sabato 22 febbraio 2020

Cosa penso dei social network?

La cosa più strana che mi riguarda è il fatto che, non infrequentemente, mi ritrovi a essere coinvolto in qualcosa, mi ritrovi a essere esperto o informato su qualcosa ma allo stesso tempo essere in disaccordo con quella cosa.

Sembra strano ma si può essere in disaccordo con qualcosa pur essendone esperti, pur usandola e pur essendone uno dei primi utilizzatori.

Questo fatto è ciò che esattamente mi succede con i social network.
Ho cominciato ad usare i social network molto tempo prima che essi diventassero un MUST per le persone, che acquisissero questa influenza dominante e pervasiva che ora anno.
Non voglio dire stupidate ma mi pare che la mia prima iscrizione al re dei social sia di fine 2008, quindi ben 12 anni fa.

E prima di quello già partecipavo ai forum e già scrivevo su piattaforme di blog (gli antenati dei social).

Il mondo social non mi è estraneo. 
L'ho usato per relazionarmi, per conoscere persone e per divertirmi.
L'ho usato molto per lavoro e ho usato le mie conoscenze dei social in campo aziendale per me e per altri imprenditori curando la loro promozione in questo senso.

Attualmente ho un profilo Facebook, un profilo Instagram, un profilo Twitter e un profilo Linkedin.
Oltre a questi gestisco varie pagine e vari altri account di tipo aziendale o culturale, anche su altri social come Youtube o Vimeo.
In passato ero attivo anche su altri social, che adesso non uso più come Pinterest o Google+ o Xing o Viadeo.

Ma quindi penso bene dei social network, visto che li uso da tempo?
Una risposta in senso affermativo o negativo del fenomeno sarebbe superficiale e irresponsabile.
Ma se proprio venissi costretto a scegliere fra un si, ne penso bene e un no, ne penso male, al momento direi no, ne penso male.

Facciamo però un passo indietro.
Cosa sono i social network? Essi sono solo un modo per collegarsi ad altre persone. In realtà una discoteca o una piazza di paese non sono nient'altro che un social network.


In questo senso ho sempre ritenuto i social network basati su internet tramite i computer un fenomeno positivo.
Ed è per questo che ho sempre fruito di questi strumenti.


Ritengo che tutto ciò che possa mettere più facilmente in relazione le persone sia una cosa positiva.
Ne discende conoscenza, creatività, crescita e anche fratellanza e amore.

Ma....

Ciò che ho imparato in questa rivoluzione culturale totale che è stata l'avvento di internet prima e degli smartphone dopo (che altro non hanno fatto che ampliare a dismisura la penetrazione di internet nella nostra vita quotidiana) è che uno strumento rimane sempre uno strumento.

Non è Dio, non è necessariamente una soluzione, non è necessariamente una cosa buona.


Uno strumento è una potenzialità.
Sta a chi lo usa deciderne gli usi e gli effetti.

Internet prima e i social network sono una grande potenzialità. Probabilmente la più grande dopo la scoperta dell'energia elettrica.
Ma questo sono e questo rimangono: strumenti - potenzialità.
Possono essere una soluzione, possono essere una cosa buona. Ma non è detto che lo siano.

Quello che ho imparato è che la capacità di chi li sua di comprenderli e saperli gestire è più importante delle loro potenzialità intrinseche.


Ma i social sono arrivati ed esplosi in un attimo.


E le persone non erano preparate per questo. Non erano culturalmente e umanamente mature.
E i social non hanno fatto altro che amplificare le insicurezze e le debolezze di una società fragile e decadente, che in realtà si sta dirigendo (secondo me) verso la propria autodistruzione.

Concetto terribile, apparentemente catastrofico ma inesorabile se analizzato nella semplicità dei suoi fondamenti.

Penso che i social network siano un'occasione persa.
Le persone li usano per rimorchiare e per cazzeggiare. E ci sta. Anche piazze e discoteche sono stati usati per questo.

Il problema è che troppi prendono seriamente l'uso dei social network pur se il loro approccio è da "rimorchio" o da "cazzeggio".

La mancanza di educazione comunicativa dell'uomo (donna) medio del 2020 in questa società post-industriale che abbandona i dati stabili di una cultura secolare per lasciarsi andare all'anarchia di valori collettivi per una adesione non ragionata a scale di valori individuali è la causa del pessimo uso dei social.



Non vedo persone che usano questi strumenti per comunicare idee ed emozioni che siano costruttive.
Ma spesso l'uso dei social è fatto per parlare del niente spacciandolo per qualcosa. Passi la foto del gattino che mangia nel cortile (niente da appuntare). Ma se tutto l'uso che si può fare di un social sono
1. Frasi fatte, trite e ritrite che niente hanno a che fare con la vita concreta di chi la posta.

2. Foto di vita quotidiana inutili come uno scolapasta per raccogliere la pioggia.
3. Post ostili, critici e di lamentela.
4. Spazio a fake news, a notizie di altri giornali, siti, tv etc.....
è veramente triste.
E' come vedere qualcuno che ha una Ferrari e la usa per piantarci dentro i cactus e altre piante grasse riempendole di terra.


Cosa penso dei social network? Che siano ancora una occasione per conoscere.
Che siano un bellissimo modo per dare democraticamente a tutti la possibilità di esprimersi.
Ma se invece che aumentare la possibilità di comunicare, questi social danno solo la possibilità di veicolare odio, risentimento, astio, disaccordi, inutilità, superficialità, menzogne e altri aspetti di bassa lega....
Non so se il gioco di tenerli aperti valga la candela.


Cosa fare? Chiuderli?
I social vivono di vita propria. Non è più possibile d'imperio chiuderli.

E chiudere i social può solo farci dimenticare che non sono loro il problema ma chi li usa.
Ma verità è che ognuno dovrebbe essere più responsabile nell'usarli e forse una restrizione all'entrata dell'uso dei social non sarebbe una cattiva idea. Irrealizzabile ora come ora ma concettualmente il punto.
Probabilmente si potrebbe creare un nuovo social (e secondo me così avverrà), un nuovo modo di fare social in cui escludere questo modo di approcciarsi.


Cosa penso dei social network? Tutto il bene e tutto il male possibile.
Però rappresentato l'uomo come è oggi.

Con le sue potenzialità (sempre) e le sue miserie (purtroppo).


Per Aspera ad Astra.

domenica 5 gennaio 2020

Cosa vorrei fare da grande 2

Ultimo post di questo blog?
"Cosa vorrei fare da grande"... scritto praticamente un anno fa.
Grande produzione nel mentre.

Risata sarcastica.

Ho vissuto?
Certo che si. Certo che si.


Ho fatto un milione di cose. Ma non ho scritto.
Cosa vorrei fare da grande?
Scrivere.

Pubblicare.
Dire.

Meno social e più scrittura. Meno spettatorismo e più creazione.

Questo è ciò che vorrei fare da grande ora.
Per aspera ad astra!

martedì 8 gennaio 2019

Cosa vorrei fare da grande?

Questa domanda accompagna i pensieri di moltissimi bambini e moltissimi ragazzi.
Lo ha fatto anche con me per moltissimo tempo.
Possibile possa farlo anche quando un ragazzo diventa un adulto?

Può un adulto chiedersi cosa mai potrebbe fare da grande?
Non un adulto di 21 anni. Un adulto di, che so, 46 anni?

Si.
Può.
Deve.

Perchè il concetto di futuro che ha questa decadente società morente è assolutamente ridicolo. Da ridere. E basta.
E' un concetto totalmente sballato.

Come se un ingegnere dovessere usare la bilancia di cucina per decidere la portata dei piloni che sorreggeranno un grande viadotto su qualche vallata alpina....
Ridicolo.

A 46 anni si è adulti. Si ma anche no. Adulti di che? Certamente adulti nel corpo.
E se si pensa che si è solo e unicamente un corpo si è a cavallo.
Ma ciò non è vero.
Un uomo non è il suo corpo. Non è solo quello.
E' un simbolo di mille cose ma il futuro di qualsiasi essere trascende la durata fisica del suo fragile corpo. Che a 40 anni comincia ad invecchiare, a fornire prestazioni meno efficienti ed essere decisamente meno energetico.

A 46 anni si comincia appena appena a capire l'importanza relativa delle cose, si incominincia appena appena a conoscere le proprie reali possibilità e talenti.
A 46 anni si comincia appena appena ad avere una qualche chiara idea di cosa si vorrebbe fare.

Cosa voglio fare io da grande?

Vorrei scendere dalla ruota del criceto.
Vorrei sentire che la porta della camera della mia vita non è chiusa a chiave. E che, se voglio, posso uscire. Andare ovunque e in nessun posto.

Cosa voglio fare io da grande? Lo so. Lo so da circa un mese e mezzo. Voglio essere felice.
Che altro non significa che vorrei essere impegnato in attività di valore.

Valore per chi? Chi decide cosa siano delle attività di valore? Lo so. Lo decido io.
Così come ognuno sa se ciò che fa è di valore o meno.
Se non sei felice, stai facendo attività che per qualcun altro sono di valore.

Cosa voglio fare io da grande?
Vorrei diventare quella persona che volevo essere quando ero bambino.
Alla fine non mi sono smosso di un centimetro da li.
Niente ruota del criceto, niente conformismi e piccoli-borghesismi.

Da bambino volevo fare qualcosa che fosse GRANDE e fosse utile per gli altri.
Quando ero bambino volevo capire.
Volevo conoscere i segreti della mente e dell'universo.

E mai come ora ci posso arrivare.
Quindi penso sia giunto il momento di diventare quel "grande" che volevo diventare quando ero bambino.
Si può fare.
Per aspera ad astra!

giovedì 13 dicembre 2018

Invecchiare come il vino....

Sto invecchiando.
Si, lo so... non siate tristi. E' vero che il tempo passa. Per me come per tutti.
I giovani diventano adulti, gli adulti vecchi e i vecchi muoiono.

E' la grande giostra della vita.
Cosa fanno i vecchi che muoiono è un argomento interessante che magari potrà essere affrontato in un altro post...

Rimane il fatto che mi ricordo come se fosse ieri quando mi sentivo troppo giovane per vivere, per essere preso sul serio, per raggiungere qualcosa, per essere pronto per fare qualcosa di grande.

Adesso, a pochi anni dal mezzo secolo, posso forse ancora dire di essere troppo giovane per qualcosa? O che debbo essere più maturo per fare qualcosa?
Assurdo, completamente assurdo.

Sto invecchiando, ma la cosa non mi tocca particolarmente.
Non amo il tempo perso ma mi sento come il buon vino. Che invecchiando migliora. Sotto tutti i punti di vista.

Se poi dovessi buttare giù un pò di pancetta, sarebbe proprio perfetto.
Per aspera ad astra!

venerdì 30 novembre 2018

Il blog è morto: viva il blog!

E' moltissimo tempo che non scrivo su un mio blog. 
In modo totale da almeno 2 anni, ma in modo non continuo da moltissimo tempo.

Non è più tempo per i blog. La realtà è che il blog, la comunicazione 2.0 che è nata sul web negli anni 2000 è completamente morta.
Il blog è morto. Non esiste più.
 
Quindi W il blog.

Cosa è successo? Semplice: sono arrivati i social network. Facebook in primo luogo, poi Twitter. E poi Instagram, Snapchat ma anche Whatsapp e Telegram.... Solo per citare i fenomeni più importanti e diffusi.
Tralasciando le piattaforme meno riuscite o quelle che hanno anche gettato la spugna.

Quando il mondo del blog comparve, fu per me (e per molti altri) amore a prima vista.
Vi era la possibilità per tutti (la democrazia della comunicazione elevata alla massima potenza!) di poter avere un proprio spazio libero dove poter portar avanti un argomento o un personale punto di vista.
Uno spazio in cui la persona potesse esprimersi, dar libero spazio alla sua creatività personale.
Con maggiore o minore successo stilistico, grazia, correttezza grammaticale e coerenza filosofica.


Il blog era (è) l'elogio della libertà di comunicazione. Ma con un minimo di regole. Un minimo di apporto creativo, un minimo di preparazione.
Giusto un minimo. Just a little bit. Giusto un poco.
Ma quel poco era il fondamento prima della perdizione.

Umberto Eco, in un convegno disse:
"
I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità"

Per quanto in quello stesso convegno, Eco descrisse anche le potenzialità positive dei social network (link al video integrale con le sue dichiarazioni https://www.youtube.com/watch?v=u10XGPuO3C4), non vi è dubbio che la sua posizione sia estremamente tagliente e dura.

Qualche tempo fa non condividevo al 100% questa posizione. Ora, per quanto pensi che il problema non sia il social network in se e per quanto continui a vedere, come Eco, le potenzialità positive dello strumento, mi sono traslato su un accordo quasi totale su questa posizione.

Ecco perchè il blog è morto! E' stato ucciso dai social network.

Perchè almeno.... un tempo.... per scrivere un articolo su un blog... dovevi per forza metterti li, tranquillo, in un posto, una scrivania con un computer a scrivere qualcosa.
Dovevi costruire un messaggio, architettare le frasi, imbastire un discorso e rendere il tuo post qualcosa di dignitoso. Anche quando fosse stato un semplice esprimere un proprio stato d'animo vi era l'aspetto della riflessione.
Il tendere la corda dell'arco e entrare in tensione mirando l'obiettivo prima di scoccare la freccia. Capite?

I social network hanno distrutto tutto ciò. Hanno distrutto il momento di raccoglimento, hanno distrutto il senso unico e unitario del blog.
Adesso sei sempre dentro un flusso inarrestabile di notizie, foto, video, film e (ma guarda un pò!) pubblicità. Di ogni sorta. Utile e inutile.
Sei sempre nel wall, nel muro, nella bacheca. Tu e qualche altro di centinaia o migliaia di persone.
Nel social non c'è un disegno unitario di espressione.
Tu hai un "tic" e allora posti. Può essere un pensiero dell'istante, una foto, un momento privato e così via. Niente di particolarmente sbagliato ma è tutto un pasticcio.

Confuso, confusionario, senza capo nè coda, senza un inizio nè un termine. In un flusso caotico di news, fake news, condivisioni e faccine.


Ecco. Condivisioni!! I social sono diventati il regno della condivisione.
Non ci sono più persone che scrivono o descrivono. Ci sono persone che condividono.

E tutto diventa il regno della citazione, del dire qualcosa con le parole di un altro.
Chi scrive sui social è diventato colui che informa il prossimo con la ritrasmissione di un altro messaggio.
Non ci sono autori sui social network. Solo antenne e ripetitori di segnale.
Condivido quindi esisto.

Ecco perchè il blog è morto.
Perchè il social è più veloce, lo usi mentre caghi, mentre sei alla fila delle poste, mentre sei in palestra o al mare.... Puoi dire il tuo "niente" spesso e volentieri.
Non perchè qualunque cosa detta da qualunque essere umano non sia importante di per se... LO E'.
E' lo strumento che butta tutto in un unico pentolone e minimizza e ridicolizza tutto.
Un piatto di cucina "povera" ha la sua dignità. Perlomeno dei suoi estimotori.
Ma se in un enorme pentolone buttiamo dentro fonduta, pasta al pesto, aragosta, carciofi sott'olio, tiramisù, lasagne, polpette di tonno, kebab, moscardini e salse a profusione che ne salta fuori? Un super alimento?

Il blog è morto. Viva il blog. Perchè ora che quasi tutti sono scappati da questo modo di comunicare, esso può essere gestito da chi ancora lo ama.
Da chi pensa che la velocità non sia sempre un buon compagno di viaggio e che non tutto deve essere immolato all'altare della fretta, della superficialità, della "condivisione" che si attua premendo un tasto.

Che ci inganna dicendoci che siamo più vivi.
Ma che ci sta seppellendo nella mediocrità di questa società che sembra si innalzi verso mete più elevate ma che, invece, ci sta trascinando nell'abbandonare tutti quei valori e dati stabili che facevano di noi persone migliori di quello che siamo oggi.

Torno a scrivere sul blog.
Perchè non fuggirò dai social network.
Non fuggo da niente.
Però torno a dare importanza a ciò che è più importante.
E la creazione è più importante della condivisione.
Per aspera ad astra!


venerdì 15 luglio 2016

Il dramma di Nizza: dove sta andando a finire la nostra società?

Come al solito, dopo l'evento mostruoso di ieri sera, i bar, le tavole e i social si riempiono di stupore, di indignazione e di comprensibile dolore.
La sensazione di essere spauriti e impotenti di fronte a tutta questa follia e irrazionalità è incredibile.

Ma se, per una volta, ci si distanzia dall'evento in se e per se si vedrà quale è il vero nemico.

Quale è il nemico?
Il nemico fondamentale dell'uomo del XXI secolo è la mancanza della conoscenza dei misteri del funzionamento della sua mente.

Siamo in totale balia dell'ignoranza sui meccanismi che guidano le scelte delle persone e dei popoli.
Qualcuno chiede quale possa essere la soluzione a tutto questo orrore.
La soluzione per non dover vivere continuamente prigionieri della follia di un singolo individuo malvagio o di un gruppo malvagio (armato e finanziario chissà da chi........)
Io penso che la soluzione sia l'aumento della consapevolezza delle persone su quello che sta succedendo e sulle reali cause di tutto ciò.
L'errore è cadere in una spirale di odio e paura.
Un esercito che si fa prendere dalla paura viene devastato dal nemico.
Il nemico però non sono altre persone o altre ideologie.
Il nemico è la mancanza di responsabilità di ogni essere umano per ogni cosa che accade in ogni parte del mondo.

Non è più solo un problema di sicurezza personale o di sicurezza nazionale.
Qualunque cronista o membro di un governo che parli di sicurezza nazionale ci sta conducendo verso il baratro.

Ci porterà un millimetro più vicino ad una società armata in cui la libertà (di espressione, di pensiero, di religione, etc...) sarà stata messa al bando sacrificata in nome di una "presunta" sicurezza personale e sociale.
E se anche (ma non ci riuscirà mai nessuno) si riuscisse a creare questo inferno di società, in cui nessuno muore per colpa di un pazzo................ se anche avvenisse............. sarà un vantaggio e un privilegio vivere in una società così?

No, non è una questione di aumentare i controlli, l'intelligence, le forze armate, le intercettazioni e via dicendo.
La soluzione è un cambio a 180° di come vediamo il mondo oggi. A partire da noi stessi.

Se da qualche parte qualcuno soffre e noi ce ne freghiamo, prima o poi (anche a distanza di decenni) quel menefreghismo permetterà a quella situazione di dolore di andare a sfogarsi altrove. Magari sui nostri nipoti....

Chi sbaglia deve pagare..... OVVIO! Nessuna giustificazione per persone che non meritano di essere chiamati esseri umani.
Ma se la società in cui viviamo è così, ognuno si chieda cosa non è stato fatto che invece si doveva fare. Forse non da noi.... Forse da qualcuno che ci doveva rappresentare e governare per nostro conto. Ma noi abbiamo scelto le persone giuste? Abbiamo vigilato? Abbiamo fatto le giuste pressioni?
O siamo stati in silenzio in un angolo a guardare la tv e chiedere il posto fisso in cambio della nostra irresponsabilità?

Avevo detto 15 anni fa che queste cose sarebbero successe e io non sono che un uomo della strada.....
Come faceva chi ci governa a non prevederlo?

Facciamo una scommessa? Volete che vi dica cosa ci aspetta? Io non ho la palla di vetro. Non leggo Nostradamus. Nè sono più intelligente di te che leggi.
Forse ho solo un pò più di coraggio nel guardare la scena. Nel vedere come ci si è arrivati e dove ci porterà.

Un abbraccio.
Antonello

martedì 12 luglio 2016

Animus Pugnandi

Animus Pugnandi. Che è?
Lo spirito di battersi.
Spesso si usa la parola “combattere”. Combattere significa “battersi contro qualcuno o qualcosa”: da cum+battere. Combattere è diventata una brutta parola. Spesso è associata alla guerra o alla violenza.
Il tutto è una semplificazione della parola. Anzi no. Solo una visione superficiale della cosa. Una visione ristretta e leggermente arida.

Animus Pugnandi.
Lo spirito di battersi!
Battersi? Che è battersi?
Solo vivere.

Vivere è la spinta a perpetuarsi in esistenza, migliorando le nostre condizioni e raggiungendo le nostre mete.
Non è battersi questo? Vivere è tenere per qualcosa, metteci dentro impegno, abilità, ricevere colpi e rovesciamenti di sorte, vincere le battaglie.

Gli sportivi non combattono. Si battono.
Hanno un certo onore. Hanno le loro regole.
Per questo lo sport è amato dagli uomini.
Lo sport è la simulazione della vita.

Ma ora è diventato anche quello che la vita dovrebbe essere ma che, con tutti i dati falsi che ci hanno infilato, ormai non è più.
Così la parola d’ordine diventa “politicamente corretto”. Tutto deve essere politicamente corretto.
Giusto!

Ma a volte non comprendo veramente cosa si intenda con questa parola. E quindi diffido. Perchè troppe cose diverse vengono qui dentro incluse. E molte di esse non mi piacciono.
Soprattutto quando il politicamente corretto toglie “l’animus pugnandi” dalla scena. E lo mette in ridicolo.
Lo spirito di battersi è lo spirito di vivere.

La vita è fatta di dedizione, di sacrificio, di impegno, di abilità e di battaglie. Vinte e perse.
Non è detto che la violenza fisica vi sia inclusa. Ma non dobbiamo fare i verginelli e pensare che nessuno mai da nessuna parte userà anche le “maniere forti”.
E’ proprio per questo che ci vuole “lo spirito di battersi”!
Perchè solo i malvagi devono battersi con lo spirito di vincere?

Forse i buoni non possono o non devono vivere? E vincere?
Lo faranno con le loro armi. Con l’onore, la tolleranza, il rispetto, l’integrità, il coraggio e l’onestà. Ma nessuna di queste parole nega il fatto che occorra essere pronti a battersi, a difendere ciò in cui crediamo e a impegnarsi per le nostre mete.
Ci si può battere con onore, tolleranza, rispetto, integrità, coraggio e onestà.
Lo si dovrebbe fare se si è i buoni.
Ma buoni non è sinonimo di fessi o codardi. Nel dizionario non ho mai visto questi sinonimi.
Buoni non significa essere titubanti nel battersi. Significa solo schierarsi con una certa parte del campo di battaglia.
E cose con cui battersi ce ne sono.
Ci sono i nostri cari, c’è la nostra integrità minacciata da vermi striscianti e da bugie troppo grandi e squallide per essere tollerate.
C’è la sopravvivenza del pianeta, l’infinità dell’universo, la bellezza della diversità, il sorriso di un bambino quando scarta un regalo.
Voglio che l’animus pugnandi diventi l’acqua in cui le persone si bagnano ogni giorno.

Io mi impegnerò per dare l’onore delle armi a questa tenzone chiamata vita.
Con il giusto spirito.
Non quello di un soldato. Non quello di un guerrillero. Non quello di un terrorista. Non quello di uno psichiatra. Non quello di un malvagio. Non quello di un criminale.
Ma quello di un cavaliere, di colui che si batte se c’è da battersi e che lo fa per una giusta causa.
Rispolveriamo questa figura messa nei cassetti.
Facciamolo.

UN ABBRACCIO.
Antonello