Cos'è la libertà?Qualche
anno fa sentivo dire che libertà significa assenza di regole oppure non
dover render conto a nessuno. Lo sento dire anche adesso.
Qualcosa del tipo "se puoi fare quello che vuoi sei libero!"
Non so.
Non
credo che sia esattamente così. La libertà è una sensazione ancor prima
che una condizione. Agli estremi, nei casi limite, è facile capire
quando qualcuno è schiavo o non lo è. E' evidente e oggettivo.
Ma
in tutti gli altri casi.... La libertà è una sensazione. Uno sente di
essere libero oppure non lo sente. E non parliamo di 'bianco o nero' ma
di sfumature, di percezioni che cambiano di un poco e di un altro poco.
Ma da cosa deriva questa sensazione di libertà? Da qualcosa che sentiamo
dentro.
Quindi
la libertà è un fatto interiore prima di ogni cosa. Molti degli uomini
più liberi di questo mondo hanno passato la maggior parte dei loro anni
in prigionia.
Altri sono morti.
Ma erano liberi.
Molti uomini non sono in prigione, non hanno catene ma sono schiavi.
Schiavi nell'anima.
Per asper ad astra!
Le mie idee, buttate qua e la, sparse, senza necessariamente un ordine logico.
mercoledì 25 gennaio 2006
martedì 24 gennaio 2006
Essere o Avere?
Mi ricordo di un libro scritto da un tale Erich Fromm intitolato così: "essere o avere".
Tra i tanti titoli da dare ad un'opera, questo mi pare talmente bello che sono dispiaciuto che qualcuno lo abbia già usato.
Il dilemma fondamentale dell'uomo. E' meglio essere o è meglio avere? E per quanto la risposta appaia scontata, la realtà concreta della vita ci dimostra con i fatti che le persone pensano, perlopiù, che avere sia meglio che essere.
Il mio contributo a questo profondo ma penoso argomento è semplice e diretto.
E riguarda chi noi siamo.
Quando ero bambino, al catechismo o all'ora di religione, a tavola o dinnanzi al camino, sentivo sempre parlare di anima. E della sua esistenza. Sentivo chiedere: "Ma tu ci credi all'anima?", "Ma pensi che un'anima ce l'abbiamo" e così via. E tizio dire questo a favore della cosa e caio dire il contrario. Per ore. Tutto molto bello.
Ma poi guardando ciò che appare talmente evidente che nessuno ci fa caso, ecco saltar fuori il fattore arbitrario introdotto nell'equazione.
Ma perchè l'anima la dobbiamo AVERE?
Avere, avere, avere. Ma allora è vero che questa nostra civiltà si basa solo sull'avere. Anche l'anima, la componente meno materiale che esista diventa un possedimento.
Ma se qualcuno ha un'anima significa che egli è qualcosa di diverso dall'anima. Perchè per esserci un possesso ci deve essere una distinzione concettuale tra possessore e possesso. Diciamo una distanza, una separazione. Ma se qualcuno ha un'anima, se anche l'uomo avesse un'anima, cos'è allora l'uomo? Se io ho l'anima, chi allora sono io?
Ma chi se ne frega dell'anima se essa è nuovamente un oggetto o un possedimento.
Torniamo a parlare di noi, grazie.
Ma ecco l'arbitrario. Ecco il fattore nascosto che sballa tutti i ragionamenti.
Noi non abbiamo l'anima, NOI SIAMO LA NOSTRA ANIMA. Noi siamo noi. Io sono io.
L'anima non è un pacchetto che si ha o non si ha, e che quando moriamo va da qualche parte. L'anima siamo noi. Uno E' un'anima, non HA un'anima.
Parliamo di essere, perchè come diceva anche Fromm: è meglio essere che avere.
E non confondiamo il nostro corpo con noi stessi, per cortesia.
Nessuno confonde l'autista con il mezzo. Per quanto, spesso, con i vetri oscurati e viaggiando a forte velocità non sempre si riesce a vedere chi guida. E il sospetto che i veicoli si muovano da soli viene.
Anche riguardo a se stessi.
Per aspera ad astra!
Tra i tanti titoli da dare ad un'opera, questo mi pare talmente bello che sono dispiaciuto che qualcuno lo abbia già usato.
Il dilemma fondamentale dell'uomo. E' meglio essere o è meglio avere? E per quanto la risposta appaia scontata, la realtà concreta della vita ci dimostra con i fatti che le persone pensano, perlopiù, che avere sia meglio che essere.
Il mio contributo a questo profondo ma penoso argomento è semplice e diretto.
E riguarda chi noi siamo.
Quando ero bambino, al catechismo o all'ora di religione, a tavola o dinnanzi al camino, sentivo sempre parlare di anima. E della sua esistenza. Sentivo chiedere: "Ma tu ci credi all'anima?", "Ma pensi che un'anima ce l'abbiamo" e così via. E tizio dire questo a favore della cosa e caio dire il contrario. Per ore. Tutto molto bello.
Ma poi guardando ciò che appare talmente evidente che nessuno ci fa caso, ecco saltar fuori il fattore arbitrario introdotto nell'equazione.
Ma perchè l'anima la dobbiamo AVERE?
Avere, avere, avere. Ma allora è vero che questa nostra civiltà si basa solo sull'avere. Anche l'anima, la componente meno materiale che esista diventa un possedimento.
Ma se qualcuno ha un'anima significa che egli è qualcosa di diverso dall'anima. Perchè per esserci un possesso ci deve essere una distinzione concettuale tra possessore e possesso. Diciamo una distanza, una separazione. Ma se qualcuno ha un'anima, se anche l'uomo avesse un'anima, cos'è allora l'uomo? Se io ho l'anima, chi allora sono io?
Ma chi se ne frega dell'anima se essa è nuovamente un oggetto o un possedimento.
Torniamo a parlare di noi, grazie.
Ma ecco l'arbitrario. Ecco il fattore nascosto che sballa tutti i ragionamenti.
Noi non abbiamo l'anima, NOI SIAMO LA NOSTRA ANIMA. Noi siamo noi. Io sono io.
L'anima non è un pacchetto che si ha o non si ha, e che quando moriamo va da qualche parte. L'anima siamo noi. Uno E' un'anima, non HA un'anima.
Parliamo di essere, perchè come diceva anche Fromm: è meglio essere che avere.
E non confondiamo il nostro corpo con noi stessi, per cortesia.
Nessuno confonde l'autista con il mezzo. Per quanto, spesso, con i vetri oscurati e viaggiando a forte velocità non sempre si riesce a vedere chi guida. E il sospetto che i veicoli si muovano da soli viene.
Anche riguardo a se stessi.
Per aspera ad astra!
Percorso alternativo per il mare
Saprai esattamente
com'è! Anche perché la comunicazione è fatta sostanzialmente di
trasmettere cose che già si sanno a persone che già si conoscono.
Hai mai visto qualcuno che non si conosceva che comunicava? Forse si trattava di parole messe lì, un po' arruffate, di certo sudate, malaccorte, stemperate, direi senza personalità. Chi comunica è chi si conosce. E più conosci qualcuno e più vuoi comunicare. Più ti accorgi che c'è nella persona qualcosa che non conoscevi e più diminuisce la voglia di metterti nel suo mondo, di muoverti furtivo all'interno del suo castello incantato.
Saprai, quindi, esattamente com'è! Ti parlo di cose che hai vissuto, io e te, come qualsiasi altro essere umano. Conosci gli esseri umani, abitanti del terzo pianeta di una stella di dodicesima categoria alla periferia della galassia?
Io e lei non avevamo molta voglia di parlare. Te l'ho detto, sicuramente capisci. Mai capitato di non aver voglia di parlare con l'altro?
Era venuta a casa mia dopo cena. Ogni volta immaginavo che il portone si sarebbe aperto, trascinato da quel maggiordomo che faceva l'invidia di ogni mio conoscente. Ma ogni volta, semplicemente le aprivo la porta di quell'appartamento in affitto sospeso tra il "sarei potuto essere" e il "guarda come mi sono ridotto".
Entrò nel corridoio e con il viso stanco mi rivolse un saluto.
L'accompagnai in camera mia. Ero solito fare questo.
Perché incontrarsi con una persona è cercare di schernire gli schemi, è pescare nel torbido della melma del fiume per trovare l'essere. Guardo dalla finestra della mia camera i passanti. Li vedo camminare. Camminano e accumulano sporcizia, sia nei polmoni che sullo spirito. E tutto ingrigisce e si scurisce. Tutto si macchia di fuliggine. E il cuore, da rosso si tramuta in grigio sporco. Incontrarsi è schivare i meteoriti della piccole infelicità che la moderna società ci offre a piene mani. Capisci com'è? Vedi qualcuno e cerchi di pulire il vetro del suo parabrezza, sporcato dai moscerini e le cacche della vita, per vedere gli occhi dell'autista.
Lo capisci, perché anche tu l'hai fatto, perché ti parlo di cose che conosci. Se non le conoscevi non le capivi perché solo capendo le cose le puoi conoscere e solo conoscendole le puoi capire.
Adagiò la sua borsetta vicino alla libreria da cui, come strani uccelli dell'amazzonia, spiccavano i colori delle copertine.
Mi guardò e forse avrei potuto piangere per quello sguardo.
- Come va? - chiesi in modo molto conservatore, pauroso di entrare subito nei massimi sistemi.
- Benino - rispose lei, paurosa di entrare subito nei massimi sistemi.
- Ti vedo stanca oggi. Hai studiato molto? -
- Si, è vero sono un pò stanca ma non ho studiato molto -
Pausa. Giusto per riflettere, per fare un giro di valzer con le lancette dei minuti.
- Oggi è stata una giornata veramente dura. Ho litigato con tutti. -
- Con chi hai litigato? - mi fa lei.
- Con chi? Innanzitutto con il mio direttore. Che grande testa di cazzo che è! Sì, lo so, mi dirai che sono troppo critico ma senti un po' cosa mi ha detto stamattina. Appena è arrivato…. lui come al solito non arriva mai prima delle dieci….. appena è arrivato, gli ho chiesto se mi poteva ricevere. Lui mi ha detto "Certamente!" e mi ha detto di aspettare giusto un'oretta che doveva smaltire del lavoro. Sai a che ora l'ho visto? All'una e cinque minuti, all'ora di pranzo. Ma ti pare possibile? E poi niente, è una fatica parlarci. Sfugge sempre. Fai tutto di fretta. Le risposte sono "Va bene!", "Facciamo così!" eccetera, eccetera. Sta di fatto che ti rimane la sensazione addosso di aver acciuffato un'anguilla e che in mano ti è rimasto solo l'unto e l'odore della pelle. -
- Ma su cosa avete litigato? -
- Sul fatto che voglio andar via. Strano a dirsi lui non vuole. -
- Dai, vieni qui! -
A volte il mare delle domande si agita e la tempesta delle certezze si scaglia contro il leggero vascello che vuole scoprire il nuovo mondo, la nuova rotta per le Indie, il nuovo passaggio tra la trappola di Scilla e Cariddi, il nuovo taglio di Lesseps per il mar rosso.
Diradarti e poi rabbuiarti. Svegliarti e rigirarti nel letto. Mangiare un pasta alla crema e sporcarti il labbro superiore di crema.
Mi strinse appena appena, e il bacio che mi diede valeva tutti i litigi di questo mondo.
Dopo qualche secondo mise tra il mio volto e il suo qualche centimetro di tenero amore e mi disse "Ti amo!".
Posso parlarti solo di cose che conosci. Perché si parla solo con chi si conosce e di ciò che si conosce.
Per quanto bravo io sia in materia di parole e di simboli, cosa non vera per altro, come mai potrò trasmetterti quel sottile versamento di rugiada dalle sue labbra alle mie? Come mai potrò descrivere quel piccolo sussulto che si impadronisce del corpo mentre l'amore ti abbraccia e il suo calore ti scalda?
Misuri la temperatura, controlli i battiti ma tutto è identico. Ma tutto intorno muta colore, muta aspetto, muta rumore, muta odore e paternità, e sconfinato spazio, e deliziosa voluttà di crederci.
Mi disse "Ti amo!" e io mi persi tra la A e la M. O forse tra la M e la O. Quanto credi che ciò sia importante?
La guardai dritta negli occhi e, per la verità delle verità, non sapevo cosa dire…..
lunedì 23 gennaio 2006
Heavy Metal: sempre nel cuore
Correva
l'anno 1985. A casa di un amico sentii delle note incomprensibili.
"Loving you sunday morning....." diceva.... Ma quella musica aveva
qualcosa di strano. Mai sentito niente di simile.
Fino ad allora avevo sbocconcellato San Remo, la canzoncina dance e robetta simile. Ma qui cosa c'era? La quintessenza dell'animo umano: potenza, ricercatezza, sublimità, ricerca interiore, romanticismo, sbruffoneria, sensualità, genialità, confusione, tristezza, climax......
Correva l'anno 1985 e conobbi l'heavy metal. Era una canzone dei tedeschi Scorpions, quelli che qualche anno più tardi divennero celebri al grande pubblico con "winds of change", la canzone fischiata, il lento struggente di Klaus Meine e compagni.
Da quel colpo di fulmine dell'amore della domenica mattina passammo al primo album degli scorpions "Blackout". E poi i Bonjovi, quelli non ancora conosciuti dal grande pubblico, quelli di "Living on a prayer" e "You give love a bad name".
E più ascoltavo e più capivo cosa significasse entrare dentro la musica, navigare dentro le note, immergersi nelle melodie e viaggiare nel ritmo.
Fino ad allora avevo visto la sachertorte solo da dietro il vetro. Solo una vaga idea della golosità. Adesso nuotavo dentro il cioccolato e la panna e....
Heavy metal! Qualcuno diceva che era casino. Qualcuno diceva che era cacofonia. E i ragazzi del mio paese denigravano quella musica.
Ma io avevo un intero universo da scoprire. Fatto di alti e basse, di angoli vividi e angoli bui. L'heavy metal non era compatto. C'era il glam, il trash, l'hard rock, il power, il gothic, lo street e mille altri generi.
C'erano tutte le sfaccettature dell'animo umano.
C'era il superamento dei limiti ma c'era vita. E gli attori erano veri.
C'era la ricerca dei limiti ma c'era vita.
Heavy metal. Ha forgiato il mio cuore regalando attimi e ore di immensità, di tutto e di niente.
Heavy metal, quanto di te c'è in me.
Crescendo ho conosciuto e apprezzato altri generi musicali. Ho conosciuto la musica ascoltandola e l'ho apprezzata ancor di più suonandola.
E ancora una volta le canzoni heavy metal svelavamo tutta la genialità e creatività in loro insita.
Ma quella donna chiamata heavy metal, quello sbandamento giovanile, quell'innamoramento a prima vista resta nel mio cuore.
E nel cuore di migliaia di altri ragazzi cresciutelli che ora vivono una vita lontano da quell'amore.
Questo post è dedicato a loro.
Questo post è dedicato a tutti quegli animi che hanno sognato un mondo migliore senza se e senza ma. Senza collocare i loro sogni nelle mani di un'ideologia. Sogni nudi e puri. Sogni veri come i loro cuori.
Questo post è dedicato a loro e tutti quei musicisti che non hanno chinato il capo alla piattezza delle major discografiche, che non hanno deciso di asservirsi ai gusti drogati di un pubblico istupidito dalle scelte di marketing di 2 o 3 teste d'uovo chine dietro delle scrivanie in finto noce.
Che di musica non capiscono niente.
E che nessuno venga a dirmi che la musica che giornali e tv ci passano sia la migliore, la più creativa e la più vera.
E che nessuno venga a dirmi "De gustibus non disputandum esse"-"I gusti del pubblico non si discutono". Perchè il pubblico ha gusti solo all'interno di ciò che gli viene consentito di scegliere.
La prova?
10 anni dopo quel 1985, nel mio paese di poche migliaia di anime, l'heavy metal era diventato una bibbia, il punto di riferimento da cui partire per giudicare il resto della musica. E non per merito mio. Io ho solo battuto gli altri sul tempo.
Mi capita. E per questo spesso pago. Ma ne vale la pena.
Anche nella musica......
Per aspera ad astra!
Fino ad allora avevo sbocconcellato San Remo, la canzoncina dance e robetta simile. Ma qui cosa c'era? La quintessenza dell'animo umano: potenza, ricercatezza, sublimità, ricerca interiore, romanticismo, sbruffoneria, sensualità, genialità, confusione, tristezza, climax......
Correva l'anno 1985 e conobbi l'heavy metal. Era una canzone dei tedeschi Scorpions, quelli che qualche anno più tardi divennero celebri al grande pubblico con "winds of change", la canzone fischiata, il lento struggente di Klaus Meine e compagni.
Da quel colpo di fulmine dell'amore della domenica mattina passammo al primo album degli scorpions "Blackout". E poi i Bonjovi, quelli non ancora conosciuti dal grande pubblico, quelli di "Living on a prayer" e "You give love a bad name".
E più ascoltavo e più capivo cosa significasse entrare dentro la musica, navigare dentro le note, immergersi nelle melodie e viaggiare nel ritmo.
Fino ad allora avevo visto la sachertorte solo da dietro il vetro. Solo una vaga idea della golosità. Adesso nuotavo dentro il cioccolato e la panna e....
Heavy metal! Qualcuno diceva che era casino. Qualcuno diceva che era cacofonia. E i ragazzi del mio paese denigravano quella musica.
Ma io avevo un intero universo da scoprire. Fatto di alti e basse, di angoli vividi e angoli bui. L'heavy metal non era compatto. C'era il glam, il trash, l'hard rock, il power, il gothic, lo street e mille altri generi.
C'erano tutte le sfaccettature dell'animo umano.
C'era il superamento dei limiti ma c'era vita. E gli attori erano veri.
C'era la ricerca dei limiti ma c'era vita.
Heavy metal. Ha forgiato il mio cuore regalando attimi e ore di immensità, di tutto e di niente.
Heavy metal, quanto di te c'è in me.
Crescendo ho conosciuto e apprezzato altri generi musicali. Ho conosciuto la musica ascoltandola e l'ho apprezzata ancor di più suonandola.
E ancora una volta le canzoni heavy metal svelavamo tutta la genialità e creatività in loro insita.
Ma quella donna chiamata heavy metal, quello sbandamento giovanile, quell'innamoramento a prima vista resta nel mio cuore.
E nel cuore di migliaia di altri ragazzi cresciutelli che ora vivono una vita lontano da quell'amore.
Questo post è dedicato a loro.
Questo post è dedicato a tutti quegli animi che hanno sognato un mondo migliore senza se e senza ma. Senza collocare i loro sogni nelle mani di un'ideologia. Sogni nudi e puri. Sogni veri come i loro cuori.
Questo post è dedicato a loro e tutti quei musicisti che non hanno chinato il capo alla piattezza delle major discografiche, che non hanno deciso di asservirsi ai gusti drogati di un pubblico istupidito dalle scelte di marketing di 2 o 3 teste d'uovo chine dietro delle scrivanie in finto noce.
Che di musica non capiscono niente.
E che nessuno venga a dirmi che la musica che giornali e tv ci passano sia la migliore, la più creativa e la più vera.
E che nessuno venga a dirmi "De gustibus non disputandum esse"-"I gusti del pubblico non si discutono". Perchè il pubblico ha gusti solo all'interno di ciò che gli viene consentito di scegliere.
La prova?
10 anni dopo quel 1985, nel mio paese di poche migliaia di anime, l'heavy metal era diventato una bibbia, il punto di riferimento da cui partire per giudicare il resto della musica. E non per merito mio. Io ho solo battuto gli altri sul tempo.
Mi capita. E per questo spesso pago. Ma ne vale la pena.
Anche nella musica......
Per aspera ad astra!
Quanto lontano?
Quanto lontano può giungere lo spazio spirituale dell'uomo?
Forse
il modo giusto per procedere è quello di definire prima cosa sia l'Uomo
e poi quali siano i suoi spazi. Ma alla nostra attenzione prima
appaiono i fenomeni. Prima delle cose appare il loro manifestarsi.
Quanta strada abbiamo fatto dalle caverne e dalla carne cruda.
Così tanta che, forse, ce ne siamo dimenticati.
Anche l'uomo più semplice e più ritirato ha una consapevolezza che disintegra ogni solidità. Se così non fosse, perchè i giornali e le televisioni sono piene di notizie di persone così tanto lontane da noi? Forse l'umanità fa parte della nostra quotidianità?
Ma è tutto talmente evidente che parlarne sminuisce la cosa.
L'uomo è molto di più della sua corporeità. Egli è se stesso, è il suo lavoro, la sua famiglia, i suoi sogni e le sue delusioni; è i suoi debiti, i suoi successi e le sue speranze infrante; è il suo futuro, la sua conoscenza e il suo passato; è il passato della sua famiglia, l'identità della sua cultura e della sua nazione; è la sua lingua, la sua filosofia e la sua religione; è il suo percorso e il percorso dei suoi amici; è l'arte che esiste e l'arte che crea; è il suo pensiero e il pensiero degli altri; è tutte le forme di vita e la natura insieme; è le cose che vede e che tocca; è la sua associazione e il suo circolo di bocce.
Quante cose l'uomo è? Quante cose l'uomo in quanto uomo sfiora?
L'uomo un animale? Quanto può essere limitato questo concetto?
Quanta strada abbiamo fatto dalle caverne e dalla carne cruda.
Così tanta che, forse, ce ne siamo dimenticati.
Anche l'uomo più semplice e più ritirato ha una consapevolezza che disintegra ogni solidità. Se così non fosse, perchè i giornali e le televisioni sono piene di notizie di persone così tanto lontane da noi? Forse l'umanità fa parte della nostra quotidianità?
Ma è tutto talmente evidente che parlarne sminuisce la cosa.
L'uomo è molto di più della sua corporeità. Egli è se stesso, è il suo lavoro, la sua famiglia, i suoi sogni e le sue delusioni; è i suoi debiti, i suoi successi e le sue speranze infrante; è il suo futuro, la sua conoscenza e il suo passato; è il passato della sua famiglia, l'identità della sua cultura e della sua nazione; è la sua lingua, la sua filosofia e la sua religione; è il suo percorso e il percorso dei suoi amici; è l'arte che esiste e l'arte che crea; è il suo pensiero e il pensiero degli altri; è tutte le forme di vita e la natura insieme; è le cose che vede e che tocca; è la sua associazione e il suo circolo di bocce.
Quante cose l'uomo è? Quante cose l'uomo in quanto uomo sfiora?
L'uomo un animale? Quanto può essere limitato questo concetto?
Credo quanto nessun altro.
Per aspera ad astra!
Per aspera ad astra!
giovedì 19 gennaio 2006
L'uomo non è un animale...
Vi svelo un segreto. Il denominatore comune di questo blog è che "l'uomo non è un animale".
Questo è il concetto. Quando si ha poco spazio occorre sputare il concetto in modo poco raffinato, in modo grossolano.
Lo insegnano le leggi del marketing.
Poco tempo, poco spazio, la necessità di andare subito al bersaglio grosso.
In linea di massima non c'è un grosso problema nello 'sparare' un'affermazione grossolana che mal si presta a rendere tutte le sfumature del concetto espresso.
Il vero problema è non definire meglio il concetto in seguito.
L'uomo non è un animale nel senso che egli non può essere ridotto SOLO ad essere questo. Non può essere visto solo come una macchina vivente che funziona a carbonio e ossigeno.
L'umo non è un organismo programmato dal DNA e in cui tutto ciò che bisogna analizzare è solo una 70 di chilogrammi di materia variamente combinata e disposta.
Una pubblicità conosciuta usa un concetto intelligente (capita anche nel mondo della pubblicità di vedere qualcosa di intelligente): chiede allo spettatore se la pietà di Michelangelo siano solo una decina di tonnellate di marmo di Carrara. Solo materia?
E l'arte e il genio che vi è contenuta?
Poi chiede se uno Stradivari sia solo qualche centinaio di grammi di legno.
E così via, fino alla pasta. Esiste solo la materia? O forse uno spazio 'importante' ce l'ha anche la forma?
La forma esiste e non solo la materia.
E l'uomo non è solo materia: c'è qualcos'altro dentro di lui che vale la pena di analizzare.
Ecco perchè il concetto che 'L'uomo è un animale' è uno dei peggiori insegnamenti che possano essere fatti all'individuo e a un popolo.
Di contro, per andare subito al punto, diremo:
l'uomo non è un animale.
Questo è il concetto. Quando si ha poco spazio occorre sputare il concetto in modo poco raffinato, in modo grossolano.
Lo insegnano le leggi del marketing.
Poco tempo, poco spazio, la necessità di andare subito al bersaglio grosso.
In linea di massima non c'è un grosso problema nello 'sparare' un'affermazione grossolana che mal si presta a rendere tutte le sfumature del concetto espresso.
Il vero problema è non definire meglio il concetto in seguito.
L'uomo non è un animale nel senso che egli non può essere ridotto SOLO ad essere questo. Non può essere visto solo come una macchina vivente che funziona a carbonio e ossigeno.
L'umo non è un organismo programmato dal DNA e in cui tutto ciò che bisogna analizzare è solo una 70 di chilogrammi di materia variamente combinata e disposta.
Una pubblicità conosciuta usa un concetto intelligente (capita anche nel mondo della pubblicità di vedere qualcosa di intelligente): chiede allo spettatore se la pietà di Michelangelo siano solo una decina di tonnellate di marmo di Carrara. Solo materia?
E l'arte e il genio che vi è contenuta?
Poi chiede se uno Stradivari sia solo qualche centinaio di grammi di legno.
E così via, fino alla pasta. Esiste solo la materia? O forse uno spazio 'importante' ce l'ha anche la forma?
La forma esiste e non solo la materia.
E l'uomo non è solo materia: c'è qualcos'altro dentro di lui che vale la pena di analizzare.
Ecco perchè il concetto che 'L'uomo è un animale' è uno dei peggiori insegnamenti che possano essere fatti all'individuo e a un popolo.
Di contro, per andare subito al punto, diremo:
l'uomo non è un animale.
Per aspera ad astra!
mercoledì 18 gennaio 2006
PSEUDOSCIENZA: la psichiatria (1a parte)
La psichiatria è una pseudoscienza. Un attimo...
Qualche settimana fa, pensai di scrivere un articolo sulla psichiatria.
Avevo un sacco di cose da dire... Poi la voglia sfumò! E' talmente tanto il disgusto per alcune cose che questa PSEUDO-scienza ha fatto e STA facendo, che mi dissi: "Perchè rovinarmi la giornata?"-
Ma la verità è che solo la conoscenza può dare la libertà dalle trappole.
E chi non conosce non può difendersi (vero Beppe Grillo?).
Psichiatria, viene dal greco 'psychè' (anima) e "iatria" (medicina). Nasce alla fine del XVIII secolo con lo scopo di occuparsi dei pazzi. I pazzi fino a quel momento visti solo come esseri umani col marchio dell'inferno. Non una malattia ma una maledizione. E la psichiatria nacque con l'intento di occuparsene. Non necessariamente risolvere la cosa. Anzi da tutte le ricerche svolte sul soggetto pare non saltar fuori nessuna prova che qualcuno abbia mai neanche dichiarato che quello potesse essere lo scopo della psichiatria. (Colgo l'occasione per chiedere che chi ha in mano qualcosa del genere me ne possa far avere una copia, grazie. NDA).
La psichiatria è una pseudoscienza.
Fin dai suoi inizi si è affiliata alla medicina spacciandosi per una sua branca. Ciò per godere dei vantaggi e dei privilegi che comportava essere una scienza.
Della serie "SE NON SEI QUALCUNO, TRAVESTITI E CAMMINA A FIANCO DI QUELLI A CUI VUOI RASSOMIGLIARE. GLI ALTRI, GUARDANDO, NON VEDRANNO LE DIFFERENZE!".
La psichiatria è una pseudoscienza. Il discorso è complesso è lungo. E non è mia intenzione annoiare il lettore.
Ma, giusto per esemplificare, ecco qualche motivazione della mia affermazione:
1) Fino al 1979 non c'è traccia della benchè minima scoperta scientifica ufficiale scoperta nel campo della psichiatria. Un meccanismo, una legge, una funzione, una teoria. Solo repressione e brutalità. I pazzi sono solo dei reietti da brutalizzare. Nascono i manicomi e le prime "cure" consistenti in torture, shock, violenze, sporcizia, segregazione, stupri, etc.
Nessuna disciplina scientifica si è mai macchiata di un miliardesimo di questi crimini. NESSUNA!
2) Nel 1979, la svolta di Wundt. Con un assioma perentorio introdotto senza nessuna giustificazione oggettiva, Wilhem Wundt, fisiologo tedesco, all'università di Lipsia, sentenziò in modo perentorio che "L'Uomo è un animale senz'anima. Esso è un corpo. E quindi tutte le problematiche della mente e del pensiero vanno ricercate nelle reazioni fisiologiche del corpo. La mente diventa una 'black-box'-una scatola nera. Non indagabile. E non trattabile da nessuno che non appartenga già alla casta degli stregoni psichiatrici.
Continua intanto la proliferazione di abusi e violenze ad danni dei malati mentali. E all'italiano Cerletti tocca il poco onorevole merito di aver inventato la grandiosa cura dell'elettroshock dopo una causale visita al mattatoio di Roma.
Ma intanto la psichiatria comincia a raccogliere i frutti del suo "insinuarsi" come disciplina medica nei meandri del potere. E i finanziamenti per i suoi istituti, per i suoi signori, per i tirapiedi cominciano ad arrivare.
Ma di "scoperte", di teorie scientifiche sottoposte a metodo galileiano, NIENTE DI NIENTE!
3) Sorvolando su quello che la psichiatria ha fatto in collaborazione del regime nazista, arriviamo al 1940 quando lo psichiatra britannico John Rawlings Rees, il primo presidente della WFMH (world federation of mental health - Federazione Mondiale della Salute Mentale), in un famoso congresso mondiale sottopose agli intervenuti i punti focali di un piano denominato "Strategic plane for mental health" - Mental Health, vol. 1, N° 4, October, 1940.
Ecco il concetto fondamentale: "Dobbiamo mirare a farle (alla psichiatria NDA) permeare ogni attività educativa nella nostra società.... vita pubblica, politica e industria dovrebbero tutte essere nella nostra sfera di influenza... Specialmente, dall'ultima guerra mondiale abbiamo fatto molto per infiltrarci nelle varie organizzazioni sociali attraverso il paese... Allo stesso modo abbiamo fatto un efficace attacco su un certo numero di professioni. Le due più facili sono naturalmente l'istruzione e la chiesa; le due più difficili sono la legge e la medicina. Se ci infiltriamo nelle attività professionali e sociali delle altre persone, penso che dovremmo imitare gli stati totalitari e organizzare una sorta di attività di quinta colonna!
Era la dichiarazione che il ruolo della psichiatria non era la cura della "malattia mentale", ma il controllo delle popolazioni e la manipolazione del pensiero pubblico. (per altre informazioni si veda l'articolo psichiatri e massoni)
Ma ancora nessuna vera teoria o scoperta esce dal crogiolo della psichiatria.
I giorni nostri.... Dove siamo ora? Anche perchè molti, ingenuamente, molto ingenuamente, mi dicono che questa era la psichiatria del passato ma che adesso.....
Adesso cosa? Una scienza parte da assiomi di base. I suoi ricercatori propongono teorie. Le teorie vengono vagliate. Vengono trovati modelli di previsione dei fenomeni. E quindi cure, tecniche e così via.
La psichiatria parte da assunti arbitrari, non presenta mai un rendiconto delle sue fantomatiche ricerche ma in compenso chiede sempre più soldi e infiltra i suoi burattini in ogni luogo dove il pensiero umano esiste.
Persino dove il pensiero umano non c'è: tipo le trasmissioni di Vespa e altre cose tipo "Porta a Porta".
La chimica è una scienza. La fisica è una scienza. La geologia è una scienza. La medicina è una scienza. L'astronomia è una scienza.
La psichiatria no! E' solo un paravento per un'associazione a delinquere.
Qualche settimana fa, pensai di scrivere un articolo sulla psichiatria.
Avevo un sacco di cose da dire... Poi la voglia sfumò! E' talmente tanto il disgusto per alcune cose che questa PSEUDO-scienza ha fatto e STA facendo, che mi dissi: "Perchè rovinarmi la giornata?"-
Ma la verità è che solo la conoscenza può dare la libertà dalle trappole.
E chi non conosce non può difendersi (vero Beppe Grillo?).
Psichiatria, viene dal greco 'psychè' (anima) e "iatria" (medicina). Nasce alla fine del XVIII secolo con lo scopo di occuparsi dei pazzi. I pazzi fino a quel momento visti solo come esseri umani col marchio dell'inferno. Non una malattia ma una maledizione. E la psichiatria nacque con l'intento di occuparsene. Non necessariamente risolvere la cosa. Anzi da tutte le ricerche svolte sul soggetto pare non saltar fuori nessuna prova che qualcuno abbia mai neanche dichiarato che quello potesse essere lo scopo della psichiatria. (Colgo l'occasione per chiedere che chi ha in mano qualcosa del genere me ne possa far avere una copia, grazie. NDA).
La psichiatria è una pseudoscienza.
Fin dai suoi inizi si è affiliata alla medicina spacciandosi per una sua branca. Ciò per godere dei vantaggi e dei privilegi che comportava essere una scienza.
Della serie "SE NON SEI QUALCUNO, TRAVESTITI E CAMMINA A FIANCO DI QUELLI A CUI VUOI RASSOMIGLIARE. GLI ALTRI, GUARDANDO, NON VEDRANNO LE DIFFERENZE!".
La psichiatria è una pseudoscienza. Il discorso è complesso è lungo. E non è mia intenzione annoiare il lettore.
Ma, giusto per esemplificare, ecco qualche motivazione della mia affermazione:
1) Fino al 1979 non c'è traccia della benchè minima scoperta scientifica ufficiale scoperta nel campo della psichiatria. Un meccanismo, una legge, una funzione, una teoria. Solo repressione e brutalità. I pazzi sono solo dei reietti da brutalizzare. Nascono i manicomi e le prime "cure" consistenti in torture, shock, violenze, sporcizia, segregazione, stupri, etc.
Nessuna disciplina scientifica si è mai macchiata di un miliardesimo di questi crimini. NESSUNA!
2) Nel 1979, la svolta di Wundt. Con un assioma perentorio introdotto senza nessuna giustificazione oggettiva, Wilhem Wundt, fisiologo tedesco, all'università di Lipsia, sentenziò in modo perentorio che "L'Uomo è un animale senz'anima. Esso è un corpo. E quindi tutte le problematiche della mente e del pensiero vanno ricercate nelle reazioni fisiologiche del corpo. La mente diventa una 'black-box'-una scatola nera. Non indagabile. E non trattabile da nessuno che non appartenga già alla casta degli stregoni psichiatrici.
Continua intanto la proliferazione di abusi e violenze ad danni dei malati mentali. E all'italiano Cerletti tocca il poco onorevole merito di aver inventato la grandiosa cura dell'elettroshock dopo una causale visita al mattatoio di Roma.
Ma intanto la psichiatria comincia a raccogliere i frutti del suo "insinuarsi" come disciplina medica nei meandri del potere. E i finanziamenti per i suoi istituti, per i suoi signori, per i tirapiedi cominciano ad arrivare.
Ma di "scoperte", di teorie scientifiche sottoposte a metodo galileiano, NIENTE DI NIENTE!
3) Sorvolando su quello che la psichiatria ha fatto in collaborazione del regime nazista, arriviamo al 1940 quando lo psichiatra britannico John Rawlings Rees, il primo presidente della WFMH (world federation of mental health - Federazione Mondiale della Salute Mentale), in un famoso congresso mondiale sottopose agli intervenuti i punti focali di un piano denominato "Strategic plane for mental health" - Mental Health, vol. 1, N° 4, October, 1940.
Ecco il concetto fondamentale: "Dobbiamo mirare a farle (alla psichiatria NDA) permeare ogni attività educativa nella nostra società.... vita pubblica, politica e industria dovrebbero tutte essere nella nostra sfera di influenza... Specialmente, dall'ultima guerra mondiale abbiamo fatto molto per infiltrarci nelle varie organizzazioni sociali attraverso il paese... Allo stesso modo abbiamo fatto un efficace attacco su un certo numero di professioni. Le due più facili sono naturalmente l'istruzione e la chiesa; le due più difficili sono la legge e la medicina. Se ci infiltriamo nelle attività professionali e sociali delle altre persone, penso che dovremmo imitare gli stati totalitari e organizzare una sorta di attività di quinta colonna!
Era la dichiarazione che il ruolo della psichiatria non era la cura della "malattia mentale", ma il controllo delle popolazioni e la manipolazione del pensiero pubblico. (per altre informazioni si veda l'articolo psichiatri e massoni)
Ma ancora nessuna vera teoria o scoperta esce dal crogiolo della psichiatria.
I giorni nostri.... Dove siamo ora? Anche perchè molti, ingenuamente, molto ingenuamente, mi dicono che questa era la psichiatria del passato ma che adesso.....
Adesso cosa? Una scienza parte da assiomi di base. I suoi ricercatori propongono teorie. Le teorie vengono vagliate. Vengono trovati modelli di previsione dei fenomeni. E quindi cure, tecniche e così via.
La psichiatria parte da assunti arbitrari, non presenta mai un rendiconto delle sue fantomatiche ricerche ma in compenso chiede sempre più soldi e infiltra i suoi burattini in ogni luogo dove il pensiero umano esiste.
Persino dove il pensiero umano non c'è: tipo le trasmissioni di Vespa e altre cose tipo "Porta a Porta".
La chimica è una scienza. La fisica è una scienza. La geologia è una scienza. La medicina è una scienza. L'astronomia è una scienza.
La psichiatria no! E' solo un paravento per un'associazione a delinquere.
Per aspera ad astra!
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