In
queste ultime settimane ho scritto poco sul blog. Mi dispiaccio di non
aver messo un cartello "Ferie estive!" ma penso che fosse comprensibile.
Ma in queste ultime settimane la mia attenzione è spesso andata a questo strano e ansioso rapporto fra i vivi e i morti.
D'altronde la morte è la nemesi della vita. Sua antagonista e compagna. Che sarebbe la morte senza la vita? Che sarebbe la vita senza la morte? Nessuno dei 2 concetti potrebbe essere concepito. Perchè ognuno dei 2 si comprende solo se messo a confronto logico con il suo opposto.
In queste settimane ho visto la Tv fare la gara a raccontare le morti delle strade, in un crescendo mediatico la cui utilità mi è ancora sconosciuta.
In queste settimane ho partecipato a funerali di persone care e ho assistito alle alterne e differenziate emozioni dei partecipanti.
In queste settimane ho messo l'attenzione sul rapporto fra vivi e morti.
E ne ho dedotto un'osservazione.
Alla morte viene dato TROPPO spazio.
Non che possa essere ignorata, per carità. Ce ne vuole a far finta che la morte non ci sia.
Ma l'importanza che viene data alla morte, alla chiusura del gioco della vita mi sembra sproporzionato alla sua importanza.
Forse perchè il dato fondamentale della mia vita è che SIAMO QUI PER VIVERE.
Non so voi ma io ho sempre pensato così.
Magari le persone che non capiscono operano sul dato contrario: cioè siamo qui per morire! Possibile, possibile, praticamente l'unica spiegazione possibile.
Ma allora perchè vivere se uno pensa che è qui per morire? Sarebbe come andare in una casa di tolleranza per praticare l'astinenza, sarebbe come andare ad un banchetto di nozze per fare il digiuno o sarebbe come andare al mare per fare dello sci.
Perchè mi devono informare che qualcuno è morto?
Magari può anche andar bene.... Ma lo accetto solo se qualcuno mi informa che costui era vivo. Allora lo accetto.
Magari può essere interessante sapere qualcosa sulla morte. Ma di quello poco se ne parla in questa società materialista,
Anche la morte è diventata un oggetto. NIENTE DI SPIRITUALE, NIENTE.
Così niente concetto di morte, riflessioni sul suo senso e sul suo rapporto spirituale con noi.
La morte ridotta a "auto schiantate", a "copri dilaniati", a "lacrime di chi rimane".
La morte è anche queste cose ma non è solo queste cose. La morte è la nemesi della vita. La sua parte oppositrice e datrice di significato.
Io darei maggiore importanza alla morte e meno ai morti.
Io parlerei di morte. Ma lo farei in contesti vivi, nella vita di tutti i giorni. Parlerei e mi interrogherei sulla morte:
Cos'è? Perchè c'è? Cosa c'è dopo di lei?
Lo farei per godere meglio della vita.
Mi intristisce vedere una persona andare prontamente al funerale di un parente ma non andare in quei giorni al matrimonio di un altro parente ugualmente vicino. Perchè? Perchè ai funerali è doveroso? E salutare una coppia che si sposa no?
E' doveroso addolorarsi e non è doveroso gioire?
Perchè questa discriminazione nei confronti della vita? Io non ci sto.
Ma in queste ultime settimane la mia attenzione è spesso andata a questo strano e ansioso rapporto fra i vivi e i morti.
D'altronde la morte è la nemesi della vita. Sua antagonista e compagna. Che sarebbe la morte senza la vita? Che sarebbe la vita senza la morte? Nessuno dei 2 concetti potrebbe essere concepito. Perchè ognuno dei 2 si comprende solo se messo a confronto logico con il suo opposto.
In queste settimane ho visto la Tv fare la gara a raccontare le morti delle strade, in un crescendo mediatico la cui utilità mi è ancora sconosciuta.
In queste settimane ho partecipato a funerali di persone care e ho assistito alle alterne e differenziate emozioni dei partecipanti.
In queste settimane ho messo l'attenzione sul rapporto fra vivi e morti.
E ne ho dedotto un'osservazione.
Alla morte viene dato TROPPO spazio.
Non che possa essere ignorata, per carità. Ce ne vuole a far finta che la morte non ci sia.
Ma l'importanza che viene data alla morte, alla chiusura del gioco della vita mi sembra sproporzionato alla sua importanza.
Forse perchè il dato fondamentale della mia vita è che SIAMO QUI PER VIVERE.
Non so voi ma io ho sempre pensato così.
Magari le persone che non capiscono operano sul dato contrario: cioè siamo qui per morire! Possibile, possibile, praticamente l'unica spiegazione possibile.
Ma allora perchè vivere se uno pensa che è qui per morire? Sarebbe come andare in una casa di tolleranza per praticare l'astinenza, sarebbe come andare ad un banchetto di nozze per fare il digiuno o sarebbe come andare al mare per fare dello sci.
Perchè mi devono informare che qualcuno è morto?
Magari può anche andar bene.... Ma lo accetto solo se qualcuno mi informa che costui era vivo. Allora lo accetto.
Magari può essere interessante sapere qualcosa sulla morte. Ma di quello poco se ne parla in questa società materialista,
Anche la morte è diventata un oggetto. NIENTE DI SPIRITUALE, NIENTE.
Così niente concetto di morte, riflessioni sul suo senso e sul suo rapporto spirituale con noi.
La morte ridotta a "auto schiantate", a "copri dilaniati", a "lacrime di chi rimane".
La morte è anche queste cose ma non è solo queste cose. La morte è la nemesi della vita. La sua parte oppositrice e datrice di significato.
Io darei maggiore importanza alla morte e meno ai morti.
Io parlerei di morte. Ma lo farei in contesti vivi, nella vita di tutti i giorni. Parlerei e mi interrogherei sulla morte:
Cos'è? Perchè c'è? Cosa c'è dopo di lei?
Lo farei per godere meglio della vita.
Mi intristisce vedere una persona andare prontamente al funerale di un parente ma non andare in quei giorni al matrimonio di un altro parente ugualmente vicino. Perchè? Perchè ai funerali è doveroso? E salutare una coppia che si sposa no?
E' doveroso addolorarsi e non è doveroso gioire?
Perchè questa discriminazione nei confronti della vita? Io non ci sto.
Per aspera ad astra!
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