funerali di persone care e ho assistito alle alterne e differenziate emozioni dei partecipanti.
In queste settimane ho messo l'attenzione sul rapporto fra vivi e morti.

E ne ho dedotto un'osservazione.

Alla morte viene dato TROPPO spazio.

Non che possa essere ignorata, per carità. Ce ne vuole a far finta che la morte non ci sia.
Ma l'importanza che viene data alla morte, alla chiusura del gioco della vita mi sembra sproporzionato alla sua importanza.
Forse perchè il dato fondamentale della mia vita è che SIAMO QUI PER VIVERE.
Non so voi ma io ho sempre pensato così.
Magari le persone che non capiscono operano sul dato contrario: cioè siamo qui per morire! Possibile, possibile, praticamente l'unica spiegazione possibile.

Ma allora perchè vivere se uno pensa che è qui per morire? Sarebbe come andare in una casa di tolleranza per praticare l'astinenza, sarebbe come andare ad un banchetto di nozze per fare il digiuno o sarebbe come andare al mare per fare dello sci.

Perchè mi devono informare che qualcuno è morto?
Magari può anche andar bene.... Ma lo accetto solo se qualcuno mi informa che costui era vivo. Allora lo accetto.
Magari può essere interessante sapere qualcosa sulla morte. Ma di quello poco se ne parla in questa società materialista,
Anche la morte è diventata un oggetto. NIENTE DI SPIRITUALE, NIENTE.
Così niente concetto di morte, riflessioni sul suo senso e sul suo rapporto spirituale con noi.
La morte ridotta a "auto schiantate", a "copri dilaniati", a "lacrime di chi rimane".
La morte è anche queste cose ma non è solo queste cose. La morte è la nemesi della vita. La sua parte oppositrice e datrice di significato.
Io darei maggiore importanza alla morte e meno ai morti.
Io parlerei di morte. Ma lo farei in contesti vivi, nella vita di tutti i giorni. Parlerei e mi interrogherei sulla morte:
Cos'è? Perchè c'è? Cosa c'è dopo di lei?
Lo farei per godere meglio della vita.

Mi intristisce vedere una persona andare prontamente al funerale di un parente ma non andare in quei giorni al matrimonio di un altro parente ugualmente vicino. Perchè? Perchè ai funerali è doveroso? E salutare una coppia che si sposa no?
E' doveroso addolorarsi e non è doveroso gioire?

Perchè questa discriminazione nei confronti della vita? Io non ci sto.
Per aspera ad astra!

sabato 17 giugno 2006

Piangersi addosso

Troppe persone si piangono addosso.
Le capisco. Cioè occupo quel punto di vista. Cioè riesco a indossare quei panni (quei presupposti storici, quella cultura, quell’accenno etnico, etc.) e percepire il mondo da quella specifica condizione.
Ma non condivido quell’opinione.
Capire non significa condividere. Non significa essere d’accordo.
Piangersi addosso significa solo incolpare quelcun altro o qualcosa’altro di essere stata la causa di qualcosa nella propria vita.
Eleggere altre fattori a causa nella propria vita significa relegare se stessi al ruolo di effetto.
E se si eleggono troppe cause esterne a noi, a noi stessi non rimane che il ruolo di effetto totale: degli oggetti, delle pietre. Solo gli oggetti subiscono tutto e non fanno niente.

Piangersi addosso.
Troppe persone si piangono addosso.
Le capisco ma non condivido quel punto di vista.
Non perchè sia bravo o qualunquista o viziato o snob o chissà che…..
Con quel punto di vista le cose non migliorano.
Chi si elegge a effetto nella propria vita sta negando a se il ruolo di causa.
E solo chi si elegge come causativo può cambiare le cose.
Meditate gente, meditate e
per aspera ad astra!

venerdì 5 maggio 2006

Vendere l’anima al diavolo.

Buongiorno cari signori, sono io: il diavolo. O perlomeno un suo patetico surrogato. Anche a fare gli avversari di Dio ci vuole impegno. E non ci si può improvvisare.
Passeggiavo in questi giorni per le vie del mondo.
Guardando persone e bramando anime.
Vuoti, gusci vuoti.
Dove sono le anime?
Vedo corpi che danzano, corpi che parlano, corpi che viaggiano veloci in sedili di pelle accarezzando strumentazioni elettroniche rivestite in radica di noce.
Vedo corpi che si prostituiscono, corpi che cercano corpi.
Corpi che godono soli.
Corpi illusi di non essere soli.
Ma un corpo non è nient’altro che una solitudine solidificata con forma ominide.
Vuoti, gusci vuoti? Con cosa riempio il mio asfittico, estraniato, demagogico, pallido inferno.?
Tremo dinnanzi alla mia inutilità in un mondo di corpi. Che gusto c’è a traviare chili di carne e sangue? Ci riuscirebbe un bambino.
Voglia di abbandonare questo gioco. Certezza di non volerlo più giocare.
Tutto si basa su un punto di vista. Poichè un oggetto è NULLA senza un soggetto che lo osserva. Tutto si basa su un punto di vista. Il punto di vista siamo noi. E osserviamo. E il mondo prende vita.
E il mio nuovo punto di vista è che appendo le corne e gli zoccoli al chiodo. Basta inferno. Basta gironi infernali.
Questo è un mondo di corpi. Non c’è più spazio per me. E gli uomini sono diventati autonomi nel dannarsi.
Che senso ho in tutto questo? Sono abbastanza grandi e smaliziati per cavarsela da soli, per creare un nuovo inferno sulla terra.
Io cambio gioco. Divento un altro punto di vita.
Gusci vuoti. Gli uomini perdono il contatto con se stessi.
Guardano ma non vedono. Guardano ma non vanno oltre il proprio corpo.
E si identificano con quest’ultimo.
Corpi. Corpi in Tv, nei giornali, nei discorsi. Corpi in schivitù, corpi da costruire da capo e da mostrare all’ultima fiera della carne.
Basta. Sono stufo di ciò.
Mi innalzo al di sopra e divento ciò che in fondo sono sempre stato.
Uno spirito ribelle.
Ribelle a tutto. Anche al mio destino deciso da un Dio che forse gioca con tutti noi, divertendosi alle nostre spalle a causa del nostro affannarsi.
Ma anche quel Dio è solo un dio creato da noi.
Anche quel Dio è solo una nostra creazione mentale fatta a nostra immagine e somiglianza. Ogni uomo si dipinge il dio che merita. Come egli è, così sarà il suo dio.
Anzi, come egli è così dipinge il suo demonio.
Me.
Ma basta. Il tempo delle parole è finito.
Non vendete l’anima al diavolo.
Siate la vostra anima. E fate si che la terra non diventi veramente l’inferno di questa parte dell’universo.
Per me non c’è più posto.
Questo è il mio testamento e il mio addio.
Buona fortuna a voi. Buona fortuna a me.
E al diavolo, tutto il resto!!

martedì 7 febbraio 2006

Un pensiero per te: ciao Francesco

Ciao Francesco.
Ti ho conosciuto poco. So solo che eri bellissimo.
Bellissimo nei tuoi 7 mesi di vita.
Ora non ci sei più.
Travolto da un assurdo pomeriggio di dolore.
Eri bellissimo. E intorno a te i sogni di tuo padre e tua madre.
Due miei cari amici.
Ciao Francesco, le parole muoiono e sembrano tutte banali e vuote.
Ma ricordare è dovere. Dimenticare delitto.
Ti ricorderemo: quelli che ti hanno conosciuto e quelli che non sanno chi sei.
Per questi ultimi glielo racconto io:
Francesco, bimbo bellissimo di soli 7 mesi morto improvvisamente per motivi ancora inspiegabili in un pomeriggio freddo e asciutto di questa Sardegna.
Ciao Francesco, sempre nei nostri cuori.

sabato 28 gennaio 2006

L'uomo sogna di volare

L’uomo sogna di volare.
Toglili quello e non hai più un UOMO ma solo un’altra specie animale che vive solo per perpetuare la specie.
Ma noi non siamo qui solo per campare giusto un minuto in più dopo aver procreato e fatto crescere i cuccioli.
L’uomo sogna di volare.
E dipingere il mondo del suo colore.
E tratteggiare la natura con il suo dolore.
Fatto di domande. E di risposte sbagliate.
Io sogno di volare.
Ignorarlo è morire.
Ignorare questo non è vivere.
Ciao Negrita.
Grazie della magia che regalate.
Un debito di spiritualità mi lega a voi.
Per aspera ad astra!

venerdì 27 gennaio 2006

La spinta dinamica a sopravvivere

Spesso si tende a pensare che la forza di un individuo sia da ascrivere alla sua intelligenza.
L'intelligenza è un fattore importantissimo nella vita di chiunque.
Essere stupidi significa preparare la propria tomba ad ospitarci.
Ma l'intelligenza non è l'unico fattore da considerare. E a volte neppure il più importante.

Esiste la spinta dinamica a persistere e a concretizzare le azioni: la dinamica della vita.

Intelligenza e dinamica sono quindi le due qualità che permettono ad un uomo di sopravvivere e di migliorare le sue condizioni.
Si può essere molto intelligenti e perspicaci ma se non si riesce ad avere l'energia di portare avanti ciò che si è pensato o di realizzare le soluzioni trovate, i problemi staranno sempre lì a divorarci.
E credo con questa breve frase di aver trovato la spiegazione a migliaia di insuccessi di persone abilissime che stentano a capire dove sia l'errore nella loro vita.

Ci sono, a volte, persone non troppo intelligenti che scalano le posizioni sociali o che realizzano imprese degne di ammirazione. Esistono poi persone che nell'ombra di una grigia esistenza osservano turbate questi successi e, invano, cercano di capirne i segreti. Loro, spesso intellettuali di razza, che comprendono tanto annaspano nell'inutilità di movimenti circolari che non portano a niente.

Dinamica e intelligenza. Forza e ragione. Per quanto ridurre la dinamica a solo uso della forza sia quanto di più improprio possa esserci.
La dinamica è la voglia di sopportare le spinte avverse e gli ostacoli. E' solo una questione di decisione, di cosa si vuole affrontare e di quanto, se mi permettete il termine, ci si voglia sporcare le mani.
Questa cosa mi chiarisce molti misteri.
Per aspera ad astra!

Trovare la forza

Forza, parola densa di mille significati.
Trovare la forza: è una frase che ho sentito tante di quelle volte. Spesso mi sono chiesto cosa mai potesse significare.

Non si può prescindere dal concetto ma lo stesso appare nebuloso. Ecco come inchiodare le persone alla prigionia del cuore, alle sbarre della mente, all'assenza di libertà.

Dategli qualcosa di cui non possono fare a meno e non permettetegli di capirlo o gestirlo o scacciarlo. Invece che un regalo gli avrete fatto una camicia di forza.

Ecco, nuovamente la forza.
Forza..... Energia usata con lo scopo di ottenere un effetto.
Energia......
Parole dopo parole. E qualcuno dice che siamo padroni.
Padroni di che.....
Siamo schiavi, schiavi delle parole.
E' la nuova frontiera della schiavitù.

Il signor Orwell ci aveva avvisato. E aveva anche azzeccato gli anni, per quanto qualcuno ridacchi sull'apparente errore di datazione del suo romanzo più famoso.
1984, il romanzo che annunciava il "Grande Fratello" che, contrariamente all'opinione della gran parte delle persone, non è un programma televisivo nè un fenomeno di costume, Il "Grande Fratello" è un concetto. Il concetto che saremmo stati schiavi di una forza superiore alla nostra, senza rendercene conto, stavolta.

Perchè non c'è peggior schiavo di chi non sa di esserlo.

Siamo messi peggio degli schiavi d'Egitto, degli schiavi di Roma, degli africani deportati nei campi di cotone, delle ragazzine tailandesi costrette a prostituirsi. Loro avevano od hanno un vantaggio: SANNO DI ESSERE SCHIAVI.

Ma qual'è questa forza che ci rende schiavi?

Forza ancora una volta la forza. Che ci domini o che noi dominiamo, sempre di forza parliamo.
Forza non è violenza, è solo una sequenza: DECISIONE-CAUSA-EFFETTO.

Presuppone l'abilità di usare l'energia dell'universo fisico per ottenere degli effetti. Ma l'energia dell'universo fisico non è la sola protagonista. Anch'essa è subordinata ad un fenomeno che esula da questo universo per collocarsi nello spazio speciale che è costituito dall'universo personale di ogni essere umano.

Parlo della decisione. Parlo dell'intenzione di far succedere qualcosa. Forza non è che un modo scorretto di chiamare decisione.
La forza è la capacità di prendere una decisione.
Per decidere non ci vuole nessuna forza.
Chi pensa il contrario è incappato nella bugia più grande di tutta la sua vita.

Che significa trovare la forza nei problemi di tutti i giorni o nelle grosse difficoltà della vita?
Significa prendere una decisione. Il resto vien da sè.
Per aspera ad astra!

martedì 24 gennaio 2006

Essere o Avere?

Mi ricordo di un libro scritto da un tale Erich Fromm intitolato così: "essere o avere".
Tra i tanti titoli da dare ad un'opera, questo mi pare talmente bello che sono dispiaciuto che qualcuno lo abbia già usato.
Il dilemma fondamentale dell'uomo. E' meglio essere o è meglio avere? E per quanto la risposta appaia scontata, la realtà concreta della vita ci dimostra con i fatti che le persone pensano, perlopiù, che avere sia meglio che essere.
Il mio contributo a questo profondo ma penoso argomento è semplice e diretto.
E riguarda chi noi siamo.
Quando ero bambino, al catechismo o all'ora di religione, a tavola o dinnanzi al camino, sentivo sempre parlare di anima. E della sua esistenza. Sentivo chiedere: "Ma tu ci credi all'anima?", "Ma pensi che un'anima ce l'abbiamo" e così via. E tizio dire questo a favore della cosa e caio dire il contrario. Per ore. Tutto molto bello.

Ma poi guardando ciò che appare talmente evidente che nessuno ci fa caso, ecco saltar fuori il fattore arbitrario introdotto nell'equazione.
Ma perchè l'anima la dobbiamo AVERE?

Avere, avere, avere. Ma allora è vero che questa nostra civiltà si basa solo sull'avere. Anche l'anima, la componente meno materiale che esista diventa un possedimento.
Ma se qualcuno ha un'anima significa che egli è qualcosa di diverso dall'anima. Perchè per esserci un possesso ci deve essere una distinzione concettuale tra possessore e possesso. Diciamo una distanza, una separazione. Ma se qualcuno ha un'anima, se anche l'uomo avesse un'anima, cos'è allora l'uomo? Se io ho l'anima, chi allora sono io?
Ma chi se ne frega dell'anima se essa è nuovamente un oggetto o un possedimento.
Torniamo a parlare di noi, grazie.
Ma ecco l'arbitrario. Ecco il fattore nascosto che sballa tutti i ragionamenti.

Noi non abbiamo l'anima, NOI SIAMO LA NOSTRA ANIMA. Noi siamo noi. Io sono io.

L'anima non è un pacchetto che si ha o non si ha, e che quando moriamo va da qualche parte. L'anima siamo noi. Uno E' un'anima, non HA un'anima.
Parliamo di essere, perchè come diceva anche Fromm: è meglio essere che avere.

E non confondiamo il nostro corpo con noi stessi, per cortesia.

Nessuno confonde l'autista con il mezzo. Per quanto, spesso, con i vetri oscurati e viaggiando a forte velocità non sempre si riesce a vedere chi guida. E il sospetto che i veicoli si muovano da soli viene.
Anche riguardo a se stessi.
Per aspera ad astra!

lunedì 23 gennaio 2006

Quanto lontano?

Quanto lontano può giungere lo spazio spirituale dell'uomo?
Forse il modo giusto per procedere è quello di definire prima cosa sia l'Uomo e poi quali siano i suoi spazi. Ma alla nostra attenzione prima appaiono i fenomeni. Prima delle cose appare il loro manifestarsi.
Quanta strada abbiamo fatto dalle caverne e dalla carne cruda.
Così tanta che, forse, ce ne siamo dimenticati.
Anche l'uomo più semplice e più ritirato ha una consapevolezza che disintegra ogni solidità. Se così non fosse, perchè i giornali e le televisioni sono piene di notizie di persone così tanto lontane da noi? Forse l'umanità fa parte della nostra quotidianità?
Ma è tutto talmente evidente che parlarne sminuisce la cosa.

L'uomo è molto di più della sua corporeità. Egli è se stesso, è il suo lavoro, la sua famiglia, i suoi sogni e le sue delusioni; è i suoi debiti, i suoi successi e le sue speranze infrante; è il suo futuro, la sua conoscenza e il suo passato; è il passato della sua famiglia, l'identità della sua cultura e della sua nazione; è la sua lingua, la sua filosofia e la sua religione; è il suo percorso e il percorso dei suoi amici; è l'arte che esiste e l'arte che crea; è il suo pensiero e il pensiero degli altri; è tutte le forme di vita e la natura insieme; è le cose che vede e che tocca; è la sua associazione e il suo circolo di bocce.

Quante cose l'uomo è? Quante cose l'uomo in quanto uomo sfiora?
L'uomo un animale? Quanto può essere limitato questo concetto?
Credo quanto nessun altro.
Per aspera ad astra!

giovedì 19 gennaio 2006

L'uomo non è un animale...

Vi svelo un segreto. Il denominatore comune di questo blog è che "l'uomo non è un animale".

Questo è il concetto. Quando si ha poco spazio occorre sputare il concetto in modo poco raffinato, in modo grossolano.
Lo insegnano le leggi del marketing.
Poco tempo, poco spazio, la necessità di andare subito al bersaglio grosso.

In linea di massima non c'è un grosso problema nello 'sparare' un'affermazione grossolana che mal si presta a rendere tutte le sfumature del concetto espresso.
Il vero problema è non definire meglio il concetto in seguito.

L'uomo non è un animale nel senso che egli non può essere ridotto SOLO ad essere questo. Non può essere visto solo come una macchina vivente che funziona a carbonio e ossigeno.
L'umo non è un organismo programmato dal DNA e in cui tutto ciò che bisogna analizzare è solo una 70 di chilogrammi di materia variamente combinata e disposta.

Una pubblicità conosciuta usa un concetto intelligente (capita anche nel mondo della pubblicità di vedere qualcosa di intelligente): chiede allo spettatore se la pietà di Michelangelo siano solo una decina di tonnellate di marmo di Carrara. Solo materia?
E l'arte e il genio che vi è contenuta?
Poi chiede se uno Stradivari sia solo qualche centinaio di grammi di legno.
E così via, fino alla pasta. Esiste solo la materia? O forse uno spazio 'importante' ce l'ha anche la forma?
La forma esiste e non solo la materia.
E l'uomo non è solo materia: c'è qualcos'altro dentro di lui che vale la pena di analizzare.

Ecco perchè il concetto che 'L'uomo è un animale' è uno dei peggiori insegnamenti che possano essere fatti all'individuo e a un popolo.

Di contro, per andare subito al punto, diremo:
l'uomo non è un animale.
Per aspera ad astra!